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Manganello, olio di ricino e confino… Anzi, randellate, idranti, “vaccino” ed esclusione sociale

A quasi cento anni esatti dall’inizio della dittatura fascista, per parecchi aspetti sembra esserci ripiombati di nuovo, con un altro uomo solo al comando. E a prendere le botte sono sempre i poveracci. Anche col ritorno della legge Fornero

Rino Tripodi by Rino Tripodi
1 Novembre 2021
in ATTACCO FRONTALE, DALL'ITALIA, TEMATICHE CIVILI
1
Manganello, olio di ricino e confino… Anzi, randellate, idranti, “vaccino” ed esclusione sociale
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A quasi cento anni esatti dall’inizio della dittatura fascista, per parecchi aspetti sembra esserci ripiombati di nuovo, con un altro uomo solo al comando. E a prendere le botte sono sempre i poveracci. Anche col ritorno della legge Fornero

«O tu santo Manganello / tu patrono saggio e austero / più che bomba e che coltello / coi nemici sei severo / di nodosa quercia figlio / ver miracolo opri ognor / se nell’ora del periglio / batti i vili e gl’impostor / Manganello, Manganello / che rischiari ogni cervello / sempre tu sarai sol quello / che il fascista adorerà» (Asvero Gravelli, in 50 Stornelli per giovani fascisti con aggiunte e canti di camicie nere).

Questi orrendi versi composti nel 1921 da un giornalista organico al fascismo furono in seguito addirittura collocati anche sul retro del santino della Madonna del manganello (sic!), statua clericofascista davvero esistita in Calabria, presso l’attuale Lamezia Terme… La violenza squadrista dei fascisti all’assalto dello Stato è ben simboleggiata dal bastone e dall’olio di ricino, fatto trangugiare agli antifascisti per umiliarli. Raggiunto il pieno potere, lo strumento più tipico della repressione degli oppositori della dittatura fu il confino. Oltre, ovviamente, alla propaganda massmediologica, alla mobilitazione delle masse, all’alleanza con la Chiesa cattolica… Roba del passato, no? No. Purtroppo i meccanismi del potere e della gestione del consenso sulle masse sono sempre gli stessi e si basano su paura, violenza, repressione, controllo dell’informazione, persuasione. Moltissime, infatti, e impressionanti sono le analogie tra il Primo dopoguerra e la Prima postpandemia (c’è chi afferma che ve ne saranno altre…). Nel 1918-22 il pericolo sbandierato era quello socialista, comunista, proletario, operaio, della rivoluzione bolscevica, scoppiata in Russia nel 1917. Oggi la minaccia è la polmonite da virus, la miseria economica e… il neofascismo (vedi Autoritarismo pandemico). Sia l’attuale periodo che quello post Grande Guerra sono caratterizzati dalla crisi economica, dalla diffusa disoccupazione, dal capitalismo che vuole riprendere a fare profitti più di prima.

I ceti benestanti gioiscono per l’innalzamento dello stupido Pil (previsto nell’Italia del 2021 intorno al +6%), e poco importa che il suo aumento non coincida con un progresso dell’occupazione lavorativa e del benessere. Come nel Biennio nero 1921-22, oggi magistratura, forze dell’ordine, industriali, Chiesa/Vaticano (ora bergogliano), apparati dello Stato, media, opinione pubblica spaventata, sono schierati con l’autoritarismo e con l’uomo forte. Con un’aggravante: sono ancor meno i quotidiani e i media non allineati. E se al fascismo occorse qualche anno per diventare regime (peraltro temperato da monarchia e Vaticano, tant’è vero che il 25 luglio 1943 Mussolini fu destituito), l’attuale potere ha impiegato pochi mesi per divenirlo: dalla nomina del Governo Draghi (13 febbraio 2021). Guarda caso, anche questo un esecutivo di salvezza nazionale, al cui interno si spazia dall’estrema sinistra immigrazionista alla destra della Lega, così come il primo Governo Mussolini del 1922 ebbe una larga maggioranza destra-centro-sinistra della quale i fascisti erano solo una parte. Ma altre analogie sono sconvolgenti.

L’attuale governo non è stato designato dal popolo attraverso i parlamentari votati, ma scaturisce da un compromesso tra gli eletti nelle precedenti politiche del 2018. Deputati che certamente non avevano ricevuto il mandato di votare l’attuale tipologia di governo, e coi partiti che, nel frattempo, avrebbero consensi ben diversi. Dal 1° marzo 2021 a capo della campagna sierologica è stato posto un militare, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Niente di scandaloso, ma sembra che occorra il pugno di ferro e/o ci troviamo in stato di guerra. Il green pass è una forma di ricatto, discriminatoria, che non si riscontra negli altri paesi democratici. Chi non ce l’ha, in quanto sceglie, secondo libertà e legge (vedi Alberto Cisterna, Vaccino e eutanasia, il mio corpo è mio: fermiamoci a riflettere), di non piegarsi alle due, tre e più dosi di siringone, piomba nell’esclusione sociale. Più o meno alla stregua dei non fascisti e degli antifascisti senza tessera del partito nazionale fascista e, dopo le orrende leggi razziali del 1938, degli ebrei italiani. Si dirà che si è appena votato, quindi viviamo in un regime democratico. Ma è ancora democrazia se chi si reca alle urne è appena il 40-45% degli aventi diritto e, pertanto, gli eletti vengono nominati con appena il 20-25% dei votanti? Con un termine cacofonico, qualcuno l’ha definita “democratura”, una dittatura dal volto ipocritamente buonista. E, ancora, come definire un presunto stato sociale che nega il diritto al lavoro e alle pensioni (ritorno alla legge Fornero)?

Ma l’aspetto più preoccupante dell’attuale regime è la repressione delle manifestazioni e la violenza gratuita e brutale verso pacifici dimostranti. Da mesi centinaia di migliaia di persone contestano le misure governative in tutte le piazze d’Italia, senza che se ne trovi cenno sui mass media, e tanto meno si informi sulle motivazioni di tali proteste. Spesso esse vengono represse con inutile durezza dalle forze dell’ordine. Gli esempi più eclatanti e brutali sono i più recenti e c’è da temere che essi costringeranno a rinunciare a ogni dissenso di massa. Sabato 9 ottobre a Roma sono state picchiate persino donne pacifiche, mentre ai neofascisti di Forza nuova, infiltratisi nella manifestazione contro il Green pass, è stato consentito con un «percorso dinamico» concordato di raggiungere la sede della Cgil per un “incontro coi rappresentanti del sindacato”! Come scortare un cacciatore a contemplare da vicino la bellezza di uccellini e leprotti! E che dire dell’ineffabile «forza ondulatoria» (parole usate dalla ministra degli Interni Luciana Lamorgese)?

Ancora più grave, lunedì 18 ottobre, la brutale repressione con idranti e manganelli dei portuali di Trieste, che neppure impedivano il libero ingresso dei lavoratori nel porto (Al porto di Trieste il “governo dei migliori” mostra il suo volto). E se si chiede ai poliziotti di giustificare il loro comportamento, la risposta è la stessa di quella fornita dai carnefici di Hitler: “Obbediamo soltanto agli ordini”. E terrificante è stato l’annullamento della manifestazione della città giuliana prevista per il 22 ottobre per il rischio di infiltrazioni da parte di presunti gruppi violenti di estrema destra ed estrema sinistra: insomma, una democrazia talmente inaffidabile che per paura gli stessi organizzatori disdicono il proprio evento. Stiamo tornando alla vecchia strategia di Stato della tensione e alla teoria degli opposti estremismi? E al famigerato “metodo Cossiga”? Intanto, le sinistre, un tempo operaiste e collocate a difesa dei poveracci (che fosse tutta una finta per raccattare voti e potere?) si schierano col tecnocrate neoliberista e con la repressione di qualsiasi dissenso. Dal Partito democratico c’era da aspettarselo, avendo esso da tempo abbandonato le classi sociali più sfortunate al loro destino e occupato ormai ogni lembo di potere (banche, assicurazioni, cooperative, grande distribuzione organizzata, enti statali e regionali, media, editoria, cultura, università…), divenendo partito-stato; da Liberi e uguali forse un po’ meno. Del resto, persino il manifesto, «quotidiano comunista», gioisce per il duro intervento della polizia contro quegli sporchi sovversivi dei portuali triestini. Oh, che gentaglia, madama la marchesa!

Sembra di essere tornati ai tempi più bui dei celerini del ministro degli Interni democristiano Mario Scelba o alla macelleria messicana del G8 di Genova del 2001. Dell’olio di ricino si conoscevano e si conoscono sia i benefici sia gli antipatici effetti in caso di ingestione massiccia, del siero anticovid ne sapremo di più tra molti, molti anni… Beninteso, nessuno contesta la somministrazione sierologica di massa, quello che si discute è la modalità ricattatoria con la quale si è voluta introdurre e l’oppressione di chi, legittimamente, non si sottopone a tale terapia preventiva. Si fosse resa obbligatoria per legge, pochi avrebbero avuto da ridire. Ma non lo si vuol fare per evitare di dover incorrere nelle normative che tutelano coloro che, sottoposti a vaccinazione obbligatoria, in caso di danni alla salute successivi legati alla somministrazione, devono essere risarciti dallo Stato. Per finire, già oggi, come ai tempi del duce, si parla del capo come di “Lui”. L’uomo della provvidenza. Segno dei tempi…

Rino Tripodi

(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 191, novembre 2021)

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Tags: Coviddraghifascismofocusgreen passregimerepressionetriestevaccini
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Comments 1

  1. Silvia says:
    7 mesi ago

    Grazie, Rino, per la lucidissima analisi, il parallelo storico e il coraggio in questa strana era Covid in cui neanche più i “Giornali” sono indipendenti.
    Silvia Grazia

    Rispondi

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