Anche in appello confermata la sentenza per il prete al centro di una polemica tra Arcidiocesi e Rete laica Bologna, che aveva chiesto al cardinale Caffarra di scusarsi per la vicenda. La Curia se ne tira fuori. Tardivamente
Che un sacerdote sia condannato per pedofilia, non fa più notizia. Fa ancora specie, invece, che gli organi ecclesiastici difendano tali individui a oltranza, fino alla fine (non tenendo conto dei fanciulli e delle famiglie offese, cui non si chiede mai scusa, né prima, né dopo le sentenze). Tranne “scaricarli” quando ormai nulla è più difendibile e/o occultabile.
Così, al prete (oggi sessantottenne), che dopo lo scandalo era stato costretto a risiedere per un certo periodo presso il santuario di San Luca di Bologna, è stata confermata la condanna per pedofilia anche al processo d’appello (sebbene si sia passati dai sei anni e dieci mesi inflitto in primo grado, ai quattro anni e due mesi di reclusione). I giudici, pertanto, l’hanno ritenuto responsabile di atti sessuali compiuti nel 2005, quando era sacerdote, su dieci bambine dell’asilo che gestiva nel Ferrarese, in un territorio di competenza della Diocesi felsinea.
L’Arcidiocesi bolognese, venuta a conoscenza della condanna, ha tenuto a precisare che Andrea Agostini, il prete pedofilo, «dopo le prime denunce era stato cautelativamente sospeso a divinis, cioè da tutte le facoltà sacerdotali e che da allora non ha più esercitato». Terminati gli arresti domiciliari, continua la Curia, «per un certo tempo gli fu imposto di risiedere presso il santuario di San Luca. A seguito del processo canonico, terminato con la definitiva dimissione dallo stato clericale da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, decreto del 22 gennaio 2010, egli si è ritirato a vita privata».
Tuttavia, si deve ricordare la polemica di Rete laica Bologna, che aveva denunciato apertamente, in particolare tra marzo e giugno 2010 (vedi i vari interventi in: http://retelaicabologna.wordpress.com/?s=agostini&searchbutton=search), la scarsa attenzione della Curia verso le numerose denunce delle vittime e dei testimoni delle violenze perpetrate, nonché, secondo il portavoce Maurizio Cecconi, la mancanza di trasparenza e di risarcimenti alle vittime. Era stato anche chiesto all’arcivescovo, cardinale Carlo Caffarra, di scusarsi pubblicamente a nome della Chiesa cattolica bolognese per tutta la vicenda. Senza alcun successo. Un’occasione persa per tentare di superare la secolare arroganza e omertà della Chiesa cattolica in simili circostanze.
(r.t.)
(LucidaMente, anno VII, n. 75, marzo 2012)