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LucidaMente
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Home FAMIGLIA-EDUCAZIONE-SCUOLA

Il tradimento più vile è quello dei genitori verso i figli

Emanuela Susmel by Emanuela Susmel
10 Novembre 2012
in FAMIGLIA-EDUCAZIONE-SCUOLA, INTERVENTI/RIFLESSIONI, TEMATICHE CIVILI
1
Chi ha tradito Blek e Miki? Basta il ghigno
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La delusione o il senso di vendetta personale che talvolta seguono una separazione coniugale spesso vincono sull’unica strategia non lesiva della dignità del minore: ascoltare umilmente il suo punto di vista

I figli delle coppie in fase di separazione non dovrebbero essere le vittime di una scelta che altri – mamma e papà – spesso fanno soltanto per soddisfare il loro egoismo. Le notizie di cronaca dimostrano che però non è così: l’increscioso fatto occorso recentemente a Cittadella non è che l’ultimo di una lunga serie, la maggior parte dei quali sfugge all’attenzione dei mass media. Ci balzano ancora in testa le immagini e le urla di Leonardo – appena 10 anni e mezzo – che viene letteralmente trascinato fuori dalla sua scuola primaria. Il video, girato dalla zia materna, è stato mandato in onda dalla trasmissione Chi l’ha visto. Ha fatto successivamente il giro del mondo on line: ha mostrato, in tutta la sua crudezza, il prelievo coatto del bambino da parte della Polizia (vedi su LucidaMente Donadi: «Rispettare i bambini» e La campana della Polizia). Chiunque abbia un minimo di sensibilità avrà potuto notare che non si è affatto trattato di un atto rispettoso della dignità del bambino.

Poco importa se, in questo modo, sia stata eseguita una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che ha affidato la patria potestà del piccolo unicamente al padre; importa ancora meno se – come sembra emergere dalle indagini – il bambino si rifiutasse di stare con il suo papà o se, invece, fosse stato plagiato dalla madre. Sulla vicenda, riferita in Parlamento, sono prontamente intervenuti il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, e il presidente del Senato, Renato Schifani; il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha inoltre aperto un’inchiesta interna che dovrebbe chiarire la posizione degli agenti.

Laddove vincono rabbia, ripicche e – più o meno gravi – episodi di vendetta personale fra i genitori, a perdere sono sempre e soltanto i figli; gli unici soggetti che non hanno la colpa di una scelta da loro non voluta. Il solo aspetto che dovrebbe essere salvaguardato, nei casi di separazione coniugale, è il benessere psico-fisico del minore; l’unico – almeno così sembra – a essere stato tralasciato nel caso occorso a Cittadella. Si è arrivati a sostenere – e in sèguito a smentire – che Leonardo fosse uno degli innumerevoli bambini affetti dalla Sindrome di alienazione genitoriale. La cosiddetta Pas (acronimo di Parental Alienation Syndrome) consiste in una sorta di lavaggio del cervello operata da un genitore sul figlio – maschio o femmina che sia – per denigrare la figura dell’altro genitore. Per questo motivo, il magistrato avrebbe deciso di affidare Leonardo alle cure di una casa protetta. Ci chiediamo come mai, fra gli innumerevoli “esperti sul campo” interpellati sul caso, nessuno abbia pensato di mettere in pratica la soluzione più ovvia e semplice: domandare al bambino la propria opinione sulla vicenda; o, ancora più semplicemente, ciò che desidererebbe dai propri presente e futuro. Come è possibile che la Cassazione abbia stabilito l’obbligatorietà di sentire il punto di vista di un minore soltanto una volta compiuti i 12 anni? Dove vanno a finire i sentimenti, le speranze e le angosce provate da un bambino di età più giovane?

Il fatto che esista una sintomatologia di natura psichiatrica, che interessa i figli di coppie in fase di separazione, deve far riflettere sulla gravità della situazione dei nuclei familiari odierni. Nonostante non sia ancora stata riconosciuta come malattia da rubricare nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, essa è indicativa di un rapido e progressivo disagio della società. È un malessere che dovrebbe interessare l’intera collettività poiché i bambini rappresentano il futuro dell’umanità! Eppure per la sua sconfitta sarebbe sufficiente una cura a costo zero: l’amore e l’affetto – o meglio ancora, il rispetto – da parte di entrambi i genitori verso i figli. Quale prezzo dovranno ancora pagare i soggetti minori a sèguito di una separazione familiare? Il venir meno, tutto d’un tratto, della presenza di uno dei due genitori, con il quale è consentito loro di trascorrere un tempo limitatissimo; la frustrazione provata nel sentirsi l’oggetto di guerre personali fra due persone che lo hanno messo al mondo – o almeno così dovrebbe essere – per amore; il doversi improvvisamente confidare con persone a loro del tutto estranee – psicologi, assistenti sociali, perfino magistrati –, raccontando loro aspetti intimi (riesce facile immaginare che, probabilmente preferirebbero riferirli ad amici o persone a loro care); il senso di abbandono genitoriale provato, da un giorno all’altro, nei casi in cui vengono affidati a strutture esterne al nucleo familiare (vedi l’iniziativa: Figli in bilico: questionario nazionale sui servizi sociali).

O anche il disorientamento nel dover abbandonare – a intermittenza – il calore delle mura domestiche entro le quali hanno vissuto fino a prima della separazione dei genitori: per quanto bella sia la stanza allestita per loro dal genitore presso il quale si trasferirà, rappresenterà comunque l’inizio di una nuova vita non desiderata. Perché non si è ancora pensato a una legge che consenta al minore di restare all’interno della propria casa e obblighi invece i genitori a spostarsi, nei giorni stabiliti? Perché deve pagare l’unico soggetto che non ha alcuna colpa? Non è nostra intenzione demonizzare il ruolo degli esperti coinvolti professionalmente nelle separazioni coniugali che, nella maggior parte dei casi, cercano faticosamente di trovare la migliore – per tutti – soluzione educativa. Perché non rendiamo obbligatorio, per i genitori coinvolti nella divisione familiare, un percorso di introspezione psicoterapeutica da seguire con detti consulenti, al quale non sia consentito di sfuggire vigliaccamente?

Non vogliamo nemmeno generalizzare il problema: esistono anche coppie in via di separazione che antepongono il bene del figlio alle proprie richieste personali. Stiamo semplicemente provando a metterci dalla parte dei bambini, che sono le vere vittime; ci auguriamo, perlomeno, che la vista del video di Leonardo induca quante più coppie di genitori a rivedere le proprie richieste in fase di separazione. I nostri figli non ci chiedono di venire alla luce (vedi articoli usciti su LucidaMente: “Childfree”: senza figli per libera scelta e Un figlio, per illudersi che il tempo non passi): se li mettiamo al mondo, facciamoglielo piacere, questo mondo! Amiamoli e soprattutto non tradiamoli!

Emanuela Susmel

(LucidaMente, anno VII, n. 83, novembre 2012)

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Tags: Annamaria Cancellieriassistenti socialiChi l’ha vistoCittadelladivorziodonadifocusgenitoriLeonardoMagistratipaspoliziapsicologiRenato Schifaniseparazionesindrome di alienazione genitoriale
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Comments 1

  1. Massimo says:
    10 anni ago

    Cara Emanuela, pur condividendo le opinioni espresse nel suo articolo, mi preme sottolineare che La “PAS” non esiste, così come molte altre pseudo-malattie elencate nel DSM-IV. Che una malattia possa esistere sebbene non sia inclusa nel DSM è cosa opinabile, così come il metodo poco “statistico e diagnostico” col quale sempre più “malattie” vengono inserite nella “Bibbia” psichiatrica (ovvero tramite alzata di mano…). Resta tuttavia il serio problema che lei denuncia nel suo scritto… Cordialmente.

    Rispondi

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