Catalogando i documenti della Biblioteca universitaria, Mauro Perani, studioso di manoscritti della tradizione giudaica, ha fatto un’affascinante scoperta
Un’importante scoperta storica è avvenuta, per caso, nel capoluogo emiliano, tra le mura della Biblioteca universitaria: si tratta di un rotolo di pergamena che riporta la più antica attestazione della Torah, il testo sacro, in lingua originale, della religione giudaica. L’autore di questa affascinante rivelazione è Mauro Perani, docente di Ebraico presso il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Bologna e direttore dell’Associazione italiana per lo studio del giudaismo (Aisg). Mentre lavorava a una nuova catalogazione dei manoscritti ebraici della Biblioteca, egli si è imbattuto nel singolare esemplare di pergamena, chiamato Rotolo 2, fatto risalire, erroneamente, al XVII secolo d.C.
L’esperienza di lavoro trentennale sui codici ha permesso al professor Perani di riconoscere subito l’autenticità del rotolo e di collocarlo tra la seconda metà del XII e l’inizio del XIII secolo: quello bolognese risulta essere, dunque, il più antico manoscritto ebraico mai rinvenuto prima d’ora. La precedente datazione della pergamena, sfasata di quattro secoli, era stata una svista, avvenuta nel 1889, ad opera proprio di uno studioso ebreo, Leonello Modona, di Cento, che lavorava nella biblioteca e ne aveva redatto l’inventario. Come è possibile che un documento di questa importanza storica – la Torah, chiamata in greco Pentateuco, coincide con i primi cinque libri dell’Antico testamento della tradizione cristiana – non sia stato, a suo tempo, correttamente individuato e riconosciuto?
Perani giustifica lo sbaglio del suo predecessore Modona, asserendo che le lettere, ricche di riccioli, potrebbero averlo portato a interpretare male lo stile della calligrafia; inoltre, nel XIX secolo, non c’erano le conoscenze e le strumentazioni avanzate di oggi. Le pergamene, solitamente smembrate o addirittura scomparse con l’avvento della stampa nella seconda metà del Quattrocento, sono rare da trovare in buono stato di conservazione e, soprattutto, risultano difficili da studiare. Dopo una prima e semplice osservazione della calligrafia, raffinata e di gusto orientale, e della struttura del rotolo, Perani ha consultato i massimi esperti in materia di scritti ebraici. Essi hanno analizzato alcuni frammenti della pergamena, lunga 36 metri, alta 64 centimetri e particolarmente morbida, forse di pelle ovina, anche se sarà l’esame del dna a stabilire con certezza quest’ultimo dettaglio.
Le indagini scientifiche sono state affidate a due laboratori indipendenti, ovvero il Centro di datazione e diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento e l’Illinois State geological survey della Illinois University di Urbana. Entrambi gli studi hanno collocato i frammenti tra il 1155 e il 1225, confermandone l’appartenenza al più antico esemplare di rotolo ebraico completo della Torah finora conosciuto. La pergamena, del valore di almeno un milione di euro, sarà ora digitalizzata e conservata nella stanza blindata della settecentesca Biblioteca universitaria di Bologna, in attesa di essere messa in mostra.
Questa scoperta apre nuovi scenari di ricerca e potrebbe portare a un rinnovamento degli inventari di tutte le altre biblioteche bolognesi. Inoltre, si potrebbe risalire alla provenienza del documento, scoprendo come l’istituto universitario ne sia entrato in possesso, proprio nella città dove, nel 1482, venne realizzata la stampa della prima edizione assoluta della Torah.Concludiamo con una curiosità: Bologna, in dialetto, si pronuncia Bulàggna, come la parola ebraica Bolan-yah, che significa «in essa alloggia Dio». Una coincidenza che si interseca con la singolare, e in parte misteriosa, storia della pergamena e accresce il legame del capoluogo emiliano con la tradizione giudaica.
Le immagini: Mauro Perani con Biancastella Antonino, direttrice della Biblioteca universitaria; il prezioso rotolo ebraico; Perani di fronte alla pergamena.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno VIII, n. 90, giugno 2013)