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«Il caso di Sandro»

Tra scienza medica e lirismo, la storia di una psicoterapia che sembra un romanzo: “La perla e la tartaruga” (Armando Editore) di Renzo Rocca e Giorgio Stendoro

Antonella Colella by Antonella Colella
1 Novembre 2014
in IL LABORATORIO, LIBRI, SALUTE-MEDICINA
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«Il caso di Sandro»
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Tra scienza medica e lirismo, la storia di una psicoterapia che sembra un romanzo: “La perla e la tartaruga” (Armando Editore) di Renzo Rocca e Giorgio Stendoro

È fresca di stampa la nuova opera di Renzo Rocca e Giorgio Stendoro, La perla e la tartaruga. Il caso di Sandro: la metodologia dell’incontro in psicoterapia (Armando Editore, pp. 240, € 20,00). Essa non è solo il “resoconto” di un complesso percorso di psicoterapia di un paziente e dell’abilità e della sensibilità del suo psicoterapeuta. Nella logica evolutiva della metodologia dell’incontro, è pure un sottile dialogo a due voci, un viaggio nella memoria e nell’inconscio di entrambi, in una narrazione nella quale si mescolano presente e passato, eventi, sintonie, tensioni, riflessioni, dubbi, slanci. Ricchissimi i riferimenti non solo alla letteratura medica psicologica, ma anche alla cultura, all’arte, alla musica, ai classici letterari. Così, nel complesso, il libro assume l’aspetto di un palpitante, umanissimo, sentiero verso una luce in grado di illuminare le folte asperità esistenziali e gli sterminati incroci della vita e dell’inconscio, ricomponendoli in una serena prospettiva epifanica. Completa il testo un utile Glossario finale.

Di seguito offriamo al lettore uno stralcio (pp. 37-40) del libro: una seduta psicoterapeutica durante la quale emergono crudi ricordi del paziente, ma anche riflessioni e memorie del medico, nonché annotazioni paesaggistiche, che avvolgono l’evento entro un’aura poetica suggestiva e affascinante.

Siamo in seduta. Sono stordito da un senso di rilassatezza, nel vedere fuori dalla finestra la luce del tramonto simile ai quadri medioevali. La penombra cambia forma allo studio. Sandro è disteso sul divano. Si guarda intorno, come se dallo spazio che lo circonda potesse arrivare una soluzione. Con voce eccitata, dice:

«Mi sento un fiume in piena… impegnarmi nel lavoro è coraggio… o arrendermi a un destino già deciso… ragionamenti del genere perché mi sono venuti in mente?…».

2-ROCCA-STENDORO-perlaNon intervengo, per non influenzare i suoi stati di incertezza. L’incertezza produce pensieri di incertezza. Egli deve trovare la soluzione migliore all’interrogativo attraverso le sue riflessioni. Dare fiducia genera fiducia. La vita deve essere vissuta, non insegnata.
C’è un improvviso silenzio.

Immagino Sandro che si sporge dalla ringhiera di un ponte per vedersi come un fiume in piena ostacolato da enormi sassi. Sul momento, ho la sequenza di ricordi che segnalano le tracce di una esperienza. Vedo me stesso piccolo affacciarmi con spensieratezza e curiosità tra le sbarre della ringhiera del terrazzo di casa, per guardare giù nella strada, dove un uomo disegnava con il gesso un volto sul marciapiede. Rientrare era stata la cosa più naturale del mondo. Tirando indietro la testa, le orecchie erano diventate un ostacolo e io mi ero incastrato. Non ricordo se ho pianto. Per liberarmi erano intervenute, con calma, la mamma e la nonna. Da quel giorno, avevo imparato che il coraggio non andava confuso con l’incoscienza.

I momenti della vita legati all’infanzia rimangono unici e privilegiati nella memoria. Heimann affermava che «l’analista inserendo i propri pensieri e le proprie emozioni nella relazione con il paziente può capirlo meglio».
Il compito di conoscere, corrispondente a un sentire, permette di gettare occhiate nei territori interni della persona che attraverso con il lavoro ogni giorno: molto mi dà, mi insegna e mi suscita la forza di agire per evitare il rischio di rimanere incapsulato in modo speculare al mondo interno del paziente.

La rumorosa deglutizione di Sandro e il forte abbaiare di un cane mi riportano ad ascoltare la sua volontà narrativa.

2-rocca-stendoro«Il primario eminenza grigia vecchio stile di comandare tutto e tutti è un tipo pelle e ossa… la sua ostentata risatina è simile a un risucchio di saliva… quando gli servi ti dice subito amico… basta non obbedire al suo potere unico che ti tratta da coglione… discute ad alta voce davanti al distributore di caffé vicino ai gabinetti da giorno… dopo l’immancabile barzelletta… l’assembramento di neutri e neutrali tirocinanti in camice bianco di fianco ridono e fanno sì con la testa senza capire un tubo… è facile intuire la differenza tra chi è simpatico e chi il simpatico cerca di farlo… questo non spiega la ragione perché sto male in ospedale… se guardo indietro intorno ai vent’anni bruciavo il gusto della vita… passavo sopra a certi scrupoli… nella sala biliardo giocavo per soldi… ho fatto per un periodo delle canne e ogni tipo di roba… lasciandomi come sono con l’illusione di essere diverso… incredibile il numero di tossici che messi insieme sommavano centinaia di anni di galera… e persone svitate che non conoscevo e non avrei mai più rivisto che volevano reggermi il braccio… una specie di confraternita per farmi il buco… palparmi… (Sandro cerca di sorridere. Sulle mascelle vedo il gioco dei suoi muscoli che si contraggono)… derubarmi… spesso mi trovavo in posti in cui non c’erano regole per fare qualcosa di più incredibile… eccitazioni incontenibili con limitrofe baldorie che non potevo fermarle pur sapendo che c’era il rischio dell’Aids… quando la droga scoppiava nel cervello allucinavo storie sulla vita… tutto andrà bene… ora subito… ho praticato locali a luci epilettiche raffinati e volgari di tutti i posti dove sono stato… ero andato a fondo… in una sorta di paese dei balocchi in cui mescolavo il bisogno di stare in compagnia e quello di emergere… (Sandro ha le chiavi della macchina in mano. Le gira più volte intorno al dito)… ho vagato qua e là in fatto di psicologi… ricalcavano dei cliché… medici che sconfinavano con la magia manipolatoria… religiosi che mi sconcertavano… la verità è che mi sento in gabbia… crollato di botto… non avevo coscienza di essere dentro così tanto… sono spaventato… decido di continuare con lei… ho fiducia…».

De Moraes diceva che «la vita è l’arte dell’incontro».

Sandro, durante alcuni minuti di timido silenzio, mi guarda con una simpatia che vede lontano? Ho ascoltato il suo ingorgo di energie non staccate dal loro vestimento inconscio, le quali, sbarrando il presente fuori dalla porta, fanno entrare dalla finestra le derive del passato. Lascio a Sandro il tempo di decidere quando guardare dentro di sé la sorgente di molte conflittualità collegate fra loro.
Sandro esce in anticipo dallo studio. Nel salutarmi sulla porta, dice:
«Forse ho voglia di lottare… non credevo di trovare le parole per dirlo…».
«Non è detto che sia un bene averle riferite sulla porta».
«Perché?».

«Ci vediamo la prossima volta, Sandro».

Fuori, lunghe scariche di folgori estive e rimbombi di tuoni riempiono di ragnatele il cielo come mai avevo visto. Pioggia di un temporale d’estate.
La mattina avevo avuto una prima visita con una ragazza di ventitré anni, non vedente dalla nascita, che mi aveva detto:

«Dopo un intervento chirurgico ho riacquistato la vista… per una che non ha mai visto vedere è stato come andare su un altro pianeta… non sapevo che un oggetto più era lontano più lo vedevo piccolo…».

2-rocca stendoroQueste parole mi hanno fatto capire il significato della mia esistenza, che gode del privilegio della vista. La legge dell’esistenza non è uguale per tutti. Mi siedo inquieto accanto alla finestra, aspettando che passi l’acquazzone. Ha senso che stenografi mentre sono in attesa di un paziente che, in seduta, di solito dopo vivaci polemiche, mi scruta quando meno me lo aspetto? Forse è un mio «reliquato indigerito» (Ferro) del paziente precedente.

Vorrei essere in un luogo diverso da quello in cui mi trovo. Trattenermi a osservare, pensare e pormi delle domande non è tempo sprecato. Il silenzio e una parte profonda di me regolano l’incontro, l’esserci veramente. Ho consapevolezza di questa responsabilità? A volte, quando leggo dei libri della mamma o della nonna, scopro frasi sottolineate da loro: «Molto ragionamento e poca osservazione conducono all’errore. Molte osservazioni e poco ragionamento conducono alla verità» (Carrel). Le vivo come se fossero delle parole che mi dicono. Il tempo trascorso con loro ha una qualità affettiva infinita, che rimane dentro di me orientandomi su sani valori morali.

Per la recensione – sempre comparsa su LucidaMente, a firma del nostro direttore Rino Tripodi – di un’altra opera dei due autori, il romanzo sulla violenza pedofila Una ferita aperta (Sovera Editore), si legga Il trauma dell’abuso: l’orrore e la rinascita.

Le immagini: la copertina de La perla e la tartaruga e i due autori con Carla Fracci e l’ex sindaco di New York Rudy (Rudolph) Giuliani.

(a.c.)

(LucidaMente, anno IX, n. 107, novembre 2014)

 

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Tags: medicinapsicoterapiaroccaromanzoStendoro
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