Qualche riflessione su Utoya e le uova del serpente
Lo strazio che colpisce chiunque veda le immagini provenienti da Oslo e, soprattutto, dall’isoletta di Utoya, con giovanissimi uccisi come in una caccia tragica, in una orrenda mattanza, è tale che non vi sono parole adatte per esprimerlo.
Poi, ragionando a mente un po’ meno commossa e addolorata, un paio di considerazioni vengono fuori.
La prima. Non è stata una strage “nel mucchio”, come quelle del terrorismo che abbiamo tristemente conosciuto nell’ultimo decennio (11 settembre 2001, Madrid, Londra, ecc.), ma diretta, entro una delle nazioni più tolleranti, più civili e progredite del mondo, contro un bersaglio politico ben determinato e del tutto inerme, innocente e pacifico: un governo e dei giovani militanti socialisti.
La seconda. A forza di cercare nemici esterni, di altri continenti, altre culture, altre religioni, che rappresentino una minaccia per la nostra civiltà occidentale, ci siamo dimenticati delle nostre uova del serpente: quel fanatismo, quell’integralismo religioso, quell’estrema destra, quella violenta intolleranza, che cova sempre nelle nostre società.
Ciò che ha maggiormente minacciato le istituzioni liberaldemocratiche europee, riuscendo spesso nel passato a sovvertirle e, comunque, a recare dolore e morte, grazie alla violenza agita e alla paura instillata nella gente, sono stati i fascismi e i nazismi, i razzisti e gli intolleranti.
Una lezione anche per il nostro paese a non abbassare la guardia e a non vedere nel razzismo e nella violenza – apparentemente solo verbale – di alcuni gruppi politici, come la Lega Nord, solo propaganda, folklore e chiacchiere da bar. In ogni paese ci può essere un Anders Behring Breivik (e probabili complici) che prende sul serio le parole e gli incitamenti alla violenza, passando ai fatti e al sangue, con esiti tragici e orripilanti.
(r.t.)
(LucidaMente, 23 luglio 2011)