La psicologa Cristina Pavia spiega l’importanza di una scelta consapevole e in linea con le predisposizioni personali dello studente. E affrontata senza stress, soprattutto da parte dei genitori
La scadenza per l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado è prossima: entro il prossimo 28 febbraio le famiglie dovranno infatti inviare on line la domanda all’istituto scolastico superiore scelto. Cambia ciclicamente la platea degli interessati; può variare, nel tempo, l’offerta formativa proposta (vedi Scuola superiore statale, il ventaglio dell’offerta formativa). Resta invece sempre immutata l’ansia legata all’insicurezza delle future sorti lavorative degli attuali studenti, in questo periodo di crisi economica, incerte più che mai. Abbiamo analizzato la problematica con Cristina Pavia (http://cristinapavia.net): psicologa e counselor nelle scuole secondarie di primo grado, ha già collaborato con noi (vedi al riguardo gli articoli pubblicati su LucidaMente Servono genitori più attenti verso i figli e Omosessualità, figli e genitori).
La scelta della scuola secondaria di secondo grado è un momento di riflessione familiare sul futuro personale e professionale di un/una figlio/a. Quanto dovrebbero incidere sulla decisione finale i consigli genitoriali?«I genitori sono chiamati a gestire una situazione abbastanza complessa: dovrebbero evitare di scegliere al posto dei figli senza, per questo, delegare interamente a loro la decisione finale. I ragazzi hanno infatti bisogno di percepire da parte dei genitori interesse e partecipazione per il proprio futuro. Fin dalla loro età infantile i genitori dovrebbero soprattutto aiutarli a riconoscere le proprie passioni e le attitudini; a mano a mano che queste si manifestano. Possono farlo attraverso il dialogo, per esempio proponendo loro corsi e approfondimenti che le rispecchino. Dovrebbero inoltre aiutare i ragazzi a riflettere sull’effettiva spendibilità, in àmbito lavorativo, del titolo del corso di studio scelto; ma sempre senza soffocare le loro ambizioni».
E poi bisogna tenere conto del suggerimento espresso dai professori della scuola secondaria di primo grado…«Nel corso dei tre anni di insegnamento, questi professori hanno tutti gli strumenti necessari a percepire le predisposizioni dei ragazzi. È pertanto consigliabile ascoltare i loro consigli in tema di scelta della scuola superiore; ma senza considerarli i migliori in assoluto. L’adolescente potrebbe infatti nascondere ancora nel cassetto un determinato sogno; mettendo in gioco soltanto successivamente tutte le proprie risorse al fine di raggiungerlo. Tutto questo, a prescindere dalle capacità dimostrate nei tre anni di scuola secondaria di primo grado. Sarebbe quindi auspicabile che i genitori ascoltassero il parere dei professori, ma anche quello dei loro ragazzi. E, soprattutto, che percepissero l’impegno e la tenacia di questi ultimi nel voler realizzare il loro progetto di vita, se già esistente».
Quali effetti psicologici determina l’imposizione di un determinato corso di studi da parte dei genitori?«Una scelta imposta e non condivisa ingenera nei figli un senso di frustrazione e di risentimento verso i genitori. Spesso madri e padri consigliano i loro ragazzi sulla base delle proprie convinzioni, anche in termini di prestigio; magari facendo loro pressione affinché scelgano un determinato percorso di studi che – ne sono convinti – offrirà maggiori prospettive nel mondo lavorativo. Purtroppo però, nella realtà, questo non corrisponde sempre al vero. È bene rendersi conto che nessuna scuola è in grado di garantire, a priori, un futuro. Le varianti che determinano o meno un risultato di successo sono due: da un lato, il risultato – in termini di profitto – che lo studente ottiene in àmbito scolastico; dall’altro, il grado di variabilità futura delle prospettive lavorative legate al percorso scolastico scelto (vedi http://cristinapavia.net/consulenza-online/e-tempo-di-scegliere-la-scuola-superiore/)».
Quali sono invece gli effetti psicologici di una scelta giustificata solo dalla frequentazione da parte degli amici più cari?«È un percorso sbagliato a priori poiché, nell’età adolescenziale, le amicizie si susseguono le une alle altre. L’incontro con nuovi compagni può segnare l’inizio di nuove frequentazioni, spesso a discapito di quelle già in essere. Un motivo in più, quindi, per scegliere il proprio percorso di studi secondo le attitudini soggettive; senza per questo interrompere l’amicizia con gli ex compagni di banco, frequentabili fuori dalla scuola».
A quale età si manifestano le prime attitudini caratteriali?«Non esiste un’età precisa in assoluto. Alcuni bambini, fin dalla tenera età, esprimono passioni che potrebbero essere mantenute nel tempo. Dall’età scolare, con il trascorrere degli anni, le attitudini si definiscono meglio: nella preadolescenza i ragazzi dovrebbero poter manifestare perlomeno la loro predisposizione per materie umanistiche piuttosto che scientifiche».
I ragazzi di oggi hanno a disposizione open day e laboratori illustrati da insegnanti di scuole secondarie di secondo grado. Perché, nonostante questo, la scelta risulta spesso così difficile?«Si tratta di una decisione che viene presa, dai ragazzi ma anche dai genitori, spesso con un eccessivo carico di ansia: si ritiene infatti – erroneamente – che essa determini in modo irrevocabile il futuro lavorativo. Non dimentichiamoci che qualsiasi scuola scelta – liceo, istituto tecnico o professionale – dà accesso al mondo universitario. Consiglio quindi ai ragazzi di scegliere il proprio percorso di studi con la massima tranquillità, seguendo passioni e attitudini personali. E ricordo loro che, se proprio si accorgessero di essersi iscritti a un corso che assolutamente non fa per loro, nulla sarà perduto: entro dicembre del primo anno scolastico potranno cambiarlo senza dover sostenere esami integrativi».
Le immagini: la psicologa e counselor Cristina Pavia, un logo di Scuolandia e immagine relativa alla scelta della scuola.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno IX, n. 98, febbraio 2014)