“Debbo la scoperta di Uqbar alla congiunzione di uno specchio e di un’enciclopedia. Lo specchio inquietava il fondo di un corridoio in una villa in via Goana, a Ramos Mejia; l’enciclopedia s’intitolava ingannevolmente The Anglo-American Cyclopedia […]. Bioy Casares, che quella sera aveva cenato da noi, stava parlando d’un suo progetto di romanzo in prima persona, in cui il narratore, omettendo o deformando alcuni fatti, sarebbe incorso in varie contraddizioni, che avrebbero permesso ad alcuni lettori – a pochissimi lettori – di indovinare una realtà atroce o banale. Dal fondo remoto del corridoio lo specchio ci spiava. Scoprimmo (a notte alta questa scoperta è inevitabile) che gli specchi hanno qualcosa di mostruoso. Bioy Casares ricordò allora che uno degli eresiarchi di Uqbar aveva giudicato che gli specchi e la copula sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli uomini”.
(da Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, in Finzioni, Einaudi, 1985)
Jorge Luis Borges
LA RILETTURA
“Lo specchio è abominevole!” afferma uno degli eresiarchi di Uqbar. Abominevole, si dirà subito dopo, perché moltiplica e divulga un mondo già di per sé illusorio. D’altra parte Uqbar è un mondo congenitamente idealista. Ma anche nella nostra Argentina, o meglio nell’Argentina di Borges, uno specchio, che spia dal fondo del corridoio, appare inquietante.
Perché?
Abominevoli specchi – Forse, pensandoci a fondo, il motivo è lo stesso, su Uqbar come in Argentina. Anche credendo fermamente nella realtà del nostro mondo, lo specchio ne crea comunque un’immagine fittizia, un’immagine deformata (mai fatto visita alla sala degli specchi di un Luna Park?) o, volendo, un’immagine infinita. E’ anche questo che ci confonde e ci spaventa. Lo specchio crea il doppio: da una parte il mondo che noi riteniamo vero, dall’altra il mondo del riflesso. Fra questi due mondi esso si pone come confine e diviene così, oltre che inquietante, anche decisamente affascinante. Come ogni confine, ogni limite, lo specchio si carica di mistero. Chi non sogna di passare attraverso lo specchio come Alice? E cosa sogna ci sia dall’altra parte? Tuttavia, davanti ad uno specchio, potrebbe anche colpirci un dubbio, a cui potrebbe seguire un’atroce intuizione: noi, da quale parte del confine stiamo? Questa domanda, forse, continua ad assillarci anche oggi, in un tempo in cui gli specchi si sono moltiplicati e trasformati in inquietanti, affascinanti specchi moderni.
Il celebre caso Lumière – Per André Breton il cinema è l’unico mistero prettamente moderno. Che sia davvero anch’esso uno specchio? Sono comunque convinto che, se il mondo di Uqbar avesse avuto il cinema, qualcuno fra i suoi eresiarchi avrebbe affermato: “Lo specchio, la copula e il cinema sono abominevoli!”. Era il 6 gennaio 1896. Al Salon Indien, il seminterrato del Gran Caffè di Parigi, i fratelli Lumiére proiettarono L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat (L’arrivée d’un train en gare de la Ciotat). La folla fuggì per paura di essere travolta da quel treno magicamente apparso nel seminterrato. Realtà o finzione? Il pubblico, inesperto, ha scambiato quella che doveva essere un riflesso per un vero treno. Ma voglio raccontare un altro aneddoto.
Il ragazzino Dick – Questa volta siamo nella California del secondo dopoguerra, un ragazzino viene portato al cinema dai suoi genitori. Dopo pochi minuti si sente male ed è costretto ad uscire. Ai suoi genitori spiega che le immagini del cinegiornale lo avevano impressionato. La verità invece era un’altra, scriverà lo stesso bambino una volta cresciuto, la verità è che nel buio di quella sala si era trovato di fronte al dubbio, al quale è seguita l’atroce intuizione: quegli stupidi spettatori non si rendevano conto che anche loro potevano essere in un film, anche loro potevano essere quell’immagine fittizia che stavano guardando. “Da quale parte dello specchio stiamo?” si chiese il bambino. Quel bambino era Philip K. Dick, il maggiore autore di fantascienza della letteratura americana, e questa terribile intuizione lo accompagnò per tutta la vita. I personaggi dei suoi romanzi sono quel bambino. Sono continuamente posti di fronte a diversi piani di realtà artificiale che si sovrappongono e si confondono con il nostro mondo e, impauriti e sconvolti, si ritrovano a pensare se questo mondo sia effettivamente così reale. Oggi chiameremmo questi “piani artificiali” realtà virtuali. E credo che, ora che il cinema ha perso gran parte del misterioso fascino delle origini, il mondo virtuale, a cavallo fra scienza e fantascienza, ne abbia preso il posto. Abbiamo forse trovato il modo di attraversare lo specchio?
Vivere in un mondo virtuale…? – Che ne pensate di costruirci un mondo nostro, come lo vogliamo noi (ma poi, davvero come lo vogliamo noi?) e vivere là, vivere nello specchio? Fantascienza? Sì, fantascienza. Ma non solo. Avete mai sentito parlare dei Mmorpg? Acronimo per Massively-Multiplayer Online Role-Playing Game, solo un videogioco on line. Il senso di questo genere di gioco è che puoi costruirti un tuo alter ego virtuale e farlo vivere in un altro mondo con regole proprie. A volte sono mondi in cui i programmatori hanno dato sfogo alla propria fantasia: mondi fantastici, mondi leggendari, mondi extragalattici. Ma accade anche che l’utente voglia giocare in un mondo il più possibile vicino a quello in cui vive (si veda per esempio Second Life, http://secondlife.com). Giocandoci, e immergendoci veramente nel gioco e nel proprio ruolo, ci si potrebbe chiedere: e se stessimo già vivendo in un programma? Però è solo fantascienza ed è anche un’idea già usata: Philip K. Dick abbiamo detto, ma anche il film cult Matrix dei fratelli Wachowski o eXistenZ – guarda caso, entrambi del 1999 – di David Cronenberg.
…o rompere lo specchio? – Non ci scordiamo che stiamo parlando solo di film o videogiochi, ma forse in questo modo parliamo anche di qualcos’altro. Internet, diventato ormai un altro mondo sovrapposto al mondo in cui viviamo, rende solo il tratto della nostra società che rende più esplicita una cosa: stiamo, forse senza accorgercene, iniziando a vivere nello specchio. A questo c’è un’alternativa (però, attenzione, non sto dicendo che sia migliore): rompere lo specchio! Eliminare il riflesso e tornare a vivere nel nostro mondo, apprezzarlo per quello che è, per la materia di cui è fatto, e cercare la felicità qui dentro. Ma questo l’ha già detto qualcun altro.
L’immagine: “Icona” di Jorge Luis Borges.
Giovanni Blandino
(LucidaMente, anno II, n. 14, febbraio 2007)