Il 14 e 15 maggio scorsi si è celebrato a Bologna il Convegno internazionale di poesia, dedicato quest’anno al poeta Leo Paolazzi, meglio conosciuto come Antonio Porta (Vicenza, 1935 – Roma, 1989). Il congresso, patrocinato dall’Università degli Studi di Bologna e dalla libreria Coop Ambasciatori, si è tenuto nella sala Stabat Mater della Biblioteca dell’Archiginnasio.
Parlare di poesia – C’è sempre un buon motivo per riunirsi a parlare di poesia, ma, nell’occasione, la pubblicazione della prima raccolta di tutte le opere di Porta in un unico volume [Tutte le poesie (1956-1989), a cura di Niva Lorenzini, collana Gli Elefanti Poesia, Milano, Garzanti, 2009, pp. 664, € 20,00] è stato il perfetto “pretesto”. Questo il pensiero di tutti coloro che hanno realizzato gli sforzi affinché l’evento fosse reso possibile e che sono stati il motore del convegno. È toccato ad Angelo Guglielmi, assessore alla Cultura e ai rapporti con l’Università, l’incarico di iniziare con i saluti inaugurali; a questi ha fatto eco la preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Carla Giovannini, e la direttrice del Dipartimento di Italianistica, Niva Lorenzini.
Sanguineti e le sue riflessioni su Porta – La professoressa Lorenzini è stata incaricata di presiedere l’incontro nel primo dei due giorni previsti per il suo svolgimento e ha esordito scusandosi per alcune defezioni impreviste. La più sentita è stata la “mezza” assenza del poeta Edoardo Sanguineti che però ha letto in videoconferenza la poesia Aprire di Porta, che quasi conclude l’antologia dello stesso Sanguineti sulla Poesia italiana del Novecento (Einaudi), «perché è con questa poesia chi si chiude un’epoca». Il poeta ha parlato dell’importanza della nascita del Gruppo 63, che «ha cambiato il mondo», e di come «non sia più successo niente dopo gli anni Sessanta» (almeno in poesia, ndr): «Il corpo sullo scoglio, l’occhio cieco, il sole, | il muro, dormiva, il capo sul libro, la notte sul mare, | dietro la finestra gli uccelli, il sole nella tenda, | l’occhio più oscuro, il taglio nel ventre, sotto l’impronta, | dietro la tenda, la fine, aprire, nel muro, | un foro, ventre disseccato, la porta chiusa, | la porta si apre, si chiude, ventre premuto, | che apre, muro, notte, porta» (I rapporti, I. Aprire, VII).
Capire Porta, una lezione di Fausto Curi – Il convegno è entrato subito nel vivo con l’intervento Una soggettività senza soggetto? del professore e compagno di Porta nel Gruppo 63, Fausto Curi. La riflessione del professor Curi si è incentrata sul tema dell’io, così importante per capire tutta la poesia dei Novissimi e, soprattutto, quella di Porta. Ha stabilito un’interessante relazione tra le teorie dell’apparato psichico di Freud e la vita psichica del poeta, e sull’importanza degli animali e della violenza nella poetica di Porta. «Non si può parlare tanto di violenza o di crudeltà – ha affermato Curi –; il termine giusto, piuttosto, è sadismo. I luoghi ove maggiormente si manifestano in Porta le pulsioni dell’Es sono le ferite, le lacerazioni. Freud coniuga le pulsioni sessuali, mentre in Porta la violenza nasconde una pulsione libidica travestita. A volte il sadismo avviene negli esseri umani: “Gli occhi crepano come uova. | Afferra la doppietta e spara | nella casa della madre. Gli occhi | sono funghi presi a pedate. | Mani affumicate e testa | grattugiata corre alla polveriera” (Europa cavalca un toro nero,VII). A volte negli animali: “L’insetto giallo sull’albero strisciava | ad alte foglie ampie come laghi: | a ciondolare. Intervenne a schizzargli la schiena | il becco del Buccorvo rosso e curvo come un ponte | d’avorio” (Vegetali animali), e talora l’animale identifica un essere umano, come nel caso de La pelliccia del castoro, dove chi parla manifesta un desiderio di partecipazione: “La caccia alla balena ha inizio […] | la schiena del cetaceo splende | all’improvviso […] | le cosce lucide, e rovesci | il ventre, le braccia | allunga all’indietro: Issiamola | a bordo, divoriamo!”. Ma si sta parlando di una balena o di un altro essere? Una donna forse? Una pulsione sadica che arriva al cannibalismo. Tutto questo perché? Perché l’Io proverebbe angoscia se invece di animali si parlasse di essere umani».
Il mistero dello pseudonimo – Dopo la relazione di Curi, vi è stato l’intervento del giornalista Cesare Sughi che, con ritagli tratti da internet, ha ipotizzato il perché dello pseudonimo di Antonio Porta. «Una ri-nascita. Leo Paolazzi scompare e nasce Antonio Porta, un prima e un dopo. Questo spiegherebbe la tematica delle nascite e la presenza di feti e cordoni ombelicali nella poesia di Porta» ha detto Sughi. Forse una teoria più suggestiva per la scelta del nome d’arte è stata quella cui ha accennato la professoressa Lorenzini, ossia che Leo decise di adottare un nome comune come Antonio e poi un cognome come Porta, di apertura. Cosa che potrebbe essere individuata in Aprire, con quella chiusura, “porta”, che molti considerano la firma del poeta.
Il teatro di Porta – Interessante l’intervento dei fratelli Alberto e Gianni Buscaglia che hanno affrontato la parte forse meno conosciuta del poeta, quella del suo lavoro teatrale, svoltosi soprattutto tra il 1968 e il 1975: «Uno scrittore onnivoro, che si nutriva di tutti i linguaggi che poteva perché prima o poi gli potevano servire» è stata la definizione data dai due registi, “rubata” dalle parole dello stesso poeta. Toccante poi il momento della videoconferenza di Andrea Zanzotto, intervistato da Francesco Carbognin, studioso dell’autore friulano e visibilmente emozionato dalla presentazione del video, compiuta dalla moglie, presente in sala, dello stesso Zanzotto. I saluti finali della moglie di Porta, Rosemary Ann Liedl, hanno chiuso le quattro ore di convegno di un giovedì in cui si è tentato di avvicinarsi all’opera di Antonio Porta.
L’immagine: la copertina della recente pubblicazione Garzanti che raccoglie per la prima volta tutte le opere poetiche di Antonio Porta: da quelle degli esordi negli anni Cinquanta, quando si firmava ancora con il nome anagrafico di Leo Paolazzi, fino alla morte, che lo colse all’improvviso il 12 aprile del 1989.
Sara Díaz González
(LM EXTRA n. 15, 15 giugno 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 42, giugno 2009)