Il cineasta piacentino, con “Bella addormentata”, ha prodotto un’opera non riuscita, tra melodramma e tragedia. E non è la prima volta…
Bella addormentata, in concorso alla 69ª Mostra cinematografica di Venezia, è un film sopra le righe. Marco Bellocchio s’è votato ormai al melodramma vestito da tragedia, avvalendosi anche di attori vistosamente inadeguati (su tutti Gian Marco Tognazzi). Il Nostro sa fare cinema fotografico come pochi: non dovrebbe, però, avvalersi troppo di questa virtù, pena un risultato documentaristico invece di un’opera cinematografica vera e propria. Nulla contro i documentari, ovviamente, ma certo un film richiede un altro tipo di impegno, specialmente se la tematica scelta è complessa e di non facile trattazione. L’eutanasia è più che mai di moda, per colpa dei media che ne hanno fatto un discorso da bar, ma non è sicuramente un tema di costume. Bellocchio, con Vincere, già aveva dato prova di amare argomenti popolari, rispolverandola storia, trasformata in pettegolezzo, del “figlio misterioso” di Mussolini e della follia della madre Ida Dalser, entrambi umiliati dal regime fascista. Tutta questa situazione, nel film di Bellocchio è resa con urla isteriche e con scene granguignolesche per l’imbarazzante mancanza di una decente sceneggiatura.
“Bella addormentata” non sembra un titolo felice, data la nota vicenda di Eluana Englaro. Risponde, però, a un modo tutto italiano (di serie B) di concepire le cose, appunto melodrammatico: il dramma viene mutato in tragedia per dimostrare che c’è veramente interesse per la vicenda prescelta. Ovviamente, più per ragioni commerciali che culturali e artistiche: ecco perché il risultato è discontinuo e discutibile. In realtà – e in questo, peraltro, Bellocchio è maestro – si tratta di una forma di esibizionismo personale con cui si vuole dimostrare d’aver capito molto di più di quello che s’è capito veramente. E pazienza se lo spettatore non ha compreso questa semplice verità… L’autoreferenzialità conduce Bellocchio a operare sovrapposizioni concettuali e a trattare i problemi in superficie, senza approfondirli: il regista nel film mescola di tutto, facendo un minestrone, persino saporito, con gli ingredienti degli ultimi vent’anni. Comodo addebitare alla “cultura” berlusconiana tutto il male possibile, come se la sinistra non fosse esistita nel frattempo, e magari neppure Bellocchio, che tranquillamente girava stando alla larga da queste “bazzecole”. Oggi ci accorgiamo quanto fosse brutto il carnevale berlusconiano, nel quale tutti quanti abbiamo vissuto quasi senza fiatare.
Tanta velleità, dunque, in “Bella addormentata” e non poca presunzione, seppure persino in buona fede. La vocazione magistrale è per Bellocchio una tentazione irresistibile alla quale non riesce, infatti, a sottrarsi. Ma ciò che fa più male è che gli osservatori, i critici, i media, seguitino nei loro refrain convenzionali a lodare un nome e un’abilità tecnica tutta di facciata, anziché impegnarsi maggiormente – senza “pegni” di sorta da pagare – a considerare la capacità espressiva ed effettiva di un cineasta sopravvalutato, forse per superare la vergogna di avere un cinema italiano sceso tanto in basso (salvo le solite eccezioni, ridotte oggi al lumicino). Bellocchio non sembra attrezzato per trattare certi temi: lui vorrebbe essere un Bergman e probabilmente se ne crede fratello. Purtroppo non è neppure un suo lontano cugino…
Le immagini: locandina di Vincere e foto di Marco Bellocchio (fonte: www.wikipedia.org/; autore: Filippo Caranti alias Terrasque).
Per altre recensioni – “positive” – di Bella addormentata, pubblicate su LucidaMente: Il risveglio dell’Italia dal “sonno videocratico”? e Un grande film, Bella addormentata di Bellocchio.
Dario Lodi
(LM MAGAZINE n. 25, 15 settembre 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 81, settembre 2012)
Lucidamente poco lucidi…Bellocchio è uno dei migluori registi europei attivi!
De gustibus…
Caro Giampy, la tua non è una risposta seria. Bisogna argomentare il dissenso, non appellarsi a slogan. Il sentito dire non fa ragionare. Non barattare la tua personalità con frasi fruste e irrazionali. Dimostra che ho torto. Magari ne sarei contento, o almeno arricchito. Grazie.
Stai bene. Dario Lodi
Un parere per essere valido deve essere motivato, argomentato. Altrimenti è d’accatto o di pancia. Nel caso di Bellocchio, che gode buona stampa (ma non sempre), la sua bravura è una frase fatta. Il cinema italiano è provinciale, in genere, e soffre di lodi spesso ingiustificate: vedi l’ultimo Antonioni, specialmente. Per scendere ai tuoi livelli, vedi i Vanzina.
Bellocchio non è un Vanzina perchè si difende con il mestiere (la fotografia) e con una certa voglia di impegnarsi, ma è come un peso medio che vuole fare a pugni con un peso massimo. Nota la lentezza e la fissità delle immagini. Nota le inutili sottolineature. Nota i compiacimenti sotterranei. Nota come non sa far recitare gli attori. Guardati poi un film di Kusturica, vedrai cos’è il cinema. Quello vero.