Dopo un restauro durato più di un anno e mezzo, il 22 dicembre scorso la fontana del Nettuno è tornata a dominare l’omonima piazza
A Bologna al Żigànt (“il Gigante”) è tornato a farsi ammirare in tutto il suo splendore, in seguito a lunghi lavori di restauro. Dopo più di un anno e mezzo, lo scorso venerdì 22 dicembre la fontana del Nettuno è stata ufficialmente liberata dalle impalcature, ricomparendo a dominare l’omonima piazza con un evento già anticipato sulla pagina Facebook del Comune.
La festa di inaugurazione ha visto una grande affluenza di pubblico. Con il sottofondo musicale del cantautore felsineo Federico Aicardi, i partecipanti hanno potuto godere di brindisi e rinfresco offerti da Confcommercio Ascom (Associazione commercianti), Associazione panificatori, Consorzio dei vini dei Colli bolognesi, Azienda vitivinicola Chiarli con la collaborazione dei sommelier della Fisar (Federazione italiana sommelier albergatori e ristoratori). Non è inoltre mancato un momento di ufficialità: il sindaco Virginio Merola ha infatti invitato tutti i presenti a prendersi cura della propria città, auspicando un 2018 il più produttivo possibile. Merola ha poi scambiato pubblicamente due parole con il comico Giorgio Comaschi e con Andrea Cangini, il direttore di QN. il Resto del Carlino, che aveva lanciato una sottoscrizione al fine di recuperare il monumento, storico simbolo cittadino.
In parallelo, nelgiugno 2016 era stato avviato il progetto di conservazione e restauro a cura di un Comitato scientifico costituito da molteplici istituzioni: Comune di Bologna; Università Alma Mater Studiorum di concerto con il Cnr (Consiglio nazionale delle Ricerche) di Pisa; Istituto superiore di Conservazione e Restauro di Roma; Soprintendenza per i Beni architettonici di Bologna; Istituzione Bologna Musei; QN. il Resto del Carlino.
La raccolta fondi, realizzata con l’intervento anche di Art Bonus [istituzione governativa a favore del patrimonio culturale, ndr], ha permesso il recupero fiscale in tre anni della quota donata al progetto. Così, a distanza di quasi trent’anni dal precedente restauro, conclusosi nel 1990, dagli ugelli della fontana del Nettuno è tornata a zampillare l’acqua. I lavori non hanno infatti riguardato esclusivamente l’imponente statua bronzea del Giambologna, soprannominata appunto “il Gigante” per le sue dimensioni, ma pure il complesso che lo circonda, abbellito da nereidi, delfini e maschere anch’essi in bronzo. Suggestiva l’illuminazione, che mette in risalto alcuni particolari delle figure erette ai piedi della principale. La fontana del Nettuno ha una storia lunga e di tutto rispetto, che merita di essere ricordata.
Nel 1563 il vice legato pontificio a Bologna, Pier Donato Cesi, fu incaricato di commissionare un’opera di grande valore, tanto quanto bastava a dimostrare la magnificenza del governo di papa Pio IV. Il lavoro fu assegnato al fonditore bolognese Zanobio Portigiani, all’architetto palermitano Tommaso Laureti e allo scultore fiammingo Jean de Boulogne, detto il Giambologna. A quest’ultimo, in particolare, fu chiesto di realizzare quella che è l’attuale statua del Nettuno, oltre a tutte le sculture presenti nel complesso, terminato nel 1566.
Tre anni prima era stata costruita la Conserva di Valverde [i Bagni di Mario, ndr], un sistema di raccolta atto a incrementare il rifornimento di acqua, già proveniente – tramite un condotto – da una sorgente nei pressi della collina di San Michele in Bosco. Nel corso degli anni la fontana – edificata con un primario scopo ornamentale – fu utilizzata dai venditori di ortaggi della adiacente piazza Maggiore, dalle lavandaie e, infine, perfino come vespasiano. Nel 1604 l’illegalità di quest’ultimo impiego, unito alle spiacevoli conseguenze a esso legate, portò alla costruzione di una recinzione che fu poi rimossa nel 1888, conferendo al monumento l’aspetto odierno.
Le immagini: una foto di Andrea Cangini con Virginio Merola e Giorgio Comaschi, in un momento della festa di inaugurazione, e la fontana del Nettuno di Bologna, prima e dopo il restauro durato oltre un anno e mezzo.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno XIII, n. 145, gennaio 2018)
…nulla di nuovo: ammannato, ammannato, che bel marmo hai rovinato.
Gentilissimo lettore, grazie per l’ironico commento. 🙂