Tra Ovidio e John Milton, un test di multilinguismo cosmopolita realizzato da Guido Monte
Uno dei grandi obiettivi dell’umanità è quello di ritrovare coesione e armonia su grandi motivi interiori e morali: la cultura dovrebbe essere l’impulso più forte per “spingere” le altre forze della società in questa direzione. Uno dei modi può anche essere quello di cercare una via attraverso cui fondere in un unico solco motivi comuni di culture diverse, seguendo un percorso poetico; è quello che cerca di fare Guido Monte con il suo “Multilinguismo cosmopolita”.
Monte, palermitano, docente di Lettere e scrittore, da anni conduce un suo fil rouge sul web, quello di collazionare versi poetici degli autori più disparati e di creare, con questi, “viaggi” di “nuove” poesie.
Il viaggio è racconto, desiderio di cambiare… volontà di affrontare l’ignoto, con tutte le sue incognite. Il viaggio è fusione dinamica mente-corpo, intelletto-sensibilità, nuova possibilità di comunicazione, parola. E la parola fa da ponte di comunicazione con l’Altro, dona senso (Sinngebung), è esperienza unica del “viaggio” di ogni esistenza. Questo è a mio avviso il contesto dell’esperimento “randagio” del linguistic blending. Monte, insieme alla sua sterminata miriade di co-scrittori/ricercatori che scrivono con lui, cerca di “contribuire” ad un “unico “Libro”” che, per usare le sue parole, è «testimonianza dell’originaria unità culturale del mondo, insieme di tutti i frammenti “babelici” prodotti da uomini alla ricerca della verità profonda delle cose».
Anche stavolta l’autore si nasconde dietro contenuti “comparati” di altri: Ovidio, John Milton. Il mescolarsi delle lingue è dinamico a scopi sempre in divenire, legati anche alla “forma” del testo, in cui «i nuovi “nuclei” autonomi di idee si trasformano quasi in forme di haiku giapponese, vivono una loro vita “rinnovata” all’interno di una rinnovata immagine cosmica». La complessità del testo, come suppone Francesca Saieva in un suo scritto (Linguistic Blending: a way through the meta-communicative Ailleurs, Swans-Commentary, 2007), è più collegata alla soggettività del lettore, al confrontarsi con la sua nuova dinamica fruizione delle parole multilingue sul dolore del mondo, in questo caso così come è sentito anche da Milton e Ovidio, con poche parole di speranza di Monte nel finale. Quella che per la Saieva è una forma di “metacomunicazione”, è dunque un modo nuovo di porsi rispetto alla letteratura, alla poesia, alla creazione in genere: viaggio multilingue nel tempo e nello spazio.
Legenda: in grassetto i brani tratti da Paradise Lost di John Milton, in corsivo quelli da Tristia di Ovidio, in tondo il testo di Guido Monte.
(ora è tutto come al principio…)
in the beginning, out of Chaos,
nihil est nisi mortis imago
solo un’immagine di morte
no light, but rather darkness visible
sed inter tenebras the mind…
in itself can make
a heaven of hell,
a hell of heaven
orbis ultimus ecco l’ultimo mondo
il mondo che viviamo
the palpable obscure
et quocumque and everywhere
the void profound of unessential night
et for evil only good, eu cad
where all life dies, death lives
nel cuore di una voragine senza fine
through the void immense to search
with wandering quest a place foretold
coperti di tenebre
e di lacrime
che non riescono più a cadere
sed Parcae: the new age was asked a change
aspettiamo con le Parche ancora un tempo rinnovato
tu, io tutto ciò che esiste
(Guido Monte, Burel)
L’immagine: La creazione del mondo – I (1905-1906), opera del visionario pittore lituano Mikalojus Konstantinas; iurlionis (Varna, 22 settembre 1875 – Pustelnik, 10 aprile 1911).
Livia Torta
(LM MAGAZINE n. 11, 15 luglio 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 55, luglio 2010)