L’arte di strada è un fenomeno antico quanto l’uomo e per molti l’unica autentica forma di espressione artistica. Attori, musicisti e saltimbanchi colorano le città di tutto il mondo, tenendo in vita un’attività che oggi, specialmente nel nostro Paese, si muove tra le pieghe della società, senza riuscire a trovare una collocazione stabile e riconosciuta. Ad intraprendere questo percorso sono persone che rifiutano la routine di un lavoro in fabbrica o in ufficio, assecondando il loro spirito inquieto, che non può e non vuole adattarsi a un’esistenza regolare e preconfezionata.
Per altri, invece, è la sola possibilità di sopravvivere.
Il sassofonista underground
Raffaele Amenta ha ventisette anni, è originario di Sassuolo, in provincia di Modena, ma vive a Bologna dal 2003. Lo incontriamo nei pressi del suo “studio”. Con un cenno ci dice di seguirlo; entriamo in uno spazio abbastanza buio da portone di metallo, scendiamo due rampe di scale e ci accorgiamo di essere in un garage: “Siamo dieci metri sotto terra – spiega – così non do fastidio a nessuno quando suono il sax”. Divide le spese del garage/studio con un amico musicista insieme al quale, di tanto in tanto, affitta a sua volta lo spazio come saletta per le prove.
“Abbiamo dato vita al progetto Ligeia due anni fa con l’intento di ri-attualizzare certi temi jazz, in particolare del compositore e pianista Thelonious Monk”. Il 2007 è stato un ottimo anno per Ligeia perché, grazie alla strada, hanno potuto esibirsi in diversi locali e feste private: “Ci è capitato che il gestore del bar di fianco dove ci eravamo sistemati coi nostri strumenti ci chiedesse di tenere un concerto nel suo locale all’ora dell’aperitivo”.
Ora, però, Amenta fa busking per conto suo, e solo nei “momenti grigi”: “Quando mi trovo a dover racimolare qualcosa suono un’ora o due e via! Ieri, per esempio, avevo bisogno di soldi per la serata e in due ore ho guadagnato quindici euro”. In questo mestiere è importante anche saper cogliere il momento: “Le feste come San Petronio e il sabato mattina in genere sono ottime occasioni per scendere in strada, sempre tenendo presente il giro dei commercianti e dei mercati”.
Il rapporto con la gente e con le forze dell’ordine
Attualmente il sassofonista sta elaborando un linguaggio musicale piuttosto sperimentale, a cui il pubblico dei passanti reagisce nei modi più disparati: “C’è sempre qualcuno che apprezza e che mi fa domande, ma mi è successo anche che mi tirassero una bottiglia da una terrazza, quasi colpendomi in testa. Un’altra volta, dalla chiesa di fianco a cui mi ero sistemato col mio sax, è uscita una signora arrabbiatissima, dicendo che per colpa mia non riusciva a pregare”.
Bologna è congestionata nel centro storico e i posti buoni per fare cappello sono relativamente pochi, quindi la concorrenza, basata su presunte gerarchie, si fa sentire: “Arrivò una persona, apparentemente un tossicodipendente, sostenendo di avere il diritto di suonare in quel posto perché era più povero di me”.
Un’altra abilità che il musicista di strada deve possedere è quella della diplomazia con le forze dell’ordine. Grazie all’esperienza e ai consigli di un vigile, Amenta ha capito come deve comportarsi: “Rimango in un posto circa mezz’ora, poi vado da un’altra parte, così la gente non fa neanche in tempo a infastidirsi”. In questo senso la nostra città vive una delle situazioni migliori in Italia, benché non esista una vera e propria legislazione in materia di street art, essa è ancora tollerata. Non è così in altre città: “Vengo ora da Venezia, in cui sono andato per esibirmi in un ristorante, e mi hanno detto che lì da un po’ di anni non è più possibile fare cappello. In effetti in giro non ci sono più barboni né buskers, sembra di essere a Modena! E anche a Firenze è lo stesso”.
Per tanti la soluzione è quella di andare all’estero: “Molti miei amici musicisti vanno a Berlino e lavorano tantissimo. Là si suona ovunque, in strada e non”.
Il pianista della metro
Marciano Murgo, 32 anni, della provincia di Foggia, pianista, partecipa con Amenta al progetto Ligeia. Ha studiato al Conservatorio di Rodi Garganico senza finirlo, venendo rapito dalla passione per il jazz. Essendo quasi non vedente dalla nascita, riceve una pensione di invalidità che, insieme alla musica, gli permette di vivere.
Murgo ha voluto tastare con mano la bontà delle grandi città del Nord Europa vivendo dal 2000 al 2007 in uno squat a Londra e suonando nelle stazioni della metropolitana. “Quando sono arrivato in Inghilterra fare busking era tollerato, mentre adesso è legale, ma devi essere iscritto a una sorta di albo professionale, che è gestito da un’azienda di birra inglese, la Carling”. Gli aspiranti al titolo devono mettersi in coda per poter sostenere la prova di ammissione, che in pratica è una pura formalità. Una volta accordato il permesso, la ditta decide dove, quando e per quanto tempo il musicista potrà esibirsi. In cambio, alle spalle dell’artista sarà esposto un cartellone pubblicitario recante il nome del prodotto.
Tuttavia Murgo non ha mai partecipato alle audizioni, prendendo numerose multe che però non ha mai pagato: “A parte i controllori della metropolitana, che possono dirti di andartene, c’è lo staff della Carling che gira per le stazioni e che ti può multare”. Raffaele Amenta sottolinea: “Di fatto questa è un’operazione di marketing, ma rispecchia la tipica tendenza dei paesi europei del Nord a regolarizzare quello che succede”. Diversa è la nostra situazione: “A Bologna non si capisce mai se puoi suonare in strada: prima davano dei permessi, ma da un po’ di anni sembra che non succeda più”.
A un certo punto, senza una ragione precisa, il pianista decide di tornare a Bologna, dove svolge tuttora la sua attività, prevalentemente la mattina in via Oberdan. “In media guadagno quindici euro all’ora, ma dopo due ore non ce la faccio più. La gente potrebbe dire “prendi tanto per un’ora”, però faccio questo da tutta la vita… e poi perché i concerti non durano più di un’ora e mezza? Perché dopo impazzisci!”.
La banda che scalda gli animi
Nella tarda mattinata dello scorso 28 dicembre, una domenica, chi si fosse trovato a passare sotto le Due Torri avrebbe potuto assistere a un coinvolgente spettacolo di musica balcanica. Nevicava, ma la “Zastava Orkestar”, composta da quindici elementi divisi tra percussioni, fiati, ottoni e giocolieri, sembrava non rendersene conto. Anche il capannello di persone radunatesi davanti a loro scongiuravano il freddo e la neve ballando sui frenetici ritmi di grancassa, sax e trombe.
Cristina Santini fa parte della Zastava dal 2002, ha 24 anni, suona il sax soprano e, come tutti gli altri membri del gruppo, è maremmana, della provincia di Grosseto. Con le sue c e le t fortemente aspirate, racconta una disavventura dell’estate scorsa: “Volevo imparare a fuocare e, per errore, ho aspirato un po’ del cherosene che si usa per far uscire la fiammata dalla bocca. Ho tossito per giorni e giorni e per qualche mese non ho potuto fumare”. La banda, infatti, offre anche uno show di giocoliere e mangiafuoco che, secondo la Santini, fornisce una marcia in più: “Essendo in tanti e offrendo uno spettacolo così completo, in genere guadagniamo abbastanza bene: a Bologna abbiamo fatto 300 euro in un’ora, a Genova 680 in una giornata, che consiste in tre interventi di un’ora ciascuno”. Per convincere in maniera simpatica il pubblico a lasciare qualche moneta nel cappello delle offerte, il gruppo scherza con la gente, prendendola in giro bonariamente.
Cristina ricorda quella mattina del dicembre scorso a Bologna: “Eravamo sotto le vacanze di Natale e la gente, che usciva dalla messa serena e rilassata, era molto propensa ad apprezzarci. I bolognesi mi hanno stupito! Si sono fermati, ci hanno ascoltato e hanno riempito il cappello. Poi sono rimasti sotto la neve a battere le mani a tempo e ad applaudirci”.
L’immagine: un musicista di strada.
Luca Manni
(LucidaMente, anno IV, n. 40, aprile 2009)