Gli episodi che hanno “contornato” la Coppa America impongono alcune dure riflessioni su un carrozzone corrotto e diseducativo pagato da noi tutti. E qualche volta ci scappa il morto…
Si è appena conclusa la Coppa America, massima competizione calcistica per squadre nazionali sudamericane. Quest’anno a ospitarla è stato il Cile. Per la cronaca, hanno vinto proprio i padroni di casa, sconfiggendo in finale l’Argentina ai rigori (tempi regolamentarti e supplementari terminati 0-0).
Tuttavia, visto pure il gioco tutt’altro che esaltante espresso dalle squadre che vi hanno partecipato, contraddistinto da falli, scorrettezze, provocazioni, polemiche sugli arbitraggi e da alcuni episodi di contorno, forse l’edizione 2015 della coppa passerà alla storia per altro. Il cileno-juventino Arturo Vidal, alla guida ubriaco, si è scontrato con un altro automobilista distruggendo la propria Ferrari 458: ritiro della patente e obbligo mensile di firma presso il Consolato del Cile a Milano. L’astro brasiliano Neymar e il colombiano Carlos Bacca (da pochi giorni acquistato dal Milan), nella vergognosa rissa collettiva finale al termine di Brasile-Colombia, se le son date di santa ragione e sono stati espulsi dall’arbitro: quattro giornate di squalifica per il primo, due per il secondo.
Quarto di finale Cile-Uruguay: il cileno Gonzalo Jara avrebbe prima provocato Edinson Cavani, ricordandogli amabilmente i possibili vent’anni di galera che potrebbe scontare il padre dell’uruguayano, arrestato due giorni prima per aver ucciso con la propria automobile un giovane motociclista (deve essere pericolosissimo girare per le strade di quei paesi!). Poi, non contento, ha infilato il proprio dito nel posteriore del giocatore del Paris Saint Germain (già in forza a Palermo e Napoli) ed è cascato a terra simulando una reazione violenta dello stesso Cavani (del resto, il soprannome di questo è El Matador). L’arbitro, ingannato, ha espulso l’uruguayano; in seguito, però, sono state affibbiate tre giornate di squalifica allo scorrettissimo Jara. Ma una figuraccia era stata fatta in precedenza anche dallo stesso Cavani che, durante una conferenza stampa, aveva parlato della Giamaica come di un “paese africano”. Insomma, dieci in geografia.
Sulle auto di lusso o di grossa cilindrata distrutte, si potrebbe pensare: “Ma chi se ne frega? Pagano loro”. Peccato che spesso, negli incidenti automobilistici cagionati in modo criminale dai calciatori, perdano la vita persone innocenti. Il brasiliano Edmundo – passato pure da Fiorentina e Napoli – provocò tre morti e tre feriti gravi. Sintomatico il suo grazioso soprannome: O’ Animal. In una collisione determinata dall’argentino Hugo Campagnaro (El Toro), ex Napoli (ancora!: è un caso?) oggi all’Inter, perirono due persone dell’altro veicolo coinvolto, oltre a un amico che viaggiava sulla Toyota del calciatore. Talvolta sono i tifosi a uccidersi tra loro, come capita spesso tra i supporter di certe squadre argentine o brasiliane. Qualcuno potrebbe ritenere che si tratti di fenomeni relativi ai calciatori e ai fan latinoamericani, che, secondo i luoghi comuni, sono focosi e indisciplinati.
Peccato che anche in Europa non vada meglio. L’olandese Patrick Kluivert (una “dimenticabile” stagione pure al Milan; denunciato nel 1997 per stupro e assolto per insufficienza di prove) nel 1995 uccise ad Amsterdam un padre di famiglia. Causa? La solita: eccesso di velocità. Ma se la caverà con qualche ora di servizi socialmente utili, anche se in Olanda, in genere, per omicidio stradale si finisce peggio. E in Italia? Massimo Carrera, ex calciatore dell’Atalanta e assistente di Antonio Conte (oggi ancora indagato per il calcio-scommesse) prima alla Juventus, poi in Nazionale, è stato condannato con rito abbreviato a 2 anni e 6 mesi per duplice omicidio colposo. La notte di Capodanno del 2011, lungo l’autostrada A4, tra Dalmine e Bergamo, travolse con la sua Mercedes l’auto di due ragazze di 23 anni, ferma per un precedente tamponamento. Anche l’eterno “oggetto misterioso” Mario Balotelli si è distinto più per le bravate e le squadre che l’hanno silurato che per i gol in campo. Si potrebbe continuare per secoli. Ma andiamo oltre.
La stragrande maggioranza di questi “eroi” del XXI secolo esibiscono orrendi tatuaggi che ricoprono quasi tutto il corpo. Una volta segno distintivo di galeotti e delinquenti, oggi “must” anche per leggiadre signorine. A proposito, ogni calciatore di grido si accompagna con stelline, subrettine, modelle, dai tratti e dagli stili alquanto “dubbi”. Non si contano, poi, per i calciatori, le accuse di stupro, rapporti sessuali con minorenni, orge, droga… per non dire delle belle compagnie di prostitute e transessuali. Limitandoci all’Italia, vogliamo parlare anche di becere tifoserie, con risse pure mortali, di partite comprate (l’odierno “scandalo Catania”), con annesso sporco giro di scommesse, di società fallite (i casi recenti più clamorosi sono quelli di Siena, Padova e soprattutto Parma), di continue inadempienze finanziarie (con penalizzazioni che rendono le classifiche una sorta di elenco di temperature di località siberiane), delle “cadute di stile” di massimi dirigenti nazionali su africani e “calciatrici lesbiche”?
Su tutto questo si aggirano come avvoltoi le televisioni. Ed ecco interviste ripetitive, nel corso delle quali il calciatore o l’allenatore di turno non dicono alcunché, se non banalità scontate. Telecronache urlate. Polemiche montate ad arte. “Movimenti di mercato” che durano tutto l’anno, a uso e consumo di ridicole trasmissioni televisive con altrettanto discutibili “giornalisti”, col loro codazzo di “procuratori”, “agenti”, “esperti di mercato”, scommettitori.
Perla delle perle i casi corruzione che investono la Fifa (la federazione mondiale del calcio) ai massimi livelli, con il suo capo-padrone, lo svizzero Joseph Blatter, che al momento non si sa se si sia dimesso o meno. L’indagine giudiziaria è partita dagli Stati uniti, con richiesta di arresto di parecchi “big” del massimo ente calcistico del pianeta. L’inchiesta getta molti dubbi sulla regolarità dell’assegnazione dei prossimi mondiali alla Russia (2018) e al Qatar (2022). Scandalosa, a prescindere dalla compravendita dei voti, è stata la scelta di far disputare i mondiali in questo stato musulmano, semidesertico (ma zuppo di petrolio), sospettato di finanziare i terroristi islamici (vedi Tavecchio è razzista, il Qatar è un paradiso). Ogni giorno vi muoiono o subiscono gravi infortuni i lavoratori immigrati impegnati nella costruzione delle strutture calcistiche, trattati come veri e propri schiavi, secondo la buona tradizione maomettana.
Forse pochi sanno che siamo noi tutti a pagare, da Blatter in giù, il pianeta-calcio: anche chi non va allo stadio, non si abbona alle pay-tv o non acquista costose magliette e gadget vari. Come? Attraverso gli sponsor, la pubblicità, ecc. Domanda finale per il lettore: perché dobbiamo continuare a mantenere questo volgare carrozzone di gente corrotta, viziata, violenta? Quale messaggio “educativo” viene trasmesso a bimbi, ragazzi, giovani? Come si afferma volgarmente, mandiamoli a lavorare! Ve lo dice un vecchio appassionato di football.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno X, n. 115, luglio 2015)