Nell’anniversario della sua morte, un simbolico messaggio a chi ha difeso la cultura e la civiltà occidentale e italiana, i suoi principi e valori. E oggi va ancor peggio…
Il 15 settembre di otto anni fa, a Firenze, dopo una lunga lotta col cancro, moriva Oriana Fallaci. La giornalista e scrittrice era nata, sempre nello stesso capoluogo toscano, il 29 giugno 1929. Nell’anniversario della sua scomparsa, la lettera che segue, scritta dal direttore di LucidaMente, intende essere non solo un omaggio a un’italiana coraggiosa, ma anche la ripresa delle sue denunce civili, soprattutto quelle fatte nell’ultima parte della sua vita.
Cara, antipaticissima, insopportabile, coraggiosa Oriana, scusami se ti do del “tu”, come facevi tu stessa quanto ti rivolgevi ai tuoi milioni di lettori. E perdonami se ti disturbo: sarai anche ora alle prese con centinaia di disordinati appunti per un “pezzo” o un libro. Sono passati otto anni dalla tua morte e ci manchi. Non solo tu come persona, non solo i tuoi libri – certo non tutti e non totalmente condivisibili però di sicuro ispirati dalla libertà di pensiero –, ma soprattutto il tuo coraggio in difesa dei principi e dei valori della nostra cultura e della nostra civiltà. Occidentale, europea, italiana.
Se tu fossi ancora viva, potresti vedere di persona come le tue considerazioni, le tue riflessioni, le tue denunce, siano oggi più attuali che mai, e le tue previsioni persino meno pessimistiche della realtà che stiamo vivendo. Per di più, soprattutto gli italiani stanno attraversando una crisi economica atroce dalla quale non si vede via d’uscita. Svendiamo a stranieri aziende e marchi famosi, e persino la compagnia aerea di bandiera. Miseria che aggrava la situazione che hai descritto, in particolare coi pamphlet La Rabbia e l’Orgoglio (2002) e La Forza della Ragione (2004). Per il resto, il quadro mondiale e italiano non ha fatto che peggiorare. Il terrorismo, il fanatismo, l’integralismo, il fondamentalismo, avanzano. Non solo in Afghanistan, ma anche in Siria, in Pakistan, in Libia, in Egitto, in Tunisia, in Palestina, in Turchia, nell’Africa subsahariana, nell’Africa nera, i loro gruppi sono in grado di vincere le “elezioni” o di costituirsi come gruppi armati, rinforzati pure da residenti in paesi occidentali, tra i quali l’Italia, che li hanno cresciuti e gli hanno fornito scuola, casa, lavoro, sanità (se ne occupa l’Espresso con l’articolo Allarme sicurezza: ecco i terroristi della porta accanto). Addirittura in una parte della Siria e dell’Iraq “liberato” dagli Stati uniti e dai loro alleati si è costituito un sultanato che massacra, devasta, perseguita, schiavizza. Non si contano i morti e i fuggitivi.
L’Unione europea è sempre più debole, soprattutto in politica estera, e viene vista dai suoi cittadini come un’entità soltanto economico-finanziaria e comunque lontana da loro. La politica italiana è, se possibile, ancora peggiorata. La destra è sempre quella, affarista, con pochi ideali, demagogica. Il centro è al solito ipocritamente cattolico, bigotto, opportunista. Come denunciava Giacomo Leopardi, gli italiani mancano di «virtù civiche»; il cattolico ancor di più: è abituato da sempre a farsi gli affari suoi, anche quando massacrano altri cristiani. E, forse, prova quasi ammirazione verso chi conserva tanta “fede” fanatica dal sapore medievale. La sinistra è eternamente spocchiosa, arrogante, ideologica, cieca. Tutti insieme, sono facce della stessa medaglia. D’altra parte, per tutti gli italiani, la politica è da sempre “una cosa sporca”, “una cosa di cui non si parla”: causa o effetto della realtà? Inoltre, com’è noto, gli italiani votano dove tira il vento e si accomodano sempre sul carro del vincitore.
I “progressisti” son sempre bravi ad attaccare giustamente la Chiesa cattolica su pedofilia, diritti degli omosessuali e delle coppie di fatto, eutanasia, laicità, diritto alla maternità consapevole. Lo fanno duramente. Così come criticano giustamente il disumano sistema capitalistico che ci sta affamando. Allo stesso modo ce l’hanno a senso unico con gli Usa e con Israele. E magari coi violentissimi maschi occidentali. A ogni uccisione di donne (il cosiddetto “femminicidio”, delitto orrendo, ma in costante calo e più frequente fra gli stranieri), le neofemministe bipartisan, dopo aver ottenuto tutto il possibile sul piano dei diritti, attaccano gli ometti dell’Occidente, non scorgendo nell’appartamento di fronte al proprio, sugli autobus, al supermercato, altri maschi barbuti con delle mogli – magari più di una – al guinzaglio. Gli animalisti ce l’hanno giustamente con vivisezione, maltrattamenti delle bestie, diete a base di carne, ma non manifestano mai di fronte a macelli “particolari”, nei quali si sgozzano lentamente gli animali, goccia a goccia. Persino i militanti antimafia possono giustamente manifestare senza molti rischi contro i delinquenti che hanno massacrato l’Italia, ma tacciono sulle mafie straniere che dilagano sul nostro territorio.
Ma sai perché protestano solo verso una parte? Perché gli è giustamente permesso nella nostra società liberale e democratica, senza rischiare alcunché. Non succede niente di male se scrivono, contestano, manifestano. Invece tacciono su chi nei nostri paesi, oltre che in tante altre parti del pianeta, soggioga le donne come schiave, ucciderebbe all’istante gli atei, i libertari, gli omosessuali, se appena questi avessero la follia di manifestarsi come tali, pratica l’infibulazione e la clitoridectomia, maltratta gli animali e li macella con sofferenze atroci e spietate, e, soprattutto, non concepisce, non dico la libertà di espressione, ma neppure quella di pensiero.
E, come è successo a te, Oriana, se ai benpensanti della politica e dell’“intellighenzia” si cerca di aprire gli occhi, si è criminalizzati, ridicolizzati, emarginati… Spocchiosi, arroganti, maligni, nati col complesso di superiorità, non argomentano sulle idee o sui fatti o sui dati (perderebbero), ma attaccano persone dal pensiero libero con sorrisetti di compatimento, con insulti e accuse di razzismo o peggio… Questo capita a chi non si conforma al pensiero unico del “politically correct” e della “discriminazione positiva”. E, come diceva John Stuart Mill, il conformismo è il maggior nemico della libertà. Hanno sugli occhi delle belle fette di prosciutto – finché sarà possibile e la carne di maiale non verrà bandita per tutti – e, pur non avendo mai lavorato in vita loro, se ne stanno nei salotti e nei quartieri bene, dove la miseria della realtà non arriva, perdendosi nei “discorsi da portare avanti”, “non è questo il momento”, “non è così che…”, “il problema è ben altro”, “bisogna approfondire…”, “c’è di più”, “occorrono strumenti”, “nella misura in cui”, “a monte”, “a valle”, “in ultima analisi”, “una pausa di riflessione”… Quelli che sono definiti da loro “razzisti” magari si sono mostrati generosi, accoglienti e solidali, in ogni caso vivono a contatto diretto con i poveracci; loro, i “buoni”, non hanno mai mosso un dito di persona, vivono distanti dalle realtà del degrado. Nella pratica, sono loro i “razzisti” verso gli stessi italiani.
Tu scrivevi del tuo amore – che è anche il mio – per le vette civili e culturali raggiunte dalla nostra civiltà, per la sua arte, musica, filosofia, letteratura, cinema. I frutti di un percorso difficile, non lineare, spesso interrotto, costituito dalla somma e interazione di Civiltà greca, Civiltà romana, Cristianesimo, Umanesimo-Rinascimento, Illuminismo, Romanticismo, Scienza, battaglie sociali, lotte sanguinose a dittature e totalitarismi. Insomma, ciò che ci caratterizza e che LucidaMente ha inteso difendere, fin dalle intenzioni programmatiche del primo editoriale.
Sai, però, purtroppo, qual è l’amara verità? Che di Platone, di Aristotele, di Erasmo da Rotterdam, di Spinoza, di Schopenhauer, di Nietzsche, non frega niente a nessuno. Di Beato Angelico, di Piero della Francesca, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Raffaello, di Tiziano, di Vermeer, non frega niente a nessuno. Di Mozart, Beethoven, Verdi, Mahler, Stravinskij, Bartók, non frega niente a nessuno. Di Dante, Ariosto, Shakespeare, Goethe, Leopardi, Tolstoj, Kafka, Proust, Joyce, Borges, non frega niente a nessuno. Di Lang, Bergman, Fellini, Tarkovskij, Kubrick, Lynch, non frega niente a nessuno. Neanche e soprattutto ai leghisti, che, nella loro stragrande maggioranza, non credo abbiano mai letto-ascoltato-visto un’opera dei suddetti. Gli europei e gli italiani sono ormai una popolazione imbelle, senza un’anima, senza coscienza delle proprie radici e della propria cultura. Polli d’allevamento soddisfatti e contenti di mangiare, di vedere una partita di calcio, di uscire il sabato sera. E basta. Talmente rassegnati, da ridacchiare e attendere pazienti anche quando fanno otto o più ore di fila a un “pronto soccorso”. Pecoroni. I giovani? Come dicevi tu, sono «viziati dal benessere e dalla scuola e dai genitori».
Gli italiani sono ormai rincoglioniti, oltre che dall’angoscia per il loro futuro – o, per meglio dire, presente – economico, da programmi-spazzatura televisivi, da orrendi tatuaggi e piercing, da cellulari riempiti di vacue conversazioni, da social network usati in modo altrettanto idiota, da selfie, da stupidi giochini telematici, da internet che ha sostituito del tutto la già scarsa lettura di libri e giornali. È la lettura su carta che fa riflettere, forma le coscienze, fornisce una salda preparazione culturale. Quella su video è sempre frammentaria, veloce, superficiale. Eppure, pensa un po’ tu, Oriana, il Ministero dell’istruzione – Istruzione o Ammaestramento? – incoraggia nelle scuole “di ogni ordine e grado” l’uso dei personal computer a scapito del vecchio, sano libro. Gli italiani di oggi, vecchi e giovani, non sanno leggere, sono ignoranti, sono passivi. Sono dei fantocci. È pur vero che la Storia, compresa quella del pensiero, l’hanno sempre fatta delle eroiche minoranze, ma oggi rischiamo che non si formino più manco quelle.
Inoltre, c’è paura. Paura a dire la verità. Non solo perché i sacerdoti del “politicamente corretto”, come si è visto, salterebbero addosso a ogni voce fuori dal coro e – come denunciavi tu, Oriana – hanno persino creato leggi illiberali contro le presunte “discriminazioni” o contro il “razzismo” verso chi, in realtà, davvero discrimina ed è totalmente intollerante, vittimista, prepotente, e non ne vuol sapere non dico di “integrarsi”, non dico di accettare, ma neanche di avere alcun contatto – “contaminazione” – culturale con la nostra civiltà giuridica, con le varie dichiarazioni a tutela dei diritti umani. Vale a dire il frutto di drammatici avvenimenti che ci sono costati immani sacrifici umani e milioni di morti, ma ci hanno recato la libertà, la tolleranza, il progresso. Ma c’è paura anche della “condanna a morte” che può essere promulgata. Me l’ha candidamente confessato pure un mio amico cattolico, convintissimo della propria fede. E se non difendono il proprio cattolicesimo i “credenti”, ne hanno timore in casa loro, cosa possiamo sperare? Non è forse significativo che negli ultimi dieci anni, tra i pochi a sbraitare in difesa dell’Italia e della sua cultura, siano stati un’«antica signora», per di più malata di cancro, come te, Oriana, e un (discutibile?) giornalista straniero, convertitosi (vedi Magdi Allam: «Ho seguito ciò che sentivo dentro») e oggi deferito al Consiglio di disciplina nazionale dell’Ordine dei giornalisti per avere espresso le proprie opinioni a mezzo stampa (vedi Magdi Cristiano Allam, chiedi perdono!), secondo quanto garantito dalla Costituzione italiana e da tutte le dichiarazioni dei diritti umani e civili!
Eh, sì, poi servono anche le esperienze personali, che, se non si è completamente rimbecilliti dal politically correct del “è la loro cultura!”, fanno aprire gli occhi e la mente. Con molta gente non si comunica in quanto non ascoltano. No, non è che non capiscono l’italiano, proprio non ascoltano. Rispondono per i fatti loro. Anche se si parla di calcio o del tempo che fa. Sono sempre pronti a chiedere dei favori, a sfruttare la disponibilità altrui, ma spesso, se si chiede una cortesia, non possono mai dare una mano. Infine, mi è capitato di scambiare opinioni con altri italiani, o di scrivere che, a mio modesto parere, certi paesi potranno essere considerati civili solo se e quando vi saranno pure sul loro territorio libere e non perseguitate associazioni di donne, laici, atei, agnostici, femministe, gay, come in tutto l’Occidente. E, magari, gli animali non saranno considerati “impuri”.
Ed ecco che, non interpellati, si svegliano irosissimi (e sanno anche usare le parolacce, che per loro dovrebbero essere proibite): “Da noi questo non avverrà mai, sono cose di m…!”. E, a livello di intolleranza, le donne sono anche peggio degli uomini, a dimostrazione che, in una sorta di sindrome di Stoccolma, la vittima si immedesima al quadrato col proprio carnefice. Inoltre, cara Oriana, come prevedevi – e non era difficile farlo –, lo squilibrio demografico tra chi fa 5 figli a coppia e chi 1,5 o meno è sempre più palese e foriero di conseguenze che solo gli stolti non vogliono vedere. Come avrai notato, in questa mia letterina, sono stato “bravo”: non ho mai usato una parola che sia una che si riferisse all’…
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno IX, n. 105, settembre 2014)
Carissimo Rino,
sei coraggioso!! Ammiro il tuo coraggio e certo non dovrebbe esserci bisogno di coraggio per esprimere il proprio libero pensiero, ergo, qualcosa non va!! Però, diamine, c’è stato spesso bisogno di coraggio per poter esprimere liberamente il proprio pensiero! La novità è che sono “forze” esterne che attaccano questo inalienabile diritto della Persona.
Mi colpì leggere, anni fa, in un libro di Oriana la frase:
“sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria!!!
Cara Maria Laura,
grazie per l'”encomio” (spero non funebre).
Non sei la prima che parla di “coraggio” a proposito dei miei articoli… allora, come dici tu stessa, se ci vuole coraggio a dire la verità, la situazione è davvero grave… mi toccherà essere tra i primi giornalisti sgozzati in Italia?
Purtroppo la gente è sorda e preoccupata da altro. E mi addolora il silenzio delle stesse donne, le prime discriminate e umiliate.