Intervento del delegato della Uil-Fpl di Bologna, Stefano Di Petta, sulla tematica “Unione dei Comuni”
Tanti sindaci ne avevano tessuto le lodi con grande dispendio di parole, molti direttori generali (oggi si dovrebbe dire “city manager”) ne avevano parlato come una sorta di prodigioso rimedio curativo per i mali degli enti locali… Fatto sta che ad oggi le Unioni dei Comuni si trovano in una fase di ristagno e più di qualcuno inizia a ripensarci.
Come mai tale innovazione di gestione territoriale che, effettivamente, sulla carta doveva generare condivisione delle competenze, miglioramento del problem solving, aumento delle risorse umane e altro, oggi si trova in una situazione che, laddove non ha generato nuovi problemi, non ha comunque mutato le criticità? Dove possiamo ritrovare quello sperato risparmio di soldi pubblici se anche la Corte dei Conti definisce le UdC un «poco efficace metodo di razionalizzazione della spesa»? Presto detto: unificare dei servizi e accentrare degli uffici e del personale, ma mantenendo una molteplicità di direttive politiche attraverso la creazione di giunte di sindaci – le Unioni sono enti di secondo grado – nelle quali, com’era prevedibile, ogni amministratore cerca in tutti i modi di mantenere la propria indipendenza politica e soprattutto il proprio tornaconto territoriale e quindi elettorale, produce, e produrrà, esclusivamente ciò che io definisco “schizofrenia amministrativa”.
Caso esemplificativo sono i corpi di Polizia locale formatisi in molte di queste Unioni: radunare tutti i servizi di Pl in un’unica struttura con un unico comando, per poi seguire le indicazioni di 5, 6 o addirittura 10 diversi amministratori, crea continue difficoltà sul buon andamento dell’attività e quindi sul lavoro stesso degli operatori, che si trovano davanti a diverse politiche da portare in essere, diverse regolamentazioni e diverse volontà.
Pertanto, oggigiorno, ci ritroviamo interi servizi pubblici intenti a lavorare spesso a rilento a causa della mancanza di processi decisionali, conseguenza di uno stallo politico, con evidenti e chiare ricadute sulla qualità offerta ai cittadini. Sono queste le risultanze dell’obbligatorietà imposte agli enti locali dalla normativa nazionale e regionale, ma, ancor di più, sono le risultanze dell’aver delineato le Unioni come una struttura amministrativa senza la possibilità di avere una conduzione unica se non al prezzo di una omogeneità politica che porta inevitabilmente al ridimensionamento, verso il basso, del pensiero e delle volontà di alcuni amministratori, magari di comuni di minori dimensioni, rispetto alle scelte di altri sindaci di enti più grandi o maggiormente sorretti dalle proprie strutture politiche.
Stefano Di Petta – delegato Uil-Fpl (Federazione poteri locali) di Bologna
(LucidaMente, anno X, n. 117, settembre 2015)