Una perla di John Carpenter, un film nel film, una “mise en abyme”: “Incubo mortale”, per la serie Masters of Horror
Da parecchi mesi Rai Movie sta trasmettendo, a ora tarda, e a più riprese, le intere serie di due “collane” di film horror: la spagnola Film per non dormire (Peliculas para non dormir) e la statunitense Masters of Horror, creata da Mick Garris.
Diciamo subito che in entrambe le serie le opere sono firmate da notevoli nomi del cinema di genere e non solo. Ad esempio, per la collana americana, Dario Argento, Larry Cohen, Don Coscarelli, Joe Dante, Guillermo Del Toro, Stuart Gordon, Tobe Hooper, John Landis. E non ci sembra poco. Questo non significa che tutti i film delle due serie siano bellissimi: al contrario, sono diseguali, e si alternano lavori molto belli ad altri che sembrano quasi girati di malavoglia e che, comunque, appaiono piatti e senza creatività rispetto ai soliti schemi horror. In questa sede ci sembra doveroso segnalare due piccoli capolavori, uno per serie: La stanza del bambino (La habitacion del niño, 2006, di Alex de la Iglesia) per Film per non dormire e Sulle tracce del terrore (assurdo tale titolo italiano; l’originale è Imprint, 2006, di Takashi Miike) per Masters of Horror. Nel primo sono presenti i temi del “doppio” e degli universi paralleli; nel secondo – da non perdere – ritroviamo quello delle molteplici, possibili verità (richiami a Rashōmon, 1950, di Akira Kurosawa), ma, soprattutto, l’opera è caratterizzata da un estremo grado di rappresentazione di degrado, mostruosità, atrocità e crudeltà.
Su tutti, consigliamo, però, la performance di John Carpenter per Masters of Horror: Incubo mortale. E anche in questo caso gli italiani si caratterizzano per rovinare o banalizzare il titolo originale, che, in realtà, è Cigarette Burns (2005, con Norman Reedus, Udo Kier, Gary Hetherington, Christopher Britton, Zara Taylor). Proprio il titolo originale va chiarito perché ci introduce nel mistero della vicenda rappresentata nel film. Bruciature di sigaretta (cigarette burns) è infatti il termine gergale per designare quei cerchi neri, simili a delle bruciature, che apparivano nei vecchi film per segnalare al proiezionista che una bobina stava terminando e bisognava sostituirla con un’altra.
Kirby Sweetman, cinefilo, nonché gestore indebitato di un cinema, viene incaricato da un ricco collezionista di trovare, per un sontuoso compenso, una copia della “pellicola maledetta” La fin absolue du monde di Hans Backovic, proiettata a Sitges nel 1971, nel corso del Festival del Cinema fantastico della Catalogna, con deliranti e devastanti conseguenze di violenza tra il pubblico. Il prosieguo del film è un’allucinante discesa negli abissi e nelle profondità dell’inconscio e del perverso, al di là di ogni limite. Oltre al tema della mise en abyme, del film che racchiude un altro film (anzi, certamente La fin absolue du monde predomina sulla cornice narrativa che lo contiene), Cigarette Burns è un apologo sulla fascinosa potenza visionaria del cinema, sulla sua fatale attrazione. Certamente, le scene splatter a molti appariranno eccessive, ma il ritmo del film, la sua disagevole armonia, il riuscito procedimento narrativo della recherche, rendono l’opera imperdibile, e non solo per gli amanti del genere.
Carpenter pare riuscire a offrire il meglio di sé nella rappresentazione dell’implacabile distruzione della tranquilla normalità, nell’avanzamento del delirio, dello sfacelo, dell’incubo che via via prevale sulla realtà, nel disvelamento di un mondo allucinatorio e incontrollabile, un magma che scorre per territori indefinibili, mentre tutto intorno è buio, deriva, orrore. Gli stessi procedimenti formali e narrativi, infatti, con la progressiva immersione in un’alterità febbricitante, angosciosa e di pena, sulla quale l’uomo non ha più alcun controllo e in cui prevale la violenza dell’uno sull’altro, erano presenti in alcune delle sue opere più riuscite, come Halloween, la notte delle streghe, 1977: Fuga da New York, La cosa, Il seme della follia, Essi vivono. In tempi in cui mancano, nei generi fantastici, tali inquietanti trasalimenti, non possiamo che essergli grati.
Rino Tripodi
(LM MAGAZINE n. 19, 19 settembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 69, settembre 2011)
Comments 0