Nella propria silloge “Perché non cento?”, edita da Augh!, il fiorentino Alessandro Pagani si diverte e gioca con le parole
A noi di LucidaMente piacciono i calembour e i giochi fonetici. Pertanto non potevamo lasciarci sfuggire la singolare e divertente raccolta poetica di Alessandro Pagani. Il titolo del libro è Perché non cento?, edito da Augh! (Prefazione di Vincenza Fava, pp. 116, € 9,90). La pubblicazione include novantanove poesie atipiche legate tra loro attraverso giochi di parole, calembour, rime, anagrammi, versi liberi e assonanze fonetiche. Nel complesso, una ricerca di forme di scrittura caratterizzate da guizzi romantici, concessioni goliardiche e nuovo linguaggio poetico. Del resto, Pagani è fiorentino e, pertanto, congiunge il proprio percorso underground (anche come musicista) alla dissacratoria tradizione poetica toscana. Di seguito, per gentile concessione della casa editrice, ecco quattro esempi tratti dalla iconoclastica silloge.

Sarda: alice degli dei.
Io bove Cerco un verso diverso ma di vero so niente io mi vesto d’inverno estroverso vivente voi venite e vi verso un voler sovversivo se mi vedi vedrai il veder diversivo che di versi vo a dirvi eversivo è il Pio Bove. Voglio viver di verde,e del ver dirvi il dove.

non sarai più lo stesso.
Cast a man Effimera eri ma ferma e fiera come cometa amica a metà sfera: “Amate e temete, ciò che tremate”! Ciocche di materia a stelle legate, ma te ria e bella cadesti in odio, e destino di Dio, mancasti il podio. D’oppio e man casta si fan tua scienza,il resto siamo noi:
(g.b.)
(LucidaMente, anno XI, n. 125, maggio 2016)