Il saggio “Il femminismo inutile” (Rubbettino Editore) di Annina Vallarino mette in luce il vittimismo, la sessuofobia, l’ideologizzazione, i neologismi totalitari, le contraddizioni, l’elitarismo e molto altro che caratterizza l’intollerante ondata woke rosa proveniente soprattutto dagli Usa
Negli ultimi anni prevale sempre di più la sensazione di essere assediati da una follia ideologica di stampo estremista, fanatica, intollerante. La si chiami come si vuole: politicamente corretto, pensiero unico, woke, cancel culture, oicofobia… Questa percezione di straniamento non riguarda solo i maschi (leggi La crisi dell’universo maschile secondo Éric Zemmour). Tanto peggio se occidentali, autoctoni, bianchi, cristiani, eterosessuali, sposati, con figli e magari di orientamento politico-culturale conservatore, odiatissimi dagli squadristi del nuovo totalitarismo.
Un saggio documentatissimo
Il disorientamento colpisce anche chi non rientra in tali pur rispettabili categorie. E la maggioranza delle stesse donne. C’è infatti da chiedersi se queste ultime, che, peraltro, in Occidente hanno raggiunto una sostanziale parità giuridica, sociale e culturale con l’altro sesso, stiano meglio, anche psicologicamente, rispetto a qualche anno fa. Tempi ormai lontani, nei quali non ci aveva ancora travolto con la sua violenza – non solo verbale – pervasiva e inarrestabile l’aggressiva ondata ideologica gender, #MeToo, lgbtqia+. Sguaiata valanga supportata dai cosiddetti «studi di genere», con corredo di lessico da orwelliana neolingua, con neologismi quali «intersezionalità» (sic!) e «transfemminismo» (ancora sic!), ecc. Tutto, in origine, proveniente dal mondo anglosassone e strombazzato dai media.
È una delle tante domande, tra le altre, che si pone Annina Vallarino nel suo saggio controcorrente Il femminismo inutile. Vittimismo, narcisismo e mezze verità: i nuovi nemici delle donne (Rubbettino, Soveria Mannelli 2024, pp. 176, € 16,00). Un’opera documentatissima, con centinaia di episodi e citazioni tratti dalla bibliografia femminista (antica e recente, con relativi contrasti al suo interno, soprattutto negli ultimi tempi) e non solo.
Il libro si divide in tre parti. La prima (La donna fragile) è incentrata sulla denuncia del vittimismo della cultura neofemminista. La seconda (La paura del sesso) sul pericolo che la «cultura dello stupro» conduca a un nuovo bigottismo sessuofobico. La terza (I nuovi credi) sul fanatismo ideologico imperante.
Vittimismo e «deriva elitaria e superficiale del femminismo post moderno»
Dunque, nella prima parte del suo saggio la Vallarino evidenzia quelli che lei stessa definisce «il femminismo degli affari marginali» e «l’industria della sofferenza». Vale a dire non porre l’attenzione su argomenti davvero vitali sul piano sociale e riguardanti l’effettiva discriminazione delle donne (specie nei Paesi non occidentali), bensì su tematiche che, scrive l’autrice, «in un’altra epoca sarebbero state definite periferiche». Pertanto, ecco le neofemminsite fissarsi su aspetti secondari, quali il linguaggio politically correct, con tutto un contorno di vittimismo e piagnucolosità.
Eppure, nel 1906 Emma Goldman, rivoluzionaria anarchica, aveva scritto: «La condizione delle donne non cambierà finché non smetteranno di vedere se stesse come vittime». La Vallarino fa risalire la «deriva elitaria e superficiale del femminismo post moderno» ai campus nordamericani della fine dello scorso secolo.
La «cultura dello stupro» e, soprattutto il voler annullare ideologicamente e in un attimo le ancestrali differenze sessuali e psicologiche uomo-donna maturate nei millenni, hanno condotto non a una liberazione sessuale e a un paritario rapporto uomo-donna, ma a maggiore sfiducia tra i sessi, sessuofobia e infelicità.
I rapporti sessuali sono diversi, per l’uomo e per la donna
Infatti, nella seconda parte del suo libro, la saggista spiega chiaramente come si sia arrivati a equivoci su equivoci, tutti nati dal non considerare alcuni fattori naturali. Il neofemminismo è partito dall’assunto – o dogma? – che le differenze di comportamento e sensibilità tra i sessi siano mere costruzioni sociali e che le donne possono emulare senza alcuno scotto alcuni comportamenti maschili, anche in ambito sessuale.
In realtà le differenze non sono solo anatomiche, ma consistono anche nel diverso modo di interpretare le relazioni amorose e sessuali. Sembrano banalità, ma, quando l’ideologia rende ciechi, bisogna ribadirle: gli uomini sono «più inclini ai rapporti sessuali occasionali», le donne pensano a una relazione a lungo termine. È la naturale «teoria dell’investimento parentale»: per una donna un rapporto sessuale può significare una gravidanza di nove mesi, quindi riflettere se farlo o no e selezionare un partner “fedele”, “sano”, “forte-protettivo”, significa programmare un progetto di coppia vitale per la sopravvivenza della prole e della stessa donna. Per un uomo il sesso con più partner è vissuto con più leggerezza e risponde al bisogno atavico del proseguimento della specie.
L’ideologia annulla ipso facto tali differenze, fingendo che non esistano i pericoli di brutti incontri, ma pensando idealisticamente che ci siano diritti indiscutibili da prendersi sempre e ovunque. Il che sarebbe certamente legittimo e meraviglioso, ma è utopistico nel mondo reale e pericoloso se tali concetti si immettono acriticamente nella mente di una ragazzina. Vestirsi come si vuole in ogni circostanza, potere, senza alcun pericolo, uscire con persone sconosciute a qualunque ora, avere rapporti sessuali occasionali senza futuro, significa essere slegati dalla realtà e non sapere che si cresce pure «imparando come muoversi del mondo con consapevolezza e prudenza». E col buonsenso, che, ormai, sembra essersi perso in ogni campo.
Il fanatismo ideologico, la neolingua e la sottomissione al capitalismo
Nella terza parte de Il femminismo inutile, la Vallarino mette a fuoco alcuni dei più estremistici assunti ideologici neofemministi. Ad esempio che gli uomini, tutti affetti indifferenziatamente, anche i grandi eroi della Storia, da mascolinità tossica, vadano rieducati. Una sorta di nuova inquisizione, Intanto è invalso l’uso di neologismi sfornati a getto continuo, come quello appena citato.
Un altro è «intersezionalità», che indica come le diverse forme di discriminazione e oppressioni […] si intersechino e si accumulino, producendo complessi schemi di ingiustizia». Tutto interessantissimo. Peccato che si parli di «genere, razza, classe, orientamenti sessuali, disabilità e altre identità» e mai delle ingiustizie più macroscopiche e atroci che esistono al mondo: quelle sociali, ovvero la povertà e lo sfruttamento.
Ma, per combatterle, occorrerebbe mettere in discussione e contestare capitalismo neoliberista, sistema finanziario, globalizzazione, economia, dominio delle élite, mass media e mondo della cultura asserviti. E questo il neofemminismo non lo fa mai, essendo anche esso un prodotto del sistema di Potere (Come recuperare un sano rapporto uomo-donna? Combattendo l’ideologia dominante).
Un femminismo tossico?
Così come, infatti, è tabù anche parlare della condizione delle donne nei Paesi islamici e all’interno della religione maomettana.
Ma c’è di più. Il transessualismo estremista ritiene che i genitali non contino e, quindi, neppure le donne, ma che ogni persona possa definirsi legalmente nel genere nel quale si identifica, a prescindere dal sesso originario e da eventuali interventi psicoterapeutici, ormonali, chirurgici. Il peggio è che ogni dibattito su questo punto, come su tutti gli altri su cui ci siamo brevemente soffermati in questa nostra recensione, è reso impossibile dall’aggressività, dalla chiusura mentale, dall’intollerante ottusità woke.
In conclusione, dopo aver letto il saggio della Vallarino, verrebbe da dire che non bastava la femminilità tossica che, a nostro parere, non è quella delle donne che vogliono apparire belle, aggraziate, affascinanti, sensuali, femminili, sensibili – che male c’è? – quanto piuttosto quella delle donne in perenne conflitto col mondo, specie maschile, aggressive, poco curate, volutamente antipatiche e odiose, a volte vere e proprie virago. Ora abbiamo anche il femminismo tossico.
Interviste consigliate
Su Il femminismo inutile Annina Vallarino è stata intervistata da Maurizio Caverzan («Sono le donne le vere vittime del neofemminismo» in Panorama, n. 29, 10 luglio 2024). Sugli stessi argomenti, e con posizioni analoghe, si può leggere pure la di poco precedente intervista dello stesso Caverzan ad Annamaria Bernardini de Pace («Le femministe sono nemiche delle donne», in Panorama, n. 27, 26 giugno 2024), avvocato specializzato in Diritto della persona e della famiglia, già radicale, che parla di «femminocrazia».
Le immagini: copertina del libro; Annina Vallarino (da Panorama.it); a uso gratuito da Pexels (autrice Tima Miroshnichenko).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)