La polemica col “Corriere della Sera” on line e il nuovo modo di vendere il proprio corpo
Luglio è stato un mese di matrimoni, soprattutto per le star. Stiamo parlando in questo caso di Chiara Ferragni, e del suo addio al nubilato che ha fatto un po’ discutere. Non per le prodezze della nota blogger, ma per la sua forma fisica. Il Corriere della Sera online ha infatti pubblicato un articolo nel quale la giovane è stata definita un po’appesantita («cinque chili guadagnati con la maternità»).
Sulla Ferragni si potranno esprimere molte critiche o perplessità, ma non si può mettere in dubbio il suo gradevole aspetto fisico. L’articolo del Corriere parla dei chili messi su per la gravidanza non ancora smaltiti che, Chiara si affretta a dire, «perderà con calma» (parole del Corriere). La giovane ha così postato su Instagram le foto con le amiche e un commento personale in cui spiega che è abbastanza grave far passare un messaggio sbagliato come quello espresso dal quotidiano on line, per di più un media di rilievo in Italia. Definisce la reazione del giornale body shaming (un tentativo di umiliare, far vergognare qualcuno del proprio corpo). Potrebbe quasi essere considerato cyberbullismo. Siamo nel 2018 e sono passati nove anni dal documentario di Lorella Zanardo, Il corpo delle donne, manifesto che ha fatto da spartiacque per una tv dove la donna non fosse più solo un oggetto, un prodotto da far apparire, e divenuto libro nel 2014.
Ciò che il documentario mostrava nel 2009, a livello di umiliazione nell’uso del corpo femminile, oggi in buona parte non si vede più. Inoltre analizzava la tv, e si concentrava sulla donna, mentre il cyberbullismo non fa differenze di genere. L’affermazione del Corriere e la conseguente risposta Instagram della blogger trattano il discorso usando uno stereotipo che, in questo caso, è superato. Il giornale online Wired si schiera a difesa della Ferragni, asserendo che «è avvilente che nemmeno tra le pagine di giornali autorevoli (?) ci si riesca a distanziare dall’idea della donna oggetto».
Nel lavoro d’influencer, blogger ma anche e soprattutto vlogger, però, è come se una persona diventasse una vetrina in movimento dei più disparati marchi integrando la pubblicità alle parti private della propria vita. È forse una nuova forma di persona-oggetto (persona, perché non coinvolge solo le donne)? Instagram è il regno dell’apparenza. Se corpo è considerato la forma esteriore dell’uomo, si può allora dire che il contenuto ne è la personalità. Apparenza invece è un fuggevole sguardo, ha a che vedere con una durata breve. Una foto o un video, benché possano attingere alla vita privata di un individuo, ne restano un momento selezionato e portato al pubblico, che non approfondisce l’essere umano. “Apprezzare ciò che si è al di là de giudizio degli altri” è il contenuto del messaggio di Chiara Ferragni su Instagram. L’essere però qui non entra mai in gioco, non c’entra niente. Nel proprio documentario la Zanardo affermava: «Essere autentici probabilmente costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma essere autentici richiede di saper riconoscere i nostri desideri e bisogni più profondi».
L’autenticità è un lusso, ma soprattutto non fa rima con Instagram, Youtube, Facebook, luoghi dove si appare, come una luce del faro che illumina per un momento un determinato punto nella notte, e poi si spegne. Da un lato il Corriere e la Ferragni discutono di vecchi stereotipi e dall’altro si sta affermando un nuovo modello, che è l’influencer, associato a un nuovo modo di vendere il proprio corpo. Per di più ipocrita.
Roberta Antonaci
(LucidaMente, anno XIII, n. 152, agosto 2018)