Nel saggio “La maledizione italiana” (Fuoriscena) Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella svelano le trame ordite dallo statista inglese contro l’Italia tra il 1944 e il 1954 per realizzare le aspirazioni geopolitiche del Regno unito
Durante la visita di Stato dello scorso 9 aprile il sovrano britannico Carlo III ha ricordato il ruolo essenziale svolto dalla Gran Bretagna nel Risorgimento italiano (vedi Il testo del discorso di re Carlo III a Montecitorio, ne la Repubblica).
Fu determinante specialmente l’aiuto fornito dalla Marina anglosassone alla Spedizione dei Mille: come ha giustamente affermato lo storico Pasquale Amato, infatti, «Garibaldi non avrebbe potuto navigare indisturbato nel Mar Tirreno con due vecchi e malandati mercantili senza la connivenza della più potente flotta militare del mondo» (Il Risorgimento oltre i miti e i revisionismi, Città del Sole Edizioni).
Le trame britanniche contro l’Italia
Londra esercitò sempre un forte influsso sulle vicende politiche dell’Italia postunitaria, che diventò molto intenso nel Secondo dopoguerra, come rivelano Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella nel saggio La maledizione italiana. La guerra di Churchill contro De Gasperi, le trame per il controllo del Medio Oriente e del Canale di Suez, la lunga storia di una ribellione stroncata (Fuoriscena, pp. 288, € 18,50).
I due studiosi hanno ricostruito le trame ordite dai governi anglosassoni contro il Belpaese nel decennio 1944-1954, facendo riferimento soprattutto a «documenti inglesi declassificati, a quelli consultabili nell’archivio personale di Giulio Andreotti e alle fonti americane». Il volume descrive, in particolare, gli intrighi orchestrati da Winston Churchill contro Alcide De Gasperi, il leader della Democrazia cristiana (Dc) reo di aver collaborato con il segretario del Partito comunista italiano (Pci) Palmiro Togliatti, nonché di aver intralciato le aspirazioni coloniali britanniche in Africa settentrionale e Medioriente.
Il «fascismo buono» gradito a Londra
Nel 1933 Benito Mussolini fece dimettere – nominandolo governatore della Libia – il ministro dell’Aeronautica Italo Balbo, esponente del «fascismo buono» gradito a Londra in quanto affiliato «al ramo della massoneria […] più vicino al mondo anglosassone». Il governo inglese interpetrò la mossa come «un preoccupante segnale di allontanamento dell’Italia dalla Gran Bretagna» e progettò la futura sostituzione del duce proprio con Balbo, nonché del re Vittorio Emanuele III con il principe Amedeo di Savoia.
Il ras di Ferrara, tuttavia, fu abbattuto in volo dalla contraerea italiana a Tobruk nel giugno 1940, mentre il duca d’Aosta morì nel marzo 1942. Churchill – diventato Primo ministro nel maggio 1940 – strinse rapporti cordiali con Dino Grandi e Galeazzo Ciano, protagonisti della burrascosa riunione del Gran Consiglio del fascismo che il 25 luglio 1943 depose Mussolini. Il premier inglese, quindi, sostenne il nuovo Governo diretto da Pietro Badoglio, cercando di «mantenere i Savoia alla guida dell’Italia».
De Gasperi e Togliatti
Il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt fu convinto da Luigi Sturzo ad appoggiare De Gasperi che lavorava presso la Biblioteca vaticana e nel marzo 1943 aveva fondato la Dc, insieme ad altri esponenti del mondo cattolico (Giulio Andreotti, Giovanni Dossetti, Amintore Fanfani, Giovanni Gronchi, Enrico Mattei, Aldo Moro, ecc.). Nel 1944 la direzione del Pci approvò la “svolta di Salerno”, accettando il transitorio mantenimento della monarchia e «l’unità delle forze antifasciste per liberare la Penisola dai nazifascisti».
La mossa di Togliatti consentì la nascita del primo Governo d’unità nazionale, sempre guidato da Badoglio, che però presto lasciò la presidenza del Consiglio a Ivanoe Bonomi (leader del Partito democratico del lavoro). Churchill, tuttavia, secondo Cereghino e Fasanella, tentò di destabilizzare il nuovo sistema politico che andava delineandosi in Italia e, a tal fine, finanziò sia «le forze insurrezionaliste della sinistra estrema» (Bandiera rossa, Stella rossa, ecc.), sia «i filofascisti e l’estrema destra monarchica».
La strategia della tensione nel 1944-45
Il 20 ottobre 1944 sessanta chili di tritolo vennero ritrovati in un armadio del palazzo del Viminale, poco prima che iniziasse una riunione del Consiglio dei ministri, alla quale parteciparono anche i segretari della Dc e del Pci. Le indagini sul fallito attentato vennero insabbiate dal capitano James Angleton che – pur facendo parte del servizio segreto statunitense Office of strategic services (Oss) – prendeva segretamente ordini anche «dai vertici dei Servizi d’intelligence del Regno unito».
Il 10 dicembre 1945 nacque il primo Governo De Gasperi che voleva «portare il Paese all’elezione di un’Assemblea costituente» per poi «scegliere tra monarchia e repubblica attraverso un referendum popolare». Angleton spalleggiò allora i gruppi più estremisti nella speranza di «indurre destra e sinistra a insorgere in armi e scatenare così una guerra civile». Il 24 dicembre, infatti, una bomba esplose nella sede romana del Pci, senza però causare vittime.
La prima «macchina del fango»
La prima campagna denigratoria contro De Gasperi fu orchestrata da alcuni gesuiti insieme al Service operations executive (Soe), un’organizzazione segreta formata da militari anglosassoni. Furono divulgate, infatti, le false voci che il leader democristiano – ex deputato del Parlamento austriaco – fosse «privo di un genuino senso patriottico» e avesse addirittura un’amante comunista!
La «macchina del fango» voleva indebolire la Dc e rafforzare il Fronte dell’Uomo qualunque, il movimento di destra creato da Guglielmo Giannini e apprezzato da papa Pio XII (vedi Uomo qualunque, voce Treccani). Fu il presidente Usa Harry Truman a salvare il premier italiano dal tracollo politico. Nel gennaio 1947, infatti, De Gasperi visitò la Casa bianca e ottenne «massicci aiuti economici per risollevare l’economia dalla catastrofe bellica», ma dovette accettare forti limitazioni alla sovranità nazionale. Egli, infatti, s’impegnò a rompere l’alleanza con le sinistre e «a mantenere l’Italia nel campo occidentale e sotto lo scudo difensivo americano».
L’attentato a Togliatti
Nel maggio 1947 i comunisti e i socialisti furono esclusi dall’esecutivo, venendo poi sconfitti alle elezioni parlamentari del 1948, quando la Dc raggiunse il 48,51% dei consensi. La «strategia della tensione», tuttavia, non cessò. Il 13 luglio 1948 Carlo Andreoni – agente della «propaganda occulta inglese» – scrisse sul quotidiano L’Umanità che bisognava «inchiodare al muro del tradimento Togliatti e i suoi complici» (vedi Franco Astengo, Settanta anni fa l’attentato a Togliatti. L’Italia sull’orlo dell’insurrezione, in Contropiano). Il giorno successivo lo studente di destra Antonio Pallante ferì a pistolettate il leader comunista, che evitò la guerra civile invitando alla calma i propri compagni, mentre De Gasperi esortò alla radio a «rinunciare alla dottrina e alla pratica della violenza».
Nel Secondo dopoguerra l’Italia allacciò proficue relazioni diplomatiche con molti stati arabi (Egitto, Iran, Libia, ecc.), ma Churchill – ritornato al potere nel 1951 – tramò per difendere gli interessi petroliferi e il colonialismo mediorientale della Gran Bretagna.
La seconda «macchina del fango»
L’11 aprile 1953 fu rinvenuto nella spiaggia laziale di Torvaianica il cadavere di Wilma Montesi, deceduta dopo «un’orgia di sesso, droga e alcol». Il quotidiano napoletano Roma (di proprietà dell’armatore monarchico Achille Lauro) e il giornale satirico di destra Il Merlo Giallo – legato all’intelligence inglese – incolparono dell’accaduto Piero Piccioni (figlio del vicepresidente del Consiglio Attilio Piccioni), che fu poi processato e assolto con formula piena.
Il caso Montesi danneggiò la Dc che alle elezioni politiche del 1953 passò dal 48% circa dei voti del 1948 al 40% circa, mentre l’ottavo Governo De Gasperi fu subito sfiduciato alla Camera. Contro l’ex premier venne poi imbastita un’altra «macchina del fango», coinvolgendo Giovanni Guareschi, direttore del settimanale satirico Candido. Nel gennaio 1954 lo scrittore pubblicò due presunte lettere inviate nel 1944 dallo statista trentino all’ufficiale britannico Arthur Bonham Carter, nelle quali «supplicava gli Alleati di bombardare Roma per indurre la popolazione a insorgere contro gli occupanti tedeschi».
Prima De Gasperi, poi Mattei…
Le missive risultarono fasulle e Guareschi fu condannato per diffamazione a un anno di reclusione. A redigerle erano stati alcuni falsari che avevano impiantato in Svizzera «una vera e propria fabbrica di documenti taroccati» (come il finto carteggio Churchill-Mussolini). La seconda campagna diffamatoria segnò profondamente De Gasperi che nel giugno 1954 si ritirò dalla vita politica e due mesi dopo morirà per un attacco cardiaco. Mattei, presidente dell’Ente nazionale idrocarburi, ne proseguirà la politica estera filoaraba, ma perirà il 27 ottobre 1962 a Bascapè in un incidente aereo “sospetto” provocato dallo scoppio di una bomba (vedi Rino Tripodi, Mattei-Moro-Craxi: come distruggere sovranità e ricchezza del Belpaese).
In conclusione, La maledizione italiana ha l’indubbio pregio di rimarcare l’influsso negativo che la Gran Bretagna ha esercitato sull’Italia repubblicana per condizionarla politicamente e assoggettarla all’egemonia anglo-americana (vedi anche il nostro articolo Ottant’anni di oscure trame per indebolire la democrazia italiana).
Le immagini: la copertina del saggio di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella; a uso libero e gratuito da Pixabay secondo la Licenza per i contenuti (foto di LoggaWiggler, LaCamila, Jakob_schlothane).
Giuseppe Licandro
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)
















