È morto Andrea Parodi, storico leader dei Tazenda, voce acuta e potente, sussurro in note. Non sapevo come elaborare questo lutto, dove dirigere la mia rabbia e il mio dolore per una perdita umana e artistica così grande. Tuttavia, durante il concerto di Estrella Morente al teatro lirico di Cagliari, ho sentito forte l’energia della sua musica, la sua presenza, in un urlo disperato di flamenco, della sua forza mediterranea. Come Maria Carta, il capitano Andrea Parodi ha diretto la sua barca verso le stelle e ha lasciato al popolo sardo e all’Europa un’eredità immensa. Questo breve articolo per dirgli grazie. Grazie per essere ritornato nelle note di un flamenco.
L’ultima volta – L’ultima volta che ho sentito cantare Andrea è stato lo scorso 22 settembre nella cornice dell’anfiteatro romano di Cagliari. Era stanco, gli occhi brillavano e la voce intonava le magie musicali di Desvelos, nuovo e inedito brano, della deandreiana Pitzinnos in sa guerra e della classica e struggente Non potho riposare. Tutto il pubblico sentiva che quello sarebbe stato un addio, un abbraccio conclusivo fatto di impegno, allegra arte e onesta ricerca artistica. Andrea è morto pochi giorni fa lasciandoci tutti stupiti, anche se ce lo aspettavamo, anche se non avremo mai voluto saperlo dalla radio che nei bar riempie i sottofondi di mille colazioni sole e frenetiche. Parodi era, prima di ogni altra cosa, un musicista sardo che ha incarnato il sogno dell’arte per migliaia di artisti che vivono nella nostra terra: dalle serate in cui, sconosciuto cantante, allenava la sua voce, al Sanremo con Pierangelo Bertoli in qualità di leader dei Tazenda, fino alle collaborazioni eccellenti con artisti come Noa, cantante israeliana che ha spesso unito la sublimità del suo timbro vocale alla forza pietrosa della voce di Andrea. Parodi era tuttavia anche un artista mediterraneo che cantava in un’Europa affetta da americanismo e qualunquismo, che non si limitava alla tradizione, pur attingendo da essa ispirazione e linfa. La sua voce era la Sardegna, allegra, aperta, solare, piena di ombre, di difficili risalite e profonde discese; la sua morte ora è un fatto sensazionale: un artista molto conosciuto che viene a mancare è di per se un fatto pubblico, mentre la sua morte riesce a mantenere una accezione intima e familiare che testimonia la dolcezza e il carisma di questo maestro delle note.
Elaborare il lutto: Estrella Morente – Cercavo inutilmente di elaborare il lutto per questa perdita ma non mi riusciva di incanalare le mie energie, di dirigere la mia anima verso altri lidi che non fossero la rabbia e la solitudine per aver perso una voce così grande. L’altra sera, nella solita frenesia che contraddistingue le mie giornate, sono stato trascinato al concerto della cantante di flamenco Estrella Morente, artista giovanissima con un background artistico che contempla collaborazioni con Pedro Almodóvar e una storia familiare e culturale che ha stretti rapporti con Federico García Lorca e la storia della Spagna libera pensatrice. Estrella ha intonato le note di Volver, canzone che ha accompagnato Penelope Cruz durante le riprese dell’omonimo film di Almodóvar: “Volver, / con la frente marchita, / las nieves del tempo / platearon mi sien. / Sentir, / que es un soplo la vida. / que veinte años no es nada, / que febril la mirada errante en las sombras / te busca y te nombra. / Vivir, / con el alma aferrada a un dulce recuerdo, / que lloro otra vez” (Tornare / con la fronte invecchiata / con le tempie imbiancate dalla neve dei giorni / sentire / che è un soffio la vita / che vent’anni non sono niente / che lo sguardo nell’ombra / ti cerca febbrile e chiama il tuo nome / vivere / con l’anima talmente protesa / ad un dolce ricordo / da farmi ancora piangere).
Volver: ritornare – Estrella ha ricordato Andrea, lo ha commemorato inclinando il capo, come si onora un torero, come si saluta un capitano. In questo modo egli è stato chiamato dai suoi fan nella home page del suo sito ufficiale, un capitano che guiderà nell’aria le sue note (clicca qui). Quelle urla madrilene, le sonorità della chitarra, quei versi profondi e rauchi hanno indicato il modo migliore per ricordare Andrea Parodi e ho elaborato il lutto: ho scelto la via più dolce, quella meno dolorosa, quella delle lacrime in una sedia del teatro, al buio, quando tutte le luci erano puntate sulla cantante e io potevo versarle silenziosamente. Ho scelto di intonare un flamenco, uno dei simboli della mia cultura, per gridare ad Andrea un arrivederci.
L’immagine: la copertina di Murales (1991), contenente il brano forse più famoso dei Tazenda, Spunta la luna dal monte.
Matteo Tuveri
(LucidaMente, anno I, n. 11, novembre 2006)
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