A Villa delle Rose mostra dedicata all’artista olandese e alle sue tematiche esistenziali
A Bologna, presso Villa delle Rose (via Saragozza, 228-230), prosegue fino al 17 marzo la prima retrospettiva italiana dedicata a Bas Jan Ader (1942-1975, nome d’arte di Bastiaan Johan Christiaan Ader) – artista concettuale attivo negli anni Sessanta e Settanta – curata da Javier Hontoria e promossa dal MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. La mostra (Bas Jan Ader. Tra due mondi) è aperta mercoledì, giovedì e venerdì dalle 14 alle 18, sabato e domenica dalle 12 alle 18 (biglietto intero € 6,00, ridotto € 4,00).
Scrive Albert Camus nel suo saggio del 1942, Il mito di Sisifo: «Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe». Nello stesso anno, a Winschoten, presso Groninga, nei Paesi Bassi, nasce Bastiaan Johan Christiaan Ader. Nella sua carriera artistica, egli si propone di indagare quello stesso “sentimento dell’assurdità” che «ad ogni angolo di strada […] potrebbe colpire un uomo in faccia» descritto dal premio Nobel francese. Altro premio Nobel per la letteratura cui l’artista olandese si ispira è Samuel Beckett, per la stessa propensione all’indagine sull’assurdo, ma non solo. Nella sua arte confluiscono suggestioni provenienti dagli ambiti più disparati, e ciò è dovuto alla sua vita singolare, svoltasi a cavallo tra due continenti: quello europeo e quello americano, i due mondi cui fa riferimento il titolo della mostra.
L’artista si reca negli Stati Uniti negli anni in cui sta imperversando la “fredda” arte concettuale, ma la adotta in una chiave del tutto personale e intima, restando legato all’Europa. In particolare, nella terza delle sei sale a tema della mostra, L’Eredità di Mondrian, è visibile la sua riflessione sull’arte del suo compatriota. Ader guarda anche al passato, al Rinascimento e all’Ottocento: una sala apposita è dedicata al video I’m too sad to tell you, in cui interpreta il concetto rinascimentale di malinconia riprendendo in primo piano il suo stesso volto nell’atto di piangere, senza spiegazioni. Nella sala Melanconia e Romanticismo, inoltre, alcune opere fotografiche impostano un dialogo immaginario con i dipinti di Caspar David Friedrich, indagando anch’esse il rapporto tra puntiforme individuo e paesaggio smisurato.
La volontà di confrontarsi con l’oceano smisurato è più forte di Ader, tanto chelo porta a naufragare due volte: a 19 anni, partito in autostop verso il Marocco, si imbarca su una nave che naufraga in California, dove si stabilisce. Nel 1975, a soli 33 anni, risulta disperso in mare nel tentativo temerario di raggiungere l’Irlanda in barca a vela dalle coste del Massachussets, un viaggio che avrebbe dovuto fare parte del suo progetto In search of the miraculous. Nella sala della mostra intitolata Falling sono proiettati tre videoarte – in bianco e nero e senza sonoro – in cui l’artista, semplicemente, cade. I filmati ricordano le comiche di Buster Keaton e Charlie Chaplin, ma anche i personaggi di Camus e Beckett, in quanto riflessioni sulla caduta dell’eroe moderno, che come Sisifo ripete perennemente la fatica a lui assegnata, senza uno scopo. Nove anni dopo la scomparsa di Bas Jan Ader, Beckett pubblica la novella Worsthard Ho (Peggio tutta), in cui scrive: «Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio». E il naufragio di Ader non può essere considerato un fallimento privo di senso.
Le immagini: dal depliant della mostra bolognese dedicata ad Ader.
Petra Cilemmi
(LucidaMente, anno VIII, n. 86, febbraio 2013)