Seguono Iran, Corea del Nord, Yemen e Stati Uniti: presentato da Nessuno tocchi Caino il Rapporto 2011 sulla pena di morte nel mondo
Gli stati che ancora mantengono la pena di morte sono 42, in diminuzione rispetto al passato. In lieve incremento, invece, il numero complessivo delle esecuzioni, che nel 2010 sono state almeno 5.837, rispetto alle 5.741 dell’anno precedente. La ragione va ricercata nelle rivolte che hanno insanguinato lo scorso anno l’Iran, dove si è registrato un aumento consistente del ricorso alla pena capitale.
In testa alla lugubre classifica delle nazioni più forcaiole troviamo, come sempre, la Cina, dove l’anno scorso sono state giustiziate circa 5.000 persone. Seguono, nell’ordine: Iran (546), Corea del Nord (60), Yemen (53), Stati Uniti (46), Arabia Saudita (27), Libia (18), Iraq (17), Siria (17), Bangladesh (9), Somalia (8), Sudan (8), Striscia di Gaza (5), Egitto (4), Guinea Equatoriale (4), Taiwan (4), Vietnam (4), Afghanistan (2), Giappone (2), Bahrein (1), Bielorussia (2), Botswana (1), Emirati Arabi Uniti (1), Malesia (1).
L’Europa sarebbe un continente del tutto libero dalla pena capitale, se non ci fosse la Bielorussia, che continua a praticarla. La Russia, pur non essendo ancora abolizionista, ha sospeso dal 1996 le esecuzioni, mentre la Lettonia ha mantenute la pena di morte solo in caso di guerra. Si spera che, in futuro, il ricorso alla pena di morte, iniquo sul piano assiologico e inutile su quello pratico, venga ulteriormente limitato, anche alla luce delle rivoluzioni democratiche in atto nel mondo arabo.
Al riguardo, ci sono state ultimamente importanti novità in due Paesi del Maghreb: in Marocco è stata approvata una nuova Costituzione, che ha sancito, tra i diritti fondamentali, anche quello alla vita; in Tunisia, il governo ad interim ha annunciato l’intenzione di ratificare il protocollo addizionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici, che prevede l’abolizione della pena capitale.
Giuseppe Licandro
(Lucidamente, anno VI, n. 68, agosto 2011)