Le riflessioni di Franco Franchi, esponente bolognese del Psi, sul nuovo organismo (di secondo livello), i suoi compiti e articolazioni
Il riferimento legislativo per le Città metropolitane (d’ora in avanti C.M.) – come si sa – è la legge 7 aprile 2014, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei Comuni. La C.M., di fatto, sostituisce la Provincia, i cui Amministratori però venivano eletti.Si aggiunga, tra l’altro, che risulta pleonastico, se non retorico, il richiamo alla partecipazione di varie forze della società, come ad esempio le associazioni (in quale modo e, soprattutto, con quale potere?). Rimane infine aperto il problema di trasferimento del personale dalla Provincia. E qui ci si inoltra nella valutazione di quanto alla fine sarà il vero risparmio derivante dall’istituzione della C.M.
Non è stato finora affrontato il necessario cambiamento/adeguamento della Regione. Virtualmente la C.M. potrebbe (anzi: dovrebbe) ricevere funzioni adesso svolte dalla Regione, ad esempio sommando nel Lavoro competenze sia della Provincia che della Regione.Nel rapporto con i comuni, la C.M. dovrebbe sia assegnare che ricevere specifiche funzioni, dare unicità di regole alle imprese nel territorio, incorporare le competenze della Provincia su scuola, viabilità. Dovrebbe sviluppare e razionalizzare interventi per una nuova pianificazione del territorio, coordinare i servizi pubblici, favorire lo sviluppo dell’informatizzazione nell’amministrazione pubblica locale, intervenire per lo sviluppo economico e sociale, operare in conformità agli obiettivi per acquisire i finanziamenti europei (ad es. per l’innovazione e le reti tecnologiche).
Si tratta quindi – se tutto funzionasse – di un imponente e nuovo processo di costruzione collettiva per mettere in moto le sinergie necessarie ad un moderno urbanesimo. Un urbanesimo non più basato sull’esodo – più o meno massiccio – delle popolazioni periferiche verso un unico grande agglomerato urbano, bensì mirato alla trasformazione dei centri minori in soggetti paritari, i quali entrerebbero a far parte di un’unica dimensione che non ha confini se non quelli (verrebbe da dire “casualmente”) delimitanti la vecchia Provincia.Ma come pensiamo, realisticamente, che quest’ambizioso disegno sia possibile senza la partecipazione democratica delle gente? Senza garantire ai cittadini il diritto al voto e quindi assicurare l’elezione popolare degli Amministratori?
Aggiungo, inoltre, un rilievo che non ha certo solo valenza formale: bisognava provvedere prima sia alla revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione (anche per l’eliminazione del termine “Province”), sia ad un quadro chiaro di regolamentazione delle competenze e delle funzioni amministrative degli enti locali (rif. Artt. 118 e 119 del Titolo V). A complicare le cose, ci sono anche le varie proposte di modifica della Costituzione, tra cui quella che conferma la sparizione delle Province, resterebbero Regioni e Comuni, affermando che questi ultimi devono provvedere a fusioni e unioni. Ma non si citano le Città metropolitane…
Nel merito della costruzione della C.M. emergono diversi altri dubbi e qualche contrarietà importante. Per cominciare, non è possibile non chiarire subito quale sarà il rapporto concreto dei comuni con la C.M. Occorre conoscere lo spazio di azione e salvaguardare la funzione dell’autonomia di ciascun comune riguardo alle peculiarità del territorio. Per la città capoluogo si aggiunge il problema di cosa fare dei Quartieri, come eleggerli, quale tipo di poteri loro assegnare visto che attualmente sono stati ridotti a poco più di una mera testimonianza localistica. Potrebbero diventare vere e proprie municipalità? Ma in tal caso sarebbe una contraddizione lo spezzettamento di una città di media dimensione quale è Bologna?
Il 28 settembre si svolgerà l’elezione dei componenti il Consiglio metropolitano presso la sede della Provincia di Bologna (in via Malvasia). Parteciperanno al voto – come accennato – sindaci e consiglieri comunali, con il cosiddetto “voto ponderato”. Ciascun voto sarà cioè correlato alla popolazione complessiva del comune in cui i consiglieri comunali sono stati eletti. Il voto di un consigliere comunale di Bologna varrà una decina di volte in più rispetto a un Comune di trentamila abitanti. Le elezioni avverranno sulla base di liste concorrenti composte da un numero di candidati non inferiore alla metà dei consiglieri da eleggere (da 9 a 18). Il rapporto di genere tra candidati non potrà superare il 60 %. Siamo di fronte a un meccanismo matematico complesso che finirà per avvantaggiare la formazione politica preponderante. Senza contare che la centralità e l’unicità del voto potrebbero addirittura scoraggiare i consiglieri dei comuni periferici dal recarsi a votare.
Il sindaco metropolitano potrà nominare un vicesindaco, scelto fra i consiglieri metropolitani. È un incarico importante. Il vicesindaco resterà in carica al posto del sindaco metropolitano se questi cesserà di essere sindaco del proprio comune.La Conferenza metropolitana: sarà composta dal sindaco della C.M. e dai sindaci dei comuni. Essa sarà, in effetti, l’organo politico determinante le scelte della C.M. È facile supporre che essendo i sindaci quasi tutti del Pd, questo partito si assicurerà una larga egemonia a scapito del confronto democratico.Con quali compiti dovrà agire la C.M.? Piano strategico triennale quale atto di indirizzo dei comuni e delle unioni. Pianificazione territoriale, in particolare della organizzazione e gestione dei servizi. Viabilità. Sviluppo economico e sociale. Stato e regioni potranno assegnare funzioni più ampie.
Noi dobbiamo insistere sulla necessità di elezione popolare del sindaco metropolitano. Non si può togliere ai cittadini il diritto di votare i propri rappresentanti. Deve preoccupare fortemente la caduta di partecipazione democratica in corso nel Paese, mentre dovrebbe avvenire proprio il contrario se si vuole riavvicinare la gente alla politica. Non meravigliamoci poi se diminuisce la disponibilità al voto dei cittadini-elettori e aumenta la sfiducia verso le istituzioni e i partiti politici.Riassumo, in conclusione, la condizione nella quale si è involuta la democrazia in Italia. Le giunte comunali sono nominate dal sindaco, assessori e consiglieri sono incompatibili per cui il Consiglio non ha alcun effettivo potere e spesso si esercita in discussioni che poco hanno a che vedere con i problemi locali. Il sindaco è simile a un “nuovo podestà”, nomina i consigli degli enti di 2° grado senza passare dalla Giunta e dal Consiglio.
Le circoscrizioni potranno non essere più elette ma nominate. I consigli provinciali almeno venivano eletti ma vengono aboliti e si prefigurano degli enigmatici “enti territoriali di area vasta”. Non in Emilia-Romagna, ma in alcune regioni permangono listini bloccati. Secondo l’“Italicum”, la Camera sarà nominata tramite listini bloccati. Il nuovo Senato non sarà più eletto ma designato dagli enti territoriali, oltre la quota di nomina del presidente della Repubblica. Sembra proprio che molti passi verso un sistema di tipo oligarchico siano pressoché compiuti. Una ragione in più di partire dalla C.M. per pretendere con forza – come socialisti – di restare nella prassi democratica.
Franco Franchi – Partito socialista italiano – Bologna
(LucidaMente, anno IX, n. 105, settembre 2014)