Da un classico libro di Edward Luttwak, gli elementi per comprendere il flop del golpe contro il regime autoritario di Erdoğan. Il più discriminante, però, pare essere il “fattore islam”
Lo scorso 16 luglio – verso le 21 italiane – i media iniziarono a diffondere frammentarie notizie su quello che, poco dopo, si sarebbe rivelato un tentativo di colpo di Stato in Turchia. Dalle prime avvisaglie – gli spari sul ponte sul Bosforo – si passò nel giro di pochissime ore a un’amara certezza: il golpe sarebbe fallito. Come mai?
Possiamo tentare di rispondere rileggendo un ormai datato testo del politologo americano Edward Luttwak, pubblicato in Italia da Longanesi nel 1969 con il titolo Tecnica del colpo di Stato. Concepito come un vero e proprio manuale, esso enumera una serie di caratteristiche che il Paese oggetto di golpe dovrebbe presentare affinché l’azione possa avvenire e avere successo. Appare così evidente che l’odierna Turchia non possiede una struttura sociale e politica ottimale sotto tali aspetti. A metà tra i tipici Paesi mediorientali e il mondo occidentale, essa mostra sia tratti di arretratezza governativa sia un certo radicamento del senso civico. Ne sono un esempio, da una parte, il dispotismo del presidente Recep Tayyip Erdoğan – già noto ben prima delle purghe che sta tuttora attuando –, dall’altra, le manifestazioni di vitalità politica in occasione dell’occupazione del parco di Gezi nel 2013.
Alla luce di queste osservazioni, il colpo di Stato in Turchia è possibile, come abbiamo visto, ma estremamente complesso e rischioso. Le condizioni di disagio sociale non sono evidentemente così forti come nei Paesi più arretrati e solitamente soggetti ad azioni politiche di tipo militare e il controllo dei mezzi di informazione e comunicazione non è facilmente attuabile (il presidente in carica ha infatti trovato modo di incitare la reazione della popolazione attraverso un software per videochiamate).
Da un punto di vista strategico, secondo Luttwak – che si è espresso di recente sul caso – la mancata uccisione di Erdoğan ha costituito il fattore maggiormente responsabile dell’insuccesso del 16 luglio. Tuttavia, la capacità di quest’ultimo di rimanere saldo al potere, tramite l’opposizione dei civili all’azione dell’esercito, ha sullo sfondo la presenza e l’enorme portata dell’aspetto religioso. Il destino del golpe si è infatti scoperto come segnato in concomitanza della levata degli imam a difesa del regime; dopo gli appelli provenienti dai minareti, solo immagini di scontri tra militari e civili ed esultanze dei lealisti.
L’islam ha ricoperto il ruolo di forza politica attiva e anche nella presunta laica Turchia così deve essere considerato, contrariamente a quanto fece Luttwak ai tempi di Tecnica del colpo di Stato. Oggi, sia per il politologo sia per gli osservatori minimamente attenti, l’errore è difficilmente ripetibile ed è auspicabile l’apprendimento della lezione anche rispetto ai foschi destini d’Europa, che ha avuto la temerarietà di pensare a uno spazio per Istanbul al proprio interno.
Le immagini: in apertura, il ponte sullo stretto del Bosforo, a Istanbul; Tecnica del colpo di Stato e il suo autore, il politologo americano Edward Luttwak.
Christian Corsi
(LucidaMente, anno XI, n. 128, agosto 2016)
Peccato che non presentate la realta’ dei fatti. Ogni giorno la gente e’ scesa nelle piazze per sostenere il governo. La Turchia e’ un grande paese e una nazione molto unita. L’economia va bene, il paese e’meraviglioso, la gente pure. Si voleva lì una nuova Siria, una nuova Somalia, etc. I popoli devono essete lasciati in pace, non guidati dall’estero. Turchia non e’ una colonia, come altri stati. Io, come cristiana, torno sempre li per le vacanze, e’ l’unico posto dove il turista si sente Re. La Turchia e’ riuscita a rimanere in piedi, e mi rammarico a vedere che la maggior parte degli altri stati non ha sostenuto il governo. Ho letto tanto dispiacere e tante parole contro Erdogan. Ma perche’ non parlate anche delle cose buone che ha fatto questa persona? La colpa della Turchia e’quella di essere un un posto strategico, non quella delle epurazioni. La colpa della Turchia e’ quella di aver investito soldi in Somalia. La colpa della Turchia e’ quella del suo sviluppo economico, pari a quello cinese. E l’altra colpa e’ che un popolo venuto dal Asia, ha formato un grande impero, non piu’ cristiano. Ma il popolo che ha dato un Ataturk, avra, spero, le forze di continuare a esistere. Tornero’ sempre con grande piacere in Turchia, che spero, rimarra’ dei turchi. La pace e’ l’unica tranquilita’ dei paesi e della gente. Spero che ci sia pace nel mondo!
Gentilissima lettrice, grazie per averci scritto.
Lei va in Turchia in vacanza e, probabilmente, da turista può vedere solo una parte della realtà. Ripete più volte “turismo” e “vacanze”, come se dovesse invitare gli italiani ad andarci.
Anche prima del golpe, crediamo fosse indiscutibile la repressione, la stretta contro la stampa, l’accanimento contro i curdi, il progetto di islamizzazione tradizionalista, ecc. ecc. Non si misura tutto col Pil, altrimenti il nostro mito sarebbe l’odierna Cina, cioè una tirannide col peggio del comunismo e del capitalismo.
Se per lei i diritti umani sono secondari…
Sulla storia dell’Impero ottomano e del suo secolare attacco all’Occidente cristiano (dalla pirateria ai due assedi di Vienna) fino al genocidio dei cristiani armeni (non riconosciuto, anzi, che ha provocato un attacco di Erdogan a Francesco I), basta aprire un libro di storia…
Resta il dubbio se lei sia davvero italiana e cristiana… o, semplicemente, sia troppo ingenua e disinformata.
Non ce ne voglia, comunque…