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Home ATTACCO FRONTALE

Stato di morte: da Giuliano a Giuliani

Paolo Maria Coniglio by Paolo Maria Coniglio
2 Dicembre 2012
in ATTACCO FRONTALE, STORIA, TEMATICHE CIVILI
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Le recenti “manganellate” non sono una novità. Stragi, omicidi di mafia, “anni di piombo” e repressioni poliziesche: tutta la storia della Repubblica italiana è stata segnata da una serie di tragici eventi

Uno Stato che massacra di botte i propri ragazzi inermi è come un padre che picchia i propri figli. La risposta a legittime proteste contro precariato, disoccupazione, massacro della scuola pubblica, è quella di sempre: manganellate. In mancanza di veri progetti istituzionali, le forze dell’ordine sono lasciate da sole a fronteggiare i manifestantii, anche quelli violenti: unica presenza dello Stato nei confronti del disagio sociale. Nessun futuro è previsto i giovani, se non quello di fare le valigie e migrare in altri stati. Si procede a tagliare l’istruzione pubblica, mentre si destinano molte risorse economiche a quella privata. Uno Stato che preferisce abortire piuttosto che curare la prole.

Moltissime sono state le cause di morte violenta in Italia, legata allo Stato, dal 1946 in poi: mafia, terrorismo, stragi di Stato, servizi segreti deviati, bombe, attentati, “anni di piombo”. Un’Italia martoriata che non ha ancora trovato una propria stabilità. Nel 2016 sarà sciolto il segreto di Stato sull’uccisione di Salvatore Giuliano, il bandito di Montelepre ucciso il 5 luglio del 1950 a Castelvetrano. Una carriera nella criminalità, che aveva trovato un percorso obbligato dopo la reazione omicida nei confronti di un carabiniere che a un posto di blocco gli aveva sparato due colpi di pistola. Aiutava il padre nei campi, studiava, ma le condizioni economiche hanno fatto il resto. La mafia, divenuta poi Cosa nostra, ha saputo organizzarsi nel mondo criminale: da Stefano Bontate, che gestiva il traffico d’armi e droga, fino ad arrivare a Salvatore Riina, che ha trasformato la “bottega mafia” in una holding company.

Migliaia i morti di mafia fino a oggi: la guerra intestina di Cosa nostra scatenata dai corleonesi ha “rottamato”, uccidendoli, tutti i vecchi capimafia, per passare poi a tutte le figure istituzionali che erano d’intralcio: i carabinieri morti nella strage di Ciaculli nel 1963; negli anni Settanta, il giornalista Mauro De Mauro, assieme al procuratore Pietro Scaglione e al magistrato Cesare Terranova; negli anni Ottanta, Pier Santi Mattarella, Pio la Torre – solo per ricordarne alcuni – fino al generale dei carabinieri e prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa, morto assieme alla consorte, Emanuela Setti Carraro. Poi due persone illuminate della magistratura di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – entrambi in seguito uccisi dalla mafia, nel 1992 – danno vita a un pool di tecnici. Grazie al collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta mettono con le spalle al muro Cosa nostra. Dal febbraio 1986 al dicembre 1987 si celebra il primo maxiprocesso a Palermo: 474 gli imputati di cui 119 in contumacia; 360 i condannati per 2665 anni di carcere complessivi.Una sentenza storica!

Un’altra causa di morte violenta sono stati gli innumerevoli delitti politici. Il boom economico, le agitazioni del 1968 e le conquiste dei lavoratori hanno innescato un processo di cambiamento, ma le differenze di classe si sono amplificate, innescando, nelle coscienze di studenti e operai, disagio e malessere. Nel 1970, per opera di Mara Cagol, Renato Curcio e Alberto Franceschini, sono nate le Brigate rosse che hanno messo a ferro e fuoco il Paese per diversi anni. L’attacco al cuore dello Stato ha toccato il picco massimo nel 1978, con il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro e di tutti gli agenti di scorta. Nel 1969 è nata Lotta continua, una delle maggiori formazioni della sinistra italiana extraparlamentare, con a capo Giorgio Pietrostefani, Mauro Rostagno, Adriano Sofri e Guido Viale. Nell’ottobre del 1974 Luca Mantini e Giuseppe Romeo, due ex di Lc, sono passati all’organizzazione armata di sinistra Nuclei armati proletari.

Clamoroso è stato, nel 1972, l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, legato alla misteriosa  morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, per il quale Adriano Sofri e altri militanti di Lc, sono stati poi condannati come mandanti o esecutori. Alcuni componenti di Lc, nel novembre 1976, hanno dato vita a Prima linea, diretta da Sergio Segio e seconda solo alle Br per azioni armate. Il delitto più eclatante di Pl è stato quello del giudice Emilio Alessandrini per opera di Segio e di Marco Donat Cattin, figlio di Carlo, ministro della Repubblica. Grazie all’iniziativa di Francesco Cossiga è stata promulgata una legge ad hoc, che ha ridotto notevolmente la pena ai pentiti di atti terroristici dissociatisi dal gruppo di appartenenza. In quel periodo sono avvenute anche le “stragi di Stato”: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, l’Italicus, la stazione di Bologna e varie altre carneficine, perpetrate da gruppi neofascisti (Avanguardia nazionale, Nar, Ordine nuovo) con la complicità di apparati deviati dello Stato.

Decine sono stati i morti caduti nelle piazze in seguito a dure reazioni delle forze dell’ordine nei confronti di proteste sociali (Melissa, Reggio Emilia, Avola, Battipaglia, ecc.) o i manifestanti uccisi nel corso delle proteste studentesche o di assalti neofascisti (vedi Lamezia ricorda Adelchi Argada). Oggi le cose non sono di molto cambiate: i movimenti nati per contrastare la globalizzazione ne hanno fatto le spese. L’ultimo ragazzo morto, in manifestazioni che dovevano essere pacifiche, è stato Carlo Giuliani, durante il G8 del 2001 di Genova. Sono trascorsi poco più di dieci anni da quel giorno e, a causa della crisi economica, le manifestazioni sono riprese. Il coraggio e la forza di scendere ancora nelle piazze riappare in studenti, lavoratori e pensionati, sempre più motivati e determinati a manifestare il proprio disagio. Sarebbe importante, per evitare inutili morti, che anche le forze dell’ordine smettessero di reprimere duramente chi protesta pacificamente: di certo non ha più senso difendere una casta che ha contribuito a mettere in ginocchio il Paese.

Le immagini: china del pittore Luigi Rossetto (per gentile concessione); Carlo Alberto Dalla Chiesa; foto di un corteo di protesta dopo la strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (tratta dall’Archivio Umberto Gaggioli-Ansa); foto dei danni provocati dalla bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 (fonte: www.stragi.it/; autori: Beppe Briguglio, Patrizia Pulga, Medardo Pedrini, Marco Vaccari).

Paolo Maria Coniglio

(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)

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Tags: adriano sofribrigate rosseCarlo Giulianicosa nostrafocusg8globalizzazionelotta continuamafiamarco donat cattinpotere operaioprima linearenato curciosergio segiostragi di stato
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