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Coordinamento nazionale delle Consulte per la laicità delle istituzioni: Lettera aperta a Giorgio Napolitano per porre un argine ai privilegi della Chiesa

Dalla redazione by Dalla redazione
10 Dicembre 2011
in INTERVENTI/RIFLESSIONI, TEMATICHE CIVILI
3
Coordinamento nazionale delle Consulte per la laicità delle istituzioni: Lettera aperta a Giorgio Napolitano per porre un argine ai privilegi della Chiesa
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Il portavoce Tullio Monti ricorda al presidente della Repubblica la forte presenza cattolica nel nuovo governo, le esenzioni sulle tasse, i comportamenti anticostituzionali delle gerarchie ecclesiastiche…  

Al presidente delle Repubblica italiana, onorevole Giorgio Napolitano

Il governo Monti e la laicità delle istituzioni. Passano i governi, ma i privilegi della Chiesa cattolica restano immutati

Dopo aver sostenuto fino all’ultimo momento il governo Berlusconi, tentando di massimizzare i vantaggi che potevano derivare per se stessa, sul piano dei cosiddetti “valori non negoziabili” (famiglia, leggasi opposizione totale a qualsiasi riconoscimento delle coppie di fatto etero e omosessuali; difesa della vita, leggasi sabotaggio della legge sull’aborto e opposizione a qualsiasi seria legge sul testamento biologico; educazione, leggasi privilegi anticostituzionali per le scuole private cattoliche e relativi finanziamenti), la Chiesa cattolica ha “benedetto” la nascita del governo Monti, nel quale sono ben presenti e posizionati noti esponenti del mondo cattolico, in particolare Lorenzo Ornaghi, ministro dei Beni culturali (già rettore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, vicino alla Cei e al cardinale Camillo Ruini), Andrea Riccardi, ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione (fondatore della Comunità di Sant’Egidio) e Renato Balduzzi, ministro della Salute (giurista e docente dell’Università cattolica). Opportunamente, sia il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, che Adriano Prosperi, dalle pagine de la Repubblica, hanno osservato che i cattolici del governo Monti sarebbero stati chiamati a dar prova di essere “cattolici adulti” e non meri esecutori dei desiderata del Vaticano.

I primi passi del governo Monti in tal senso non paiono incoraggianti. Come viene acutamente segnalato dal periodico on line LucidaMente, nel commentare le nomine dei sottosegretari del neogoverno, «non si era mai visto in tutta la storia repubblicana» che venisse nominato sottosegretario alla Pubblica Istruzione il preside di una scuola privata paritaria cattolica. Ebbene, ciò è avvenuto, con la nomina di Elena Ugolini, militante in Comunione e Liberazione, nonché preside del Liceo privato paritario Malpighi di Bologna, recentemente assurto alle cronache per le percentuali del 100% dei propri allievi promossi, tutti con media di voti compresa tra il 9 e il 7, a fronte del pagamento di rette d’iscrizione annue di oltre € 4.000. LucidaMente si chiede, e noi con esso: «Come è possibile che a sovrintendere a questo compito sia chiamata, nel ruolo di sottosegretaria, una dirigente di una delle scuole da controllare? Non si crea un enorme conflitto di interessi?». Attendiamo risposte dal governo.

Il giorno 1° dicembre ricorreva la Giornata mondiale della lotta all’Aids. Laura De Pasquale, assistente del direttore di Radio Rai 1 e dei Radiogiornali, all’inizio della giornata ha inviato una e-mail di comunicazione aziendale interna nella quale scriveva: «Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministro ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali». Il neoministro della Salute, Renato Balduzzi, con qualche imbarazzo, ha seccamente smentito di aver ordinato la censura. Dobbiamo credergli? O forse rischia di configurarsi un eccesso di zelo di obbedienza clericale, viste le recentissime dichiarazioni del papa in Benin, che hanno ribadito la totale contrarietà della Chiesa cattolica all’uso del preservativo nella prevenzione dell’Aids?

In questi giorni il governo Monti ha varato il pacchetto dei provvedimenti anticrisi, che impongono durissimi sacrifici agli italiani. Il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha dichiarato perentoriamente che la tassa sui fabbricati (ex Ici, ora Imu) la dovranno pagare tutti, anche le imprese. Si è però dimenticato di osservare che in quei “tutti”, non è compresa, al solito, la Chiesa cattolica, proprietaria di oltre il 25% del patrimonio immobiliare italiano. Il 5 dicembre, interrogato sulla questione Ici-Chiesa cattolica da un giornalista straniero, il presidente del Consiglio Monti ha dichiarato: «È una questione che non ci siamo posti ancora». Eppure, a fronte del fatto che oggi solo il 10% delle proprietà della Chiesa cattolica paga l’Ici, per un mancato introito nelle esangui casse dello Stato che viene stimato fra 600 milioni e 1 miliardo di euro, tale questione una qualche urgenza dovrebbe pur rivestirla.

Per comprendere meglio il paradosso di questa esenzione clericale, occorre fare un salto indietro nel tempo. Come ci ricorda su Il Riformista il giornalista Gianmaria Pica, «nel 1992 il governo Amato stabilisce alcune esenzioni per le proprietà della Chiesa. La questione su quale tipo di edifici e proprietà dovessero essere esentati ha portato negli anni a diversi procedimenti giudiziari, fino al 2004, quando la norma viene in parte bocciata dalla Consulta, che elimina le agevolazioni fiscali per gli immobili a scopo di lucro. L’esenzione, però, viene reintrodotta nel 2005 dal Governo Berlusconi II che cambia la vecchia normativa, includendo gli immobili destinati ad attività commerciali tra quelli compresi nel diritto all’esenzione. Nel 2006, l’allora Governo Prodi, modifica nuovamente la legislazione. Tuttavia un emendamento alla legge permise di mantenere l’esenzione per le sedi di attività che abbiano fini “non esclusivamente commerciali”». Di fatto, qualsiasi edificio, pur adibito ad albergo o clinica o altro, che abbia al proprio interno e nelle proprie pertinenze un altarino, una cappelletta di pochi centimetri e così via. Scommettiamo che il governo Monti, mentre taglia le pensioni e aumenta le tasse a tutti gli italiani, si guarderà bene dal reintrodurre l’Ici per la Chiesa cattolica?

D’altronde quella dell’esenzione dell’Ici non è che soltanto una delle mille voci che costituiscono gli innumerevoli privilegi economici che lo Stato italiano riconosce ogni anno al Vaticano. Infatti le voci e le entità dei finanziamenti diretti e indiretti e delle esenzioni sono così ampie, fantasiose e diversificate da potersi sostenere, senza allontanarsi troppo dalla realtà, che esse corrispondano all’incirca a poco meno della metà della manovra finanziaria del nuovo governo e che sia agevole per chiunque prevedere che, se tali privilegi clericali venissero aboliti, ciò sarebbe sufficiente, da solo, a contribuire in modo significativo al risanamento delle finanze pubbliche. Il mercimonio tra lo Stato italiano e i suoi enti locali (Regioni, Province e Comuni) e Stato del Vaticano, oltre all’esenzione Ici, comprende otto per mille, cinque per mille, finanziamenti alle scuole private cattoliche, stipendi per gli insegnanti di religione, buoni scuola per pagare le rette alle scuole cattoliche, finanziamenti agli oratori cattolici, stipendi per cappellani militari e ospedalieri, forniture idriche vaticane, contributi alle università cattoliche, prebende alle emittenti radiotelevisive vaticane, sussidi alla stampa cattolica, etc., etc., per arrivare a una cifra complessiva di circa 10 miliardi di euro all’anno. Sommessamente ci chiediamo: quand’è che gli italiani potranno essere informati di questi fatti in modo adeguato e quando si stuferanno di mantenere di tasca propria i costi esorbitanti della “casta” della chiesa? O forse il mantenimento dei propri privilegi economici costituisce la vera merce di scambio per il sostegno politico delle gerarchie vaticane al neogoverno Monti?

Nel frattempo il Capo dello Stato, il pur ottimo Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, vero levatore e garante del governo Monti, trova il tempo per varare (come ci informa Il Messaggero del 30 novembre) un decreto che stabilisce che le visite pastorali dei vescovi nelle scuole pubbliche italiane, durante l’orario di lezione, sono legittime. Tale decreto presidenziale rigetta il ricorso straordinario presentato dal padre di un alunno di Grosseto, che non aveva gradito la visita pastorale del vescovo locale nella scuola del figlio. Scrive Franca Giansoldati, appunto su Il Messaggero: «Il decreto del Capo dello Stato si rifà al parere n. 335/2009 della Seconda Sezione del Consiglio di Stato nell’adunanza del 21 aprile 2010. I giudici amministrativi hanno riconosciuto che la “questione obiettivamente delicata e complessa in via generale, coinvolge profili che attengono alla libertà di culto e di coscienza e alla funzione di servizio pubblico degli istituti scolastici, statali e comunque integrati nella rete della scuola dell’obbligo”. Hanno però ritenuto di poterla “agevolmente risolvere sulla base delle norme che disciplinano l’autonomia delle istituzioni scolastiche”. La visita pastorale, si legge nel dispositivo del Consiglio di Stato, “è avvenuta nelle ore di lezione, ma essa non si è svolta attraverso il compimento di atti di culto (eucaristia, benedizione, eccetera), ma attraverso una testimonianza sui valori, religiosi e culturali, che sono alla radice della catechesi cattolica”. Un’analoga iniziativa poteva tranquillamente essere svolta da ministri di altre confessioni religiose presenti nella comunità territoriale in cui agisce la scuola “a condizione che essi siano portatori di valori coerenti con i principi di tolleranza e rispetto delle leggi e della Carta costituzionale”. Vogliamo parlare seriamente di tale sentenza burlesca e di quanto i valori predicati dalla Chiesa cattolica siano ispirati alla tolleranza e al rispetto delle leggi e della Costituzione italiane? E il Capo dello Stato (verso cui pure nutriamo il massimo rispetto e stima), in qualità di garante della Costituzione, è sicuro di agire in modo consono al suo alto mandato, con iniziative di tal genere? O tale episodio si inserisce in una serie di comportamenti presidenziali sul tema della laicità dello Stato che lasciano perlomeno perplessi?

Come non ricordare le sue reiterate dichiarazioni, del tutto “politiche” e come tali del tutto opinabili, secondo le quali la questione dei rapporti fra Stato e Chiesa cattolica nel nostro paese sarebbe stata definitivamente e ottimamente risolta una volta per tutte con l’inserimento dei Patti lateranensi nella Costituzione repubblicana, avvenuta grazie all’approvazione dell’art. 7 all’Assemblea costituente? E come non sottolineare come tale interpretazione sia radicalmente contestata dal miglior pensiero laico esistente nel nostro paese e da generazioni di cittadini e di studiosi di diritto laici e cattolici? E come non rammentare l’inconsueta iniziativa di una lettera presidenziale che, un paio d’anni fa, accompagnò, sostenendolo in modo determinante, il ricorso del Governo Berlusconi alla Grande Camera della Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, contro la sentenza della Piccola Camera della medesima Corte (presieduta dal giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky) che l’anno precedente aveva coraggiosamente stabilito che l’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche italiane configurava una violazione dei principi di libertà religiosa degli studenti e della libertà educativa dei genitori?

Presidente Napolitano, possiamo permetterci, con tutto il rispetto per il Suo ruolo, la Sua persona e la Sua storia politica, di suggerirLe maggior prudenza sulle questioni della laicità dello Stato, astenendosi dal mettere in essere comportamenti e atti che facciano sì che alcuni cittadini italiani (tanti o pochi è questione secondaria, ma certo tanto pochi non saranno) si debbano sentire stranieri in Patria?

Con stima e deferenza voglia gradire i miei ossequi

Tullio Monti – Portavoce del Coordinamento nazionale delle Consulte per la laicità delle istituzioni

 (LucidaMente, 10 dicembre 2011)

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Comments 3

  1. alessio di benedetto says:
    11 anni ago

    Se si rastrellassero ogni anno i 13 miliardi di euro che un sottogoverno confessionale continua a donare alla Città del Vaticano, sottraendoli con la menzogna dalle tasche della povera gente, se si recuperassero tutti gli introiti dell’ICI (il valore degli immobili vaticani ammonta per difetto a 30 miliardi di euro), la smetteremmo di parlare di debito pubblico (altra bufala) , di crisi delle pensioni, di tagli ai rinnovi contrattuali, alla sanità, alla scuola pubblica, all’arte, alla musica e allo spettacolo… Grazie a Berlusklaun il Vaticano, il più ricco Stato del Mondo, non paga più neppure l’ICI, i suoi monumenti privati sono ristrutturati con le tasse imposte ai lavoratori italiani, e gli istituti cattolici sono finanziati con i soldi di noi tutti, non con le offerte dei fedeli o delle aziende di Berlusconi, abbastanza ricche da permetterselo. Siamo il solo caso nel mondo in cui una popolazione multirazziale e multiconfessionale deve obbligatoriamente versare i propri contributi per farsi indottrinare. Atei, non credenti, agnostici, musulmani, ebrei, protestanti ed induisti, le cui tasse statali sono devolute molto benignamente ad una ideologia religiosa che li combatte accanitamente e che se potesse tornerebbe ad accendere nuovi roghi! È come se gli Italiani – il paragone non vi sembri forzato – fossero costretti a finanziare l’Iran per lasciarsi plagiare: è la stessa identica cosa, anche se sembra assurda. Ma come ha detto qualcuno: “Il Vaticano è uno stato! L’Italia no!”. DA: LA RELIGIONE CHE UCCIDE
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