
Ci sono biciclette ovunque, anche legate al corrimano della scala che scende nel sottopassaggio (chiuso da anni). Mi domando se per il Comune sarebbe molto dispendioso installare qualche rastrelliera in più.
Il tempo non potrebbe essere migliore: stamattina ha piovuto e la temperatura si è abbassata abbastanza da rendere il caldo gradevole. Mi immergo nella folla, ancora piuttosto tranquilla.
Dall’arco del Palazzo comunale escono a intervalli i gruppi di giocolieri, saltimbanchi, trampolieri, attori, musicisti e danzatori. È una festa davvero spensierata e gioiosa, una delle rarissime occasioni in cui si ritrovano nello stesso momento e nello stesso posto tre, forse quattro generazioni di persone: dai lattanti fra le braccia di madri fricchettone ai vecchietti incuriositi che osservano con benevolenza le nostre follie.
Il Crescentone e il resto di piazza Maggiore sono gremiti di gente colorata: chi rischia di sentirsi troppo anonimo viene catturato dai pintores che, rigorosamente con tempere acriliche, si sbizzarriscono a tinteggiare i volti di chi per un giorno vuole dimenticare la grigia quotidianità. In realtà, personalmente, ritengo di essere già sufficientemente colorato dentro ma, mio malgrado, vengo sottoposto al rudimentale body painting che mi trasforma, a detta di alcuni, in un guerriero indiano. Provo timidamente a protestare: «Ho la pelle delicata…», ma la mia obiezione non viene accolta. Così rimarrò uno pseudo apache fino a notte inoltrata.
Inizio della parata
I laboratori della Par Tót cominciano molti mesi prima del “grande giorno” e riuniscono centinaia di giovani, in prevalenza studenti, che vogliono imparare le basi di un’arte ma soprattutto divertirsi. I corsi riguardano diversi ambiti espressivi, dalle percussioni al flamenco, dalla danza africana alla break dance, dal teatro “psicomico” alle performance circensi, all’esibizione di costumi realizzati con materiale di scarto.
La parata ha inizio. Un corteo pacifico e sgargiante scivola come un grosso fiume verso piazza Nettuno e imbocca via Rizzoli, improvvisamente sottratta all’egemonia delle auto.
Si possono percepire le vibrazioni positive che saturano l’aria, lo spirito di comunione universale che pervade i pensieri, che attraversa gli sguardi, che profuma e addolcisce i sensi. Tranne l’udito: all’altezza della statua di Ugo Bassi le mie orecchie cominciano ad accusare i colpi battuti incessantemente sugli innumerevoli tamburi e tamburelli; all’incrocio con via Marconi raggiungo il limite di sopportazione e decido di defilarmi per un po’, approfittandone per mettere un boccone nello stomaco.
Avanti fino all’alba
Dopo cena raggiungo la parata verso piazza dei Martiri e mi rituffo nella bolgia che, con lo scendere della sera, si fa più disordinata e caotica, annebbiata dalla stanchezza e dall’alcol.
Infine, è il parco della Montagnola a essere preso d’assalto dai partecipanti, e sembra che con il buio il luogo si risvegli da un antico torpore, come un vampiro nella sua bara. La festa continua con il concerto dei Gatta Molesta, allegri e “caciaroni”, e i vari gruppi di musicisti sparsi in giro.
L’incedere dell’alba permette ai nostri occhi arrossati la visione del campo di battaglia abbandonato e stravolto. Farebbe onore a tutti noi se del passaggio di tutta questa gente non si dovesse trovare neanche un bicchiere di plastica abbandonato per terra… Ma forse questo non potrà mai accadere.
L’immagine: un momento della festa, proprio in Piazza Maggiore.
Luca Manni
(LM BO n. 4, 15 luglio 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 43, 1 luglio 2009)