L’uomo di sua madre non era suo padre, per lei era stata una storia veloce con un altro. E quel piccolo appena nato era già il bastardo! Non poteva far parte di quella famiglia… Ma lui era solo un bambino… solo un bambino… Non lo volevano perché suo padre non era lo sposo di sua madre, ecco perché l’hanno messo in un orfanotrofio. I suoi primi cinque anni di vita li ha passati proprio lì. Poi la madre venne a riprenderselo, e iniziò la sua vita nella favela…
È la storia di Calixto ma è anche la storia dei bambini del Brasile, quelli che con disprezzo vengono chiamati meniños da rua. È storia di soprusi, di abbandono, di criminalità, di droga… Ma è anche una storia che può essere di salvezza, grazie alla poesia, grazie alla musica…
Calixto e l’arte come salvezza
Appena entrato a Campo Limpo, favela a sud di San Paolo, Calixto inizia a drogarsi con colle, solventi, pillole… qualsiasi cosa… A 17 anni però passa al crack misto e alla marijuana… Calixto attraversa l’adolescenza… Fa da prima lo scippatore in una banda, poi passa a rubare auto. Ormai è pronto per essere assoldato dal crimine organizzato. Poi un giorno…
Era pomeriggio. Il ragazzo era seduto nel cortile di casa. Si trovava con altri suoi amici coi quali scherzava, come si fa tra ragazzini. Sembrava che la vita per qualche momento gli avesse restituito l’adolescenza, aveva diciassette anni, anche se parlava come un adulto: “Questa è l’ultima sigaretta che fumo”, diceva agli amici, accendendosene una già tra le sue labbra. Gli amici lo prendevano in giro per quello che aveva detto, gli davano dello sbruffone. E lui si faceva serio, come per darsi un tono, ma poi tutti scoppiavano a ridere. Fuori, sulla strada, si sentirono dei rumori e quasi immediatamente alcuni spari… I ragazzi scapparono a vedere cosa stesse succedendo. C’erano dei poliziotti con le pistole in mano e molta confusione in quel pezzo di favela. Una persona era per terra in una pozza di sangue, senza vita: era il fratello di Calixto, il quale stava in piedi davanti a quel corpo esanime…
Da allora ha smesso di fumare. Ha deciso di riprendersi il controllo della propria mente. Si obbliga, ogni giorno, qualunque cosa faccia, se cammina per strada o se gira per il quartiere, a osservare la realtà che lo circonda e a comporre rime, poesie, storie che la raccontino… Ha scelto la strada della vita. Dopo la morte di suo fratello ha sviluppato negli anni uno stile poetico e ritmico molto personale, i suoi testi hip-pop sono tutti centrati su temi sociali cruciali, legati all’ambiente giovanile e alla vita in una condizione precaria quale quella della favela, e riescono a essere un modello positivo di ispirazione e stimolo per i suoi coetanei.
“…sequestro, fame, povertà, mancanza di tutto / favela favela non è una telenovela / differente dalla vita bella / niente di tutto quello che si vede in tv si ha / mega tv, bagni grandi come la mia casa / tv che sembrano un cinema / macchine di importazione / ehi la realtà è molto differente / qui lo scambio è fra pazzi / il denaro è poco la mattina c’è poco da mangiare / qui vivono i topi / non puoi capire il nostro fuoco”.
La linea d’ombra tra vita e morte: Rinaldo
Rinaldo ha 14 anni ed è un esempio tipico di meniños da rua. In effetti Rinaldo potrebbe benissimo essere un ragazzo di qualunque ghetto del mondo, dai quartieri mafiosi del Sud Italia, agli slums newyorkesi, dove le regole della convivenza civile vengono ricodificate attraverso codici d’onore e di supremazia che offuscano la linea divisoria tra la vita e la morte…
Smettere, smettere, perché dovrei smettere…? Smettere cosa? Smettere con la droga!
Forse perché passare dalla colla al crack, alla tua età, non è molto salutare.
Io sto bene così, capisci!? Se la pietra fa male, fa male a me… Vuoi che diventi pazzo pensando che forse potrei rimetterci…? Ma rimetterci cosa…?
La vita, per esempio!
La vita… ih… ma non capisci che io così ci guadagno invece!
Ci guadagni cosa, a morire…?
Ma non capisci allora! Ho già vissuto abbastanza, e fumare mi fa star bene. Ecco tutto! Non esiste questa storia di morire per la pietra… Anzi meno male che ne ho sempre un bel po’ dietro.
Ma quanta te ne fai in un giorno?
Una ventina al giorno e sto bene, io sono tranquillo…!!! Certo ci sono quelli che escono fuori di testa, ma non è così per me…
E chi sono…? Chi sono…? Dimmi…?
Ma sono sballati, fuori di testa, che fumano tutto il giorno e non fanno altro. Sono talmente rincoglioniti che non sanno neanche il proprio nome… Fumare è grande, ma io so controllarmi! Guarda… Guarda… La vedi quella…? Quella ragazzina lì? Quella se l’è fatta mezzo mondo… Me la sono fatta anch’io! Grande trombata… Eh… Eh… Eh… Sai quanto si fa pagare, la zoccola? Il prezzo di una pietra.
Ma non capisci che quella è una vittima come te?
Vittima…? Ehi… Io non sono vittima di niente… E’ quella che è una fottutissima fuori di testa…! Cazzo! E’ proprio scema, quella! Una pietra le dura niente! E diventa matta…! E’ sempre alla ricerca di nuovi clienti per comprarla… Ma perché non si fa pagare di più? Almeno può averne di più e battere meno… Non ti pare?
Perché parli così? Ti senti tanto diverso da lei?
Ehi! Te lo ripeto: c’è gente che non sa vivere. Io so vivere! Ma lo sai cosa dicono di me? Che sono un tipo astuto. E lo sono davvero… Eh… Eh… Eh… La droga, dici? Potrei uscirne quando voglio!
Tereza, da bambina a prostituta
“Vivevo con mia madre, allora… Lei faceva la donna delle pulizie e dopo che ebbi lasciato la scuola, passavo le giornate a oziare. Non avevo mai soldi in tasca. Lei lo diceva sempre: la signora Santos ti può sistemare, tu sei bella, e ti prenderebbe subito! Se no c’è la lavanderia, puoi lavorare lì. Basta che ti decidi! Lavorare in una lavanderia? Io? No! Non mi andava proprio. Poi lo dicevano tutti che ero bella, e che avrei potuto fare di meglio”.
Una sera Tereza si trovò ad accompagnare l’amica Marcia a una festa nella Bolla di San Paolo, cioè il centro della città, dove ci sono i grattaceli e dove vive quel ceto sociale abbiente che governa le sorti della città… Tereza, quella sera, era capitata proprio in una festa di ricconi. C’era un sacco di gente. Marcia conosceva molte persone poiché lavorava già per la signora Santos. Quella sera aveva un vestito meraviglioso, costato 500 reais, circa 270 euro… Considerato che 100 reais è un mese di lavoro in lavanderia… Marcia si vantava della sua vita e di tutta la gente che incontrava, una cosa questa che la faceva sentire una regina. Marcia aveva quattordici anni ed era una delle ragazze più richieste della signora Santos. Aveva cominciato a lavorare per lei a dodici anni, fu la madre stessa che la portò dalla signora, le vendette la sua verginità, cosa che nel mercato è molto richiesta.
“Tu la verginità l’hai già persa!” le diceva “quindi di cosa hai paura? Con la signora diventi una regina pure tu”. Le chiese di provare una volta a fare una marchetta e se fosse andata bene l’avrebbe portata dalla signora… Marcia le disse che c’era un suo cliente che la voleva quella sera stessa. Per 50 reais avrebbe potuto farlo. Era sulla sessantina. Sembrava una persona gentile, a modo. Era un proprietario di terre. Marcia si raccomandò con lui di non farle male, perché era la prima volta. E quando glielo disse, sembrava che gli occhi gli luccicassero…
“Salimmo sulla sua macchina. Chiuse il vetro che lo separava dall’autista e iniziò a spogliarmi… Non mi fece male, fu gentile, solo qualche sculacciata, gli piaceva sculacciare le sue bambine, come diceva sempre, ma non mi fece molto male, e poi a me quella cosa un po’ mi divertiva… Sentirmi la sua bambina, dico…”.
Pochi giorni dopo Tereza lavorava già per la signora Santos… All’inizio era insieme a tre ragazze della favela di Campo Limpo, quasi sempre al motel… La prima marchetta per la signora la fece con loro… Il cliente era un industriale che aveva prenotato tre ragazze, ma appena la vide volle solo lei e le altre rimasero in macchina per quella sera. Tereza era contenta che aveva scelto solo lei…
“Mi faceva sentire importante, anche se il cliente era un po’ violento. Gli piaceva il dominio, senza picchiarmi però, ma quando mi prendeva lo faceva con violenza…”.
L’operazione San Paolo
Dopo che arrestarono la signora Santos, Tereza andò in strada, non che battesse la strada, ma si mise a frequentare i locali esclusivi della Bolla e si creò il suo giro… La signora Santos venne arrestata in seguito a una intercettazione telefonica con un importante industriale: Serafin de Tommazo, erede di una industria legata al guaranà. Era un cinquantenne sposato e con un figlio di 16 anni.
Al telefono Tommazo chiese una vergine… La signora gli propose una bimba di undici anni, offerta dalla stessa madre… Serafin de Tommazo fu entusiasta della proposta… La signora gli chiese 1000 reais per un incontro. Ma lui protestò, protestò vivamente: 1000 reais per un incontro? Una follia! Contrattarono per alcuni minuti. Poi trovarono un accordo: 2000 reais per quattro incontri. Con una clausola, però, che, se la bimba non avesse sanguinato e quindi avrebbe voluto dire che non era vergine, allora tutto sarebbe saltato, e lui avrebbe pagato una normale marchetta.
Furono arrestati tutti, anche i clienti. La chiamarono l’operazione San Paolo. La cosa fu strana perché solitamente i clienti sono intoccabili, anche perché se dovessero arrestare tutti gli uomini che in Brasile cercano sesso con le ragazzine non basterebbero tutte le prigioni… Almeno era questo che diceva sempre la polizia…
L’immagine: scorcio della favela Campo Limpo a San Paolo.
Marco Marano
(LM Magazine n. 2, 15 maggio 2008, supplemento a LucidaMente, anno III, n. 29, maggio 2008)