Il documentario “Il cerchio perfetto” della regista emiliana Claudia Tosi sarà proiettato “una tantum” presso il cinema Galliera, alla presenza della stessa autrice
«Bevono, osservano la pioggia, e cercano di non pensare alla morte, come quando chiudono gli occhi e si lasciano portare lontano dalla musica o dal vento». Così vivono il periodo finale della propria esistenza i protagonisti de Il cerchio perfetto, delicata e commovente opera cinematografica sul fine vita di alcuni malati terminali.
In questi giorni il documentario, dopo un’affollata presentazione alla Camera dei Deputati, viene proiettato in giro per l’Italia. Martedì 3 maggio sarà la volta di Bologna, presso il cinema Galliera (via Matteotti, 25-27), con inizio alle ore 21 (biglietto € 6,00). Realizzato da Movimenta e coprodotto da Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Slovenia, l’opera è ambientata nell’hospice oncologico “Casa Madonna dell’Uliveto” a Montericco di Albinea, sulle colline in provincia di Reggio Emilia. L’autrice è l’ormai esperta regista emiliana Claudia Tosi, che ne Il cerchio perfetto ha deciso di seguire due malati e i rispettivi coniugi. Ivano e Meris cercano di afferrare ogni sprazzo di vita nel tempo che è loro concesso.
Non vogliono arrendersi alla malattia, così quasi incarnando i celebri versi del 1951 del poeta Dylan Thomas (Swansea, 1914 – New York, 1953): «Non andartene docile in quella buona notte, / i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno; / infuria, infuria, contro il morire della luce. / Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta». I due malati sono circondati dai loro cari. La pellicola, pertanto, intreccia anche due storie d’amore e la possibilità di dare un senso alla vita quanto più si è vicini alla morte.
La telecamera osserva da vicino i protagonisti, con rispetto e senza violare la loro
dignità. Solo il loro sarcastico umorismo nero ci riporta alla durezza dell’ineluttabilità del ciclo di vita e morte. Oltre al tema del fine vita, Il cerchio perfetto tratta delle cure palliative che possono fornire sollievo psicofisico ai pazienti e loro familiari. Ha affermato l’autrice del documentario: «L’idea di questo lavoro è nata da una mia esperienza personale. Mia madre è
morta dopo avere sofferto 19 anni di una malattia cronica. Standole accanto, ho provato ogni genere di emozione, dal rifiuto della malattia fino all’accettazione della “vita temporanea” della mamma. Eppure, dopo che è morta, nel ricordo che ho conservato di quegli anni, non c’è quasi traccia del dolore».
«Ho pensato allora – continua la Tosi – di fare un film che raccontasse la sconvolgente, terrificante, meravigliosa esperienza che è il prendersi cura, cercando di accompagnare lo spettatore lungo un cammino alla fine del quale si può anche trovare un inaspettato senso di leggerezza. Quando ho trovato l’hospice “Casa Madonna dell’Uliveto” sulle colline reggiane, a pochi chilometri dalla mia abitazione, ho capito che era il luogo perfetto in cui ambientare la mia storia. Due ospiti, in particolare, hanno attirato la mia attenzione, Ivano e Meris: un vecchio burbero arrabbiato col mondo e una dolce signora rassegnata al suo destino. Non mi aspettavo che mi trascinassero dentro le loro esistenze, ma ho lasciato che accadesse e, senza accorgermene, mi sono ritrovata di fronte alla vita e non più alla malattia».
L’autrice descrive così il proprio lavoro: «Il film intreccia due storie d’amore e la possibilità di ritrovare il senso del vivere quando si sta per morire, perché la cura prestata nel fine vita permette di amare fino all’ultimo respiro e non un minuto di meno». Il cerchio perfetto del titolo è il ciclo delle acque: «Quando nasciamo – aggiunge la Tosi – siamo per l’85% acqua, in vecchiaia per il 50%. Quando moriamo, torniamo nel ciclo delle acque, quindi nessuno se ne va mai via per sempre». Alla visione del film saranno presenti, oltre alla stessa autrice del film, vari esponenti di Libera Uscita, associazione per il diritto a morire con dignità, tra i quali la presidente Maria Laura Cattinari e il referente regionale Rino Tripodi, direttore della nostra rivista.
Claudia Tosi è nata a Modena nel 1970 e cresciuta a Rolo (Reggio Emilia); oggi vive a Carpi (Modena). Ha studiato Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna. Nel 2004 ha realizzato Private Fragments of Bosnia, miglior documentario al Genova Film Festival del 2004 e al Mediterraneo Video Festival del 2005. Nel 2006 ha diretto Building the winter games, tre episodi di 46 minuti, una produzione Stefilm per Discovery Channel Europe. Nel 2008 ha girato Mostar United, in concorso a Idfa 2008 nella sezione “First Appearence”, in nomination al Prix Europa 2009, nonché selezionato al Trieste Film Festival del 2009, ottenendo il secondo posto al premio del pubblico.
(g.b.)
(LucidaMente, anno XI, n. 125, maggio 2016)
Sulle tematiche del fine vita LucidaMente ha pubblicato numerosi articoli, tra i quali ricordiamo, in particolare: Delicate immagini sul fine vita Ci sarà una legge italiana sull’eutanasia? Consegna delle firme per l’inserimento del testamento biologico nella card sanitaria Per inserire il testamento biologico nella tessera sanitaria Due lettere al potere politico sul fine vita La via francese al fine vita Bene eutanasia, meglio ancora vivere e assistere Il dolore e l’eutanasia Appello-petizione on line di Mina Welby per la legalizzazione dell’eutanasia Per una legge pro eutanasiaQuando Martini difese Welby Diktat di Bagnasco sul testamento biologico «…e alla fine / ce l’hai fatta, / l’hai liberata, / e quel purosangue d’una puledra / ha saltato gli steccati / e via!» Il testamento biologico? Intanto, fallo on line! “Testamento biologico. Istruzioni per l’uso. Il punto della situazione in Italia e a Bologna” Un 2011 in LiberaUscita “Sospesi tra terra e cielo” Sul testamento biologico un’operazione antidemocratica Corpo, potere, idea, testamento biologico Alla fine, “L’ultimo gesto d’amore” Temi di fine vita: un nuovo metodo Da Luca Coscioni a Eluana Englaro Il dominio del potere su anime e corpi Prepotenza “cattolicista” e carte di autodeterminazione Andarsene con dignità
Da Luca Coscioni a Eluana Englaro
Inoltre, a cura della nostra rivista e dell’associazione LiberaUscita, nel 2007 è stato dato alle stampe Non sono un assassino. Il caso “Welby-Riccio” francese (Prefazione di Mario Riccio, Introduzione di Giancarlo Fornari, inEdition editrice/Collane di LucidaMente, pp. 176, € 15,00) di Frédéric Chaussoy, traduzione di Je ne suis pas un assassin, edito in Francia da Oh! Editions. Per saperne di più: La vicenda di un giovane, della madre e di un medico; “In Francia affetto e simpatia, in Italia…”; “Non sono un assassino”: quando prevale l’umanità; “Occorre rispettare il volere dei malati”; Il caso Humbert e l’anomalia italiana; Video della presentazione in prima nazionale di “Non sono un assassino” di Frédéric Chaussoy.
Sono Lydia Pavan, socia di Libera Uscita e scrivo da Roma. Ho letto la trama del documentario della regista Tosi, che aumenta il valore mediatico di un problema oggi molto sentito e sofferto. Tra le tante mancanze degli oppositori a queste tematiche c’è quella di non riconoscere il coraggio di chi ritiiene un diritto l’autodeterminazione, un diritto affrontare la morte come desidera. Da vedere e discutere anche il film di Stéphane Brizé : “Quelques heures de printemps”, dove si vede un figlio che accompagna la madre con cui ha ripreso a parlare
Gentilissima Lydia, grazie per averci scritto, per le sue riflessioni e per la segnalazione cinematografica.