Al di là dell’estrema scelta eutanasica, come non dare ragione all’attore e al giornalista?
Hanno destato scalpore le dichiarazioni fatte da Alain Delon in un’intervista a Paris Match ripresa da Il Corriere della Sera del 19 gennaio 2018 (Alain Delon: «Se muoio prima del mio cane, sopprimetelo e seppellitelo con me») e un editoriale del giorno successivo di Vittorio Feltri, apparso su il Giornale (Vittorio Feltri, Alain Delon ha ragione a non fidarsi degli eredi), quotidiano di cui è direttore.
Due uomini considerati “duri”, comunque ruvidi, burberi, a molti non simpatici, apparentemente privi di dolcezza, certamente di successo, che hanno avuto tutto dalla propria esistenza, ma che, proprio per questo, ben conoscono vita e spietatezza umana. E pervengono a una identica, amara, drastica conclusione: gli esseri umani sono una delusione, nella loro cattiveria e meschinità intrinseche; meglio gli animali. Ed è preferibile che questi ultimi muoiano con noi piuttosto che vengano uccisi, abbandonati, maltrattati, mal sopportati e comunque non amati da chi (non) se ne curerà. Ha detto Delon (che vive da solo, con un cane e un gatto): «Quello che so è che non lo lascerò da solo. […] Se dovesse morire prima di me, cosa che spero, non ne prenderò più altri. Se morirò io prima di lui, chiederò al veterinario di lasciarci andare insieme. Gli farà una iniezione letale in modo che se ne vada tra le mie braccia. Preferisco così piuttosto che sapere che morirà sulla mia tomba con tanta sofferenza».
Feltri si è nettamente schierato in difesa dell’attore francese: «Delon non ha torto. Dice che se dovesse morire, e gli auguriamo ciò possa accadere il più tardi possibile, preferirebbe che il suo cane sparisse con lui. Ovvio. Chi si fida degli eredi, figli, nipoti, eccetera, i quali, non appena incassato il bottino, se ne fregano delle volontà del defunto e si regolano secondo il proprio interesse? In sostanza, arraffano, litigano tra loro per arricchirsi e del resto non si occupano. […] Questa è saggezza ispirata alla conoscenza dello sporco mondo che ci circonda anche in famiglia».
Poi, inaspettatamente, Feltri palesa il proprio privato e mostra una sensibilità commovente: «Io e la mia consorte abbiamo alcuni gatti ai quali siamo molto affezionati. La nostra preoccupazione è: se ci tocca tirare le cuoia, quale destino avrebbero i nostri adorati mici? Abbiamo dei figli. Ma essi hanno la loro vita. Se non riescono a dedicarsi ai genitori, come pretendere che si prendano cura dei felini? Non siamo tanto ingenui da pensare che assicurino alle bestiole l’amore garantito da noi. […] Quando la sera rientro a casa e vedo gli occhi dei miei mici provo un sentimento profondo. Mi piace accarezzare il pelo morbido di questi meravigliosi esseri e non reggo all’idea di perderli».
Come non essere d’accordo con Delon e Feltri? La purezza, la mancanza di malignità, di tradimento, rendono gli animali molto migliori degli esseri umani ‒ uomini, donne o lgbt, uguali sono. Una Terra con poca di quella feccia chiamata umanità (leggi «Gli uomini sono come una lebbra») e tanti animali ‒ molti in via di estinzione ‒ sarebbe un paradiso… Oggi, complice anche la globalizzazione, è sempre più un inferno. Su tale sempre più progressiva sensibilizzazione verso i nostri fratelli abitanti il pianeta, avevamo già scritto un paio di anni fa su LucidaMente Gli italiani hanno scoperto l’amore per gli animali.
Il catenaccio era significativo: «Probabilmente per la prima volta nella storia del Belpaese, cani e gatti vengono rispettati e a volte adorati». E avevamo cercato di cogliere le cause di questo mutamento antropologico in senso zoofilo: «La gente è delusa dai rapporti interpersonali, non ha fedi, ideologie o certezze e vede attorno a sé un mondo orribile, caratterizzato da potentati economici incontrollabili, precarietà occupazionale, fanatismi medievali, ambiente naturale rovinato. Come consolarsi, se non con un ingenuo, fedele, batuffolo di morbido pelo, che ci ama e ci amerà sempre? O, al contrario, abbiamo bisogno, più che di amore, di qualcuno da amare che non ci deluda, non ci tradisca. O, ancora, vogliamo proteggere un essere che resterà bambino per sempre, un innocente senza malizia». E, comunque, «l’aumento della sensibilità verso le bestiole è positivo. Indica un avanzamento della civiltà, un affinamento dei costumi, maggiore umanità». Almeno, di una parte della spregevole, odiosa, ignobile, umanità…
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 146, febbraio 2018)