Come mai non si parla più di “controllo delle nascite” proprio quando la questione è diventata vitale? La Terra non ce la fa più, ma sul fronte demografico si gioca una partita fondamentale. E sporca, molto sporca
Da un lato l’Europa (e le civiltà occidentali in genere), con un tasso di natalità bassissimo (e quindi una popolazione vecchia): un atto di responsabilità, vista la densità demografica ormai giunta da tempo al massimo rispetto al territorio disponibile. Dall’altro Africa e buona parte dell’Asia con coppie irresponsabilmente prolifiche, nonostante le infime opportunità economiche e la scarsità di terre abitabili e risorse fruibili. In mezzo l’emigrazione irregolare; e la Terra, la natura, l’ambiente, che non ce la fanno più a sostenere l’impronta ecologica complessiva del più distruttivo animale comparso sul pianeta: l’homo sapiens sapiens.
Qualche cifra. Impressionante per chi non s’è mai posto il problema. Quest’anno la popolazione mondiale ha raggiunto i 7,5 miliardi di abitanti. L’umanità aveva impiegato 200.000 anni per raggiungere il primo miliardo; ce ne ha messo solo gli ultimi 200 per pervenire alle cifre odierne (Come la popolazione sulla Terra è cresciuta a quota 7 miliardi in solo 200 anni. Il video). Secondo alcune proiezioni, anche in presenza di una diminuzione dei tassi di natalità, nel 2050 la Terra avrà 9,7 miliardi di abitanti e 11,2 miliardi nel 2100. In tale scenario risorse come acqua e cibo potrebbero forse anche bastare, ma quale sarebbe la qualità della vita degli esseri umani, costretti per di più, dati i cambiamenti climatici, a territori abitabili sempre più limitati? Non solo. Vogliamo rivolgere un pensiero anche ad animali e piante, che dovrebbero lasciare sempre più spazio a questa moltitudine, oltre che alle coltivazioni e agli impianti industriali necessari per il suo mantenimento?
Come s’è detto, il trend della popolazione è disuguale. Da decenni in Europa c’è un calo degli abitanti, a tal punto che si è coniata la metafora Inverno demografico. A volte drammatico, come in Italia, dove il numero medio dei figli per donna è di 1,35 ‒ vedi Gli italiani si stanno estinguendo (e, forse, è giusto così). Ricordiamo che il tasso medio di natalità richiesto per mantenere la popolazione costante è di 2,1 per donna. Tra gli stati più “fertili” troviamo Repubblica democratica del Congo, Guinea-Bissau, Liberia, Niger, Afghanistan, Mali, Angola, Burundi, Uganda, Sierra Leone, Ciad, ecc., ovvero, alcuni dei paesi più poveri del mondo. Entro il 2050 la popolazione dell’Africa subsahariana dovrebbe aumentare del 50%. Da un lato una popolazione in diminuzione e sempre più vecchia, dall’altro una in forte incremento e con preponderanza di giovani.
Nel complesso, un mondo nel quale chi potrebbe far figli con una ragionevole probabilità che abbiano un futuro dignitoso, non li fa; e si avvia all’estinzione. Chi, invece, ha scarse possibilità di assicurare alla propria prole una vita decorosa, procrea in maniera irrazionale e incosciente. Questa è la situazione del pianeta Terra. E non da oggi. Da parecchi decenni. Forte è la tentazione di riempire i vuoti lasciati in Europa attraverso immigrati provenienti da Africa e Asia. Fin dal 2001 la Direttiva Popolazione dell’Onu prevedeva apertamente la replacement migration (“immigrazione sostitutiva”). Insomma, nessun complottismo da parte dello scrittore francese Renaud Camus, che ha denunciato la “Grande Sostituzione”: si tratta di un progetto reale. Però, ciò che sembrerebbe ineluttabile non lo è. Anche i paesi dell’Europa orientale o il Giappone stanno vivendo un suicidio demografico. Qualche cifra, in base a quanto si prevede nel 2050, sperando di fornire strumenti di analisi e di riflessione e non di annoiare il lettore. I polacchi saranno 32 milioni rispetto agli attuali 38. Nella Romania sparirà il 22% della popolazione “indigena”, in Moldavia il 20%, in Lettonia il 19%, in Lituania il 17%, in Croazia il 16%. Se si esclude la popolazione rom, l’Ungheria ha un tasso di natalità dello 0,8: un record negativo mondiale. Sarà però la popolazione bulgara a subire, in percentuale, il calo più micidiale: il 27,9%.
Tutti questi paesi, tuttavia, non adottano una politica di accoglienza verso i migranti; in pratica, non vogliono immigrati, soprattutto di cultura e religione incompatibili con la loro nazione. Stanno piuttosto cercando di attuare delle politiche di aiuto alle famiglie con bambini. Infatti, gli europei, e gli italiani in particolare, non mettono più al mondo figli soprattutto a causa di problemi economici e perché non ricevono adeguati aiuti dallo stato (lavoro, permessi pre e post parto, alloggi popolari, scuola, sanità, trasporti, assistenza). Stato che, invece, li offre prevalentemente agli stranieri, che fanno tanti più figli. Ci sarebbe da chiedersi perché, visto che, se migrano per miseria, dovrebbero pur avere dei problemi economici… Risposta: “È la loro cultura”.
Insomma, lo stato non aiuta i propri concittadini perché non fanno più figli (e perché, per loro, soprattutto per loro, non ha risorse) e gli europei non procreano perché lo stato non li aiuta: un cerchio perfetto. Cifre ufficiali: 4,7 miliardi di euro all’anno vengono destinati per l’accoglienza dei migranti e solo 1,7 per i dieci milioni di italiani entro o al limite della soglia di povertà; quasi nulla per le giovani coppie e la loro prole. Un ulteriore problema è che i mutamenti demografici futuri non saranno solo quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi. Sul piano del livello culturale, della maturità civile e politica. E delle religioni professate. Entro il 2100 sul pianeta i musulmani (tasso di fertilità 3,1) saranno di numero almeno pari a quello dei cristiani (tasso di natalità 2,7) e negli Usa scalzeranno gli ebrei come secondo gruppo religioso. Buddisti, atei e agnostici, pur crescendo in termini assoluti e come scelta culturale, scenderanno in percentuale per il basso indice di natalità (rispettivamente 1,7 e 1,6). In Europa gli islamici toccheranno il 10%.
In Italia, mentre sono centinaia di migliaia i connazionali che emigrano ogni anno, gli stranieri residenti sono attualmente cinque milioni (8,3%). Non si tratta di un piccolo numero, come qualcuno vuol farci credere, perché non tiene conto dell’alta prolificità, nonché degli irregolari e dei naturalizzati; se si aggiungono questi ultimi, la somma sarebbe senz’altro superiore. Tuttavia, se l’attuale tendenza di arrivi dovesse continuare, nel 2065 il numero di immigrati di prima e seconda generazione raggiungerà nel nostro paese i 22 milioni di persone, circa il 40% della presumibile popolazione totale.
Dello squilibrio demografico si aveva coscienza e se ne parlava spesso negli anni Sessanta-Settanta. Non solo, si attuavano i famosi piani di “pianificazione familiare”, con annessi metodi contraccettivi, quando non proprio di sterilizzazione volontaria dopo un certo numero di figli. Oggi tutti (o quasi) tacciono. E chi non tace, viene insultato come “razzista”. Perché? Eppure, la situazione è peggiorata, anche per via dell’ondata migratoria che si è abbattuta su Europa, Usa, Australia, mettendo a grave rischio le economie e la sicurezza dei paesi investiti. Tutto casuale? No. Aveva dunque avuto lo sguardo lungo e intuito tutto l’eccentrico pensatore Albert Caraco nell’affermare che ad avere vantaggio da un mondo sovrappopolato (e orribile) sono religioni e capitalismo? Sì. Per questi, infatti, è molto utile avere a propria disposizione miliardi di ignoranti fanatici e di manodopera a bassissimo costo (vedi «Gli uomini sono come una lebbra» e Religioni? Il cancro del genere umano). Vediamo più approfonditamente quali sono i motivi, tutt’altro che nobili, che spingono i più formidabili poteri mondiali (economico-finanziari, religiosi, nazionalisti) a volere che la Terra scoppi di animali umani.
Una popolazione che arresti la propria folle crescita significa meno consumatori e meno operazioni finanziarie. La grande finanza e le banche ne sono coscienti. E avere più immigrati in zone economicamente più agiate significa avere nuovi consumatori, oltre che lavoratori sindacalmente deboli e a basso costo: ecco uno dei motivi per i quali i grandi poteri sono così “immigrazionisti” e “accoglientisti”. Non certo per motivi umanitari. La globalizzazione ha fatto calare il costo del lavoro e dilatato il mercato delle merci dalle singole nazioni ai miliardi di consumatori di tutto il pianeta. Senza limiti. Così si propaganda il totale movimento di persone, merci, idee, soldi, ecc., come se fosse un elemento di libertà. Ma l’arricchimento vale solo per le imprese in grado di competere sul mercato globale. O per intere nazioni, come la Cina, che hanno visto moltiplicarsi il Pil grazie alla globalizzazione.
Nascite e sviluppo economico sono l’ingrediente-base affinché la globalizzazione permetta giganteschi profitti a pochi. La stessa Cina ha abolito la legge sul figlio unico per aumentare i consumi interni, allorquando ha visto che il proprio Pil aveva cominciato a rallentare la propria corsa forsennata. A tale calcolo si affianca l’interesse geostrategico, dato il boom demografico della vicina India. I poteri religiosi hanno sempre combattuto il controllo delle nascite. Nel Nord America, a causa della maggiore prolificità di messicani, centroamericani e latinos, il numero dei cattolici supererà quello delle altre religioni cristiane. Ma è soprattutto l’islamismo a usare l’arma demografica. Con aperte dichiarazioni. Da quella del presidente algerino Houari Boumédiène, che nel 1974 pronunciò le seguenti parole: «Presto irromperemo nell’emisfero del nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria». Alla recente dell’autocrate turco Recep Tayyip Erdoğan, che ha raccomandato ai propri connazionali in Europa di mettere al mondo almeno cinque figli a coppia.
In numeri assoluti l’India avrà la più numerosa popolazione musulmana al mondo. E in tutto il continente africano il rapporto di forza tra islam e religioni cristiane si gioca sulla prolificità. Gli arabo-israeliani puntano a superare demograficamente i residenti ebrei. La guerra sunniti-sciiti ha anche risvolti demografici, visto il gran numero di iraniani sciiti. Molte nazioni africane e del Medio Oriente puntano su alta natalità e conseguente emigrazione per avere un peso politico in Occidente e incassare i soldi che i loro connazionali inviano in patria. L’emigrazione è, infatti, come si è accennato, un affare anche per i paesi poveri di partenza, grazie alle rimesse che arrivano. All’esplosione demografica in Africa guardano con interesse sia la Cina sia i produttori di petrolio, che sperano in un rialzo del prezzo del greggio.
In linea generale, più popolazione, più peso geopolitico ed economico. Una legge di Realpolitik usata da sempre nella Storia, e non solo dai regimi totalitari. Vi par poco? Chi si prende la grana di iniziare a fare un passo indietro? A causa di tutti questi interessi affinché la popolazione mondiale cresca, chi esprime pareri discordi sul boom demografico e sull’emigrazione o perplessità sulla bontà della globalizzazione è bollato come razzista o retrogrado. Oggi un Paul R. Ehrlich, che negli anni Settanta tanto ascolto trovò con la sua denuncia espressa nel libro La bomba demografica, sarebbe ostracizzato da destra, sinistra e centro. Ma avere un minor numero di esseri umani sulla Terra cosa comporterebbe? Innanzi tutto, più cura e attenzione nei confronti dell’umanità, che sarebbe considerata più preziosa, proprio perché più scarsa. Meno inquinamento, traffico, utilizzo (e spreco) di risorse, calo della macellazione di innocenti animali per l’alimentazione umana.
Quindi una minore pressione antropica sull’ambiente, che potrebbe riprendere a respirare. Ritmi meno frenetici. Una migliore qualità della vita per tutte e tutti. Certo, i consumi rallenterebbero, vi sarebbe meno lavoro. Allora, dovrebbe ridiventare centrale l’azione della politica, con scelte non più procrastinabili, viste anche la robotizzazione del settore industriale, la meccanizzazione di quello agricolo e l’informatizzazione del terziario: redistribuzione delle ricchezze, diminuzione dell’orario di lavoro, reddito di cittadinanza, contenimento degli stipendi e delle pensioni più alte. Tutto sottratto al ricatto occupazionale dei grandi poteri economico-finanziari multinazionali. Non sarebbe un mondo migliore?
Ma perché è in particolare l’Europa a essere il bersaglio preferito per le alchimie demografiche dei grandi poteri globali? Perché è la patria della democrazia, dello stato sociale, dei sindacati a tutela del lavoro e dei lavoratori. Perché fino a qualche anno fa, prima di Unione europea e introduzione dell’euro, la politica nazionale faceva l’interesse dei propri cittadini. Tutto smantellato. Ultimo passo: poter padroneggiare, in un’Europa impoverita e priva di protezioni sociali derivanti dal welfare, un esercito di riserva del lavoro (denuncia sviluppata da Karl Marx fino a Diego Fusaro), un eccesso di forza-lavoro, senza coscienza civile né protezioni sindacali, da schiavizzare. Oppure imporre nuove supremazie, come quella islamica. Chiediamo scusa per un articolo tanto lungo, ma, forse, l’andamento demografico è la questione centrale sulla quale si giocherà il futuro del pianeta, dell’ambiente, delle civiltà, dell’umanità e del diritto dell’essere umano a poter vivere una vita dignitosa.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 143, novembre 2017)
Articolo perfetto. Non ho mai creduto ad improbabilissimi “complotti” ai danni dell’Europa bianca, ma la realtà sarà esattamente quella descritta ed è una ragione puramente economica. Il problema è che i fautori dell’invasione sono talmente stupidi che non hanno considerato gli effetti di questa loro politica delirante e cioè le inevitabili guerre razziali del futuro.
Gentilissimo lettore, la ringraziamo per i suo commento.