In occasione della rassegna lametina Il sabato del villaggio, Piergiorgio Di Cara, poliziotto e scrittore, ha parlato di mafia e ha rivelato i particolari della cattura di Provenzano
A Lamezia Terme (Catanzaro) si è da poco conclusa la rassegna culturale Il sabato del villaggio, giunta al suo quarto appuntamento annuale. Lo scorso 25 maggio l’ospite è stato Piergiorgio Di Cara, poliziotto, scrittore e sceneggiatore. Nato a Palermo quarantasei anni fa, Di Cara è entrato nella Polizia di Stato nel 1993, lavorando nella sua città e nella Locride, dove ha diretto la sezione operativa del Reparto prevenzione crimine di Siderno. Autore di vari racconti, romanzi e docufiction, ha vinto, a Pontedera, tre edizioni del premio Orme gialle e, dal 2002, è commissario presso la questura palermitana.
Da sempre le sue più grandi aspirazioni sono state due: essere poliziotto e narratore, perché, per lui, «la scrittura è un esercizio di psicanalisi. Rende più facile affrontare la vita». Quando Di Cara scrive – nelle ore serali o notturne, dopo aver messo a letto i suoi due figli– conosce il punto di partenza e di arrivo delle sue storie, ma le trame si sviluppano senza ordine. Egli stesso, infatti, afferma: «Scrivo istintivamente, senza mai, tuttavia, dover rivedere una storia». L’autore, all’inizio dell’incontro, ha ricordato la trilogia di romanzi da lui scritta: Isola nera (2002), L’anima in spalla (2004) e Vetro freddo (2006), editi da E/O. Successivamente, ha raccontato come si sia arrivati alla cattura di Bernardo Provenzano.
Sulla vicenda, nel 2008, è stato prodotto un docufiction, Scacco al re. La cattura di Provenzano, tratto da un libro di Claudio Canepari, dello stesso Di Cara e di Salvo Palazzolo. Il boss di Cosa nostra, dopo 43 anni di latitanza, era ormai considerato un fantasma. Numerosi appostamenti – seguendo i sacchetti dell’immondizia, che il nipote portava con sé, dopo aver visitato la zia, moglie di Provenzano – hanno consentito di scoprire che egli viveva in una contrada vicino Corleone, chiamata Montagna dei cavalli. Grazie a quei sacchetti si scoprì che il capo mafioso alloggiava proprio in una stalla attigua a una masseria. Nel corso della serata sono stati letti alcuni brani, scritti da Di Cara, che hanno fatto capire come sia mutato l’atteggiamento dei palermitani di fronte all’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: dallo sdegno iniziale, infatti, si è passati all’indifferenza attuale.
Lo scrittore, poi, ha commemorato – commuovendosi – l’anniversario della strage di Capaci, una delle pagine più atroci della storia italiana; per i palermitani onesti essa è paragonabile alla distruzione delle Torri gemelle di New York. Di Cara, in particolare, ha ricordato il 31 dicembre 1993, suo primo giorno di servizio, quando si trovò a lavorare con un collega che gli svelò il proprio dramma: egli faceva parte della scorta di Borsellino, ma, la domenica della strage, aveva chiesto di essere rimpiazzato, per affrontare una gara di culturismo cui teneva molto. L’agente, che lo aveva sostituito, morì nell’attentato. «Questa storia, che mi raccontò piangendo, mi straziò. È stato, quello, il mio primo giorno di servizio» ha ricordato il poliziotto.
Nonostante tutto, Di Cara continua ad amare Palermo, culla di cultura, da sempre, però, testimone di tragiche storie, come raccontano i graffiti delle grotte dell’Addaura. In uno di questi, il disegno rappresenta l’“incaprettamento” di due persone, mentre altre dieci vi danzano attorno. Tale pratica viene utilizzata ancora da Cosa nostra per punire i membri infedeli dell’organizzazione. Lo scrittore, quindi, ha descritto la guerra di mafia che, all’inizio degli anni Ottanta, contrappose la cosca di Corleone a quella di Cinisi, causando un migliaio di morti. Infine, in chiusura dell’evento, ha lanciato un messaggio ai giovani: «Per sconfiggere la mafia ci vogliono carabinieri e giudici, condizione necessaria ma non sufficiente. La mafia si distrugge, anche, con maestri di scuola e libri, libri, libri».
Le immagini: Piergiorgio Di Cara e un momento e un momento dell’incontro presso la rassegna lametina Il sabato del villaggio.
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno VIII, n. 90, giugno 2013)
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