Le discutibili ricadute scolastiche e mediche dell’introduzione “per legge” di nuove patologie
Tempo fa, sullo stesso argomento, Avevamo già pubblicato una lettera di un insegnante (vedi Come rovinare la scuola pubblica con le sigle… Adhd, Bes, Dsa). Pertanto, accogliamo con interesse la posizione del Comitato dei cittadini per i diritti umani, che pubblichiamo di seguito.
I Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) sono stati introdotti in Italia con la legge 170 dell’8 ottobre 2010 (Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico). La legge non prevede il trattamento farmacologico dei Dsa, ma nasconde dei trabocchetti.
Nel corso del 2015 le diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento sono aumentate di oltre il 70% in Emilia-Romagna: una vera epidemia. Non si vuol certo negare l’esistenza di bambini con problemi scolastici; tuttavia, si deve far suonare un campanello d’allarme: la didattica sta abdicando le sue funzioni ai neuropsichiatri, con possibili ripercussioni negative. L’articolo 1b della legge è già tutto un programma: «La presente legge riconosce dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia quali disturbi specifici di apprendimento». Le malattie (o “disturbi”, come sono definiti nel lessico psichiatrico) normalmente non hanno bisogno di una legge. Nessuna legge stabilisce l’esistenza della polmonite o dell’epatite: la loro esistenza è stabilita in laboratorio, e nessuno la mette in dubbio.
I disturbi dell’apprendimento (e, in generale, i disturbi mentali) sono invece introdotti per legge, oppure per alzata di mano tra i membri dell’Apa (Associazione psichiatrica americana). Si tratta del ritorno a un modello di conoscenza pre-scientifico e medievale, in cui la verità è stabilita dall’opinione dell’autorità (Aristotele o Apa) e non dall’esperimento. L’articolo 3 specifica che la diagnosi di Dsa non viene fatta in ambito scolastico, ma sanitario: la scuola compila un rapporto e “previa apposita comunicazione alle famiglie interessate” manda il malcapitato dallo strizzacervelli. Costui, sebbene la diagnosi di Dsa non preveda un trattamento farmacologico, a volte diagnostica altri disturbi in “comorbilità” (ovvero la simultanea presenza di più malattie), mette mano al ricettario e attiva il distributore di pillole
Oggi vanno di moda il disturbo da deficit d’attenzione e iperattività, il disturbo bipolare e il disturbo oppositivo provocatorio, disturbi mentali per il cui trattamento è prevista la somministrazione di potenti stimolanti anfetaminici o farmaci neurolettici (detti anche antipsicotici, ovvero le cosiddette “camicie di forza chimiche”). Non si tratta di una vaga ipotesi: anche se la casistica non è omogenea, il Ccdu ha ricevuto decine di segnalazioni da alcune aree geografiche sparse un po’ a macchia di leopardo. L’articolo 5 prevede che i bambini Dsa debbano «fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi». In pratica sono “dispensati” dal dover imparare (a leggere, scrivere, far di conto ecc.) e “compensano” questa mancanza con l’uso di appositi strumenti (audiolibri, calcolatrici, correttori automatici ecc.). Sotto la falsa pretesa di garantire il diritto allo studio alle persone sofferenti di un disturbo mai evidenziato scientificamente (ma solo introdotto per legge), in realtà si fa l’esatto opposto: li si dispensa dal dover studiare.
Davanti a una tale cuccagna, insegnanti, genitori e bambini non credono ai propri occhi. Se il bambino ha problemi, non ha sbagliato l’insegnante e nemmeno i genitori: il ragazzo è disturbato. Non gli è nemmeno più richiesto d’imparare: gli strumenti dispensativi e compensativi gli garantiscono la promozione gratuita e, con buona pace del diritto allo studio, chi se ne frega se crescerà senza saper leggere, scrivere o far di conto… A indorare ulteriormente la pillola, e rendere i Dsa ancora più appetibili ai genitori, ci pensa l’articolo 6, che garantisce ai familiari di bambini Dsa «il diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili». C’è da chiedersi perché non li abbiano inventati prima!
Comitato dei cittadini per i diritti umani
(LucidaMente, anno XI, n. 129, settembre 2016; editing e formattazione del testo a cura di Gabriele Bonfiglioli)
Mi sembra si trascuri che possano giovare a quei bambini che hanno realmente problemi.
Gentilissima lettrice,
grazie per averci scritto. Lei ha perfettamente ragione. Gli allievi con problemi di apprendimento legati a varie patologie e/o deficit vanno aiutati. Quello che non è chiaro è perché aumentino ogni anno e perché si sia creato un business intorno a loro.
Ipotesi “fantasiosa”: l’uso fin dalla più tenera età di strumenti informatici e telematici non può esserne la causa? Così si finisce per curare la malattia con la medicina che l’ha cagionata?