Assistenti vocali, luci, riscaldamento, tapparelle che funzionano da soli, frigoriferi che programmano la spesa… Saranno così le dimore di domani?
La domotica è la «disciplina che si occupa dell’applicazione dell’informatica all’insieme di dispositivi e impianti usati nelle abitazioni provvedendo alla loro automazione» (fonte: Treccani). Ciò che ne risulta, quindi, è una casa automatizzata, che programma e gestisce in maniera meccanica tutto ciò che accade al suo interno. I vantaggi risiedono, in particolare, nella maggiore sicurezza e nel risparmio dei consumi, controllati e ottimizzati. Ci si riferisce quindi ad abitazioni intelligenti, in grado di modificare la loro configurazione in funzione di variabili interne ed esterne. Che cosa significa in pratica tutto questo?
La traduzione è un ecosistema connesso, dove tutte le componenti dialogano tra loro: punti luce, tapparelle, porte, supporti audiovideo, impianti di climatizzazione e riscaldamento, sistema di videocitofonia e videosorveglianza, antifurto, irrigazione… Esiste un cuore domotico, una vera e propria centralina, che controlla e vigila su tutto. Siamo noi, ovviamente, a decidere le impostazioni, che visioniamo anche da remoto grazie all’inseparabile smartphone. Per la vita di ogni giorno o per casi particolari – come l’assenza prolungata durante le vacanze – si possono stabilire delle combinazioni predefinite, per esempio l’impostazione “notturno”. Possiamo scegliere, infatti, che a mezzanotte i punti luce e il riscaldamento si spengano, le tapparelle si abbassino, porta e cancello si chiudano e che si attivi l’allarme. Naturalmente ogni configurazione è personalizzabile sulla base delle nostre esigenze. Quello che sta cambiando, infatti, è l’approccio di chi produce questo tipo di tecnologia: si è passati dal product-first, basato sulle caratteristiche dell’oggetto, al solution-first, incentrato sui bisogni dell’utente.
I vari assistenti vocali sono e saranno sempre di più i principali canali di interazione con la casa. Capiterà spesso di conversare con i nostri elettrodomestici, ai quali impartiremo veri e propri comandi. Ora come ora, lo scenario prevede che frigoriferi, lavatrici, forni siano compatibili con gli assistenti vocali già presenti in commercio (Alexa, Google Assistant, Siri). Domani, invece, saranno gli stessi elettrodomestici a essere implementati con il loro personale assistente vocale, studiato ovviamente per le singole caratteristiche dell’oggetto.
L’automazione si baserà maggiormente sull’intelligenza artificiale e sull’auto-apprendimento, quindi la casa si modellerà in tutto e per tutto sulle nostre abitudini. Se a qualcuno la novità inizia a mettere un po’ d’ansia, suggeriamo di allentare la tensione guardando la “nuova” pubblicità di Google Assistant, in cui sono state riprodotte alcune delle scene più famose di un film cult degli anni Novanta: Home Alone (in Italia uscito come Mamma ho perso l’aereo). Nello spot Macaulay Culkin, che interpreta un Kevin McCallister oramai alla soglia dei quarant’anni, usa diversi dispositivi implementati appunto con l’assistente vocale di Mountain View e si difende in maniera molto meno faticosa – e molto meno divertente – dal celebre duo Joe Pesci–Daniel Stern, che, purtroppo per i nostalgici, non regala alcun cameo. Nella pubblicità viene utilizzata una delle applicazioni più in voga nella nostra vita quotidiana, ossia la funzione di promemoria degli assistenti vocali, che ci permette di dire a smartphone, smartwatch o, perché no, al nostro specchio (smart mirror): «Ricordami di portare fuori la spazzatura prima di andare a dormire». La critica mossa all’uso sfrenato di questa assistenza tecnologica prende il nome di Google effect, che riguarda propriamente la perdita di memoria provocata dall’utilizzo del celebre motore di ricerca per ogni minima cosa.
Immaginiamo questo scenario: torniamo tardi dall’ufficio e dobbiamo preparare la cena. Apriamo il frigo e lo troviamo vuoto, ma ormai non si può più fare la spesa. Stiamo per lasciarci prendere dal panico, sennonché ci ricordiamo che la nostra casa è dotata di elettrodomestici smart. Il frigorifero, grazie alla sua telecamera interna, vede che cosa manca e che cosa è in scadenza e ordina l’occorrente sul sito di e-commerce a cui è collegato. L’acquisto verrà comodamente recapitato a casa, già pagato tramite il nostro account paypal. Quindi, riavvolgendo la scena con un immaginario e nostalgico tasto rewind, possiamo ipotizzare che rincasiamo tardi dal lavoro, apriamo il frigo e lo troviamo splendidamente pieno; a quel punto decidiamo di preparare il vitello tonnato, ma non conosciamo la ricetta. Che fare? Semplice, chiediamo al frigo di cercarne una e di mostrarci sul suo display un video tutorial. Facile, no?
Uno dei vantaggi della tecnologia è, da sempre, il maggiore comfort. Mi lavo i denti al mattino e voglio sapere che tempo farà per decidere cosa indossare? Posso chiedere direttamente allo specchio di mostrarmi le previsioni meteo, che analizzerò comodamente tra una spazzolata e l’altra. Sto guardando un film sul divano e non ho nessuna voglia di alzarmi per spegnere la luce? Basta chiedere! L’assistente vocale collegato all’impianto domotico penserà a soddisfare ogni mio desiderio. Sto cucinando – niente paura, accadrà solo fino all’arrivo del mio nuovo robot domestico – e ho voglia di ascoltare un po’ di musica ma, ovviamente, ho le mani sporche e impegnate? Ci penserà l’impianto audio connesso al domotico, devo soltanto decidere la colonna sonora più adatta alle mie imprese culinarie. Per chi ancora nutrisse qualche dubbio circa il pericolo insito nell’irresistibile tentazione di delegare ogni minima attività ai nostri fedelissimi dispositivi, consiglio la visione di un predittivo film animato della Disney Pixar del 2008. WALL-E è ambientato in un futuro (anno 2805) nel quale l’umanità abita su una nave spaziale nell’attesa che il pianeta Terra venga ripulito dai rifiuti, da cui è letteralmente sommerso.
Gli uomini sono degli strabordanti e gelatinosi esseri che vivono su una sorta di poltrona mobile che li trasporta ovunque, con gli occhi incollati a un display – che usano per parlare persino con chi gli sta accanto – e le mani impegnate a schiacciare tasti e reggere bevande che sorseggiano di continuo. La cosa più umana è proprio il robottino Wall–e, che è finito sulla nave per seguire Eve, la sonda di cui è innamorato. Se è vero che una distopia è pur sempre frutto dell’immaginazione, è altrettanto vero che in certi casi appare più reale che mai.
Chiara Ferrari
(LucidaMente, anno XIV, n. 158, febbraio 2019)