Un’alternativa per partorire in un ambiente familiare e protetto, gestito da ostetriche e personale altamente qualificato: le “case maternità”
Dall’esperienza del parto a domicilio e da una cultura femminile finalizzata a una nascita fisiologica e umanizzata nascono le case maternità. In esse prevale il contesto sociale su quello sanitario, poiché le donne vengono seguite da ostetriche competenti fin dai primi mesi di gravidanza, durante il parto e sino al primo anno di vita del bambino.
Per le gestanti che cercano un’alternativa all’ospedale, né vogliono partorire tra le mura domestiche, queste case sono dotate di cucina, soggiorno e camera da letto. Per ricordare il più possibile le abitazioni private. Al tempo stesso, sono attrezzate per il parto naturale, con lo sgabello olandese o la vasca per il travaglio. La partoriente viene assistita da personale conosciuto, che ha cura di rendere partecipe anche il padre in ogni fase della gravidanza. E, al momento della nascita, il neonato non viene separato dalla famiglia, come accade in ospedale. Inoltre le case maternità diventano anche un luogo di incontro e confronto tra le famiglie. Dove poter frequentare corsi mirati sulle tematiche relative alla maternità, al parto e al puerperio.
Il parto presso la propria abitazione e in una casa maternità è sicuro come quello in ospedale. Occorre ovviamente identificare alcune situazioni per le quali non è possibile partorire in strutture extraospedaliere. Per esempio, in caso di parto gemellare, quando la donna ha avuto già un parto cesareo oppure se il feto si trova in posizione podalica. Inoltre, la gravidanza deve avere un decorso fisiologico e un parto a termine, la partoriente non deve aver avuto problemi seri durante la gestazione. In ogni caso, è indispensabile, come previsto dalla legge, che vi sia un ospedale raggiungibile al massimo in mezz’ora di automobile.
Attualmente in Italia solo il 2 per mille delle donne sceglie di partorire in case maternità. Circa 1.000-1.500 all’anno, raggiungendo lo 0,85% in Emilia-Romagna e scendendo allo 0,04% in Sicilia. I costi sono abbastanza elevati, tra i 2.000 e i 3.000 euro. Poche le Regioni, tra cui Emilia-Romagna, Marche e Piemonte, oltre le Province autonome di Trento e Trieste, che prevedono un rimborso parziale della spesa. Per la Regione Emilia-Romagna l’indennizzo è di circa 1.200 euro. Se questo tipo di parto fosse incentivato, ridurrebbe notevolmente le spese sanitarie pubbliche, gravate da un processo di medicalizzazione della nascita, che passa attraverso un incremento di parti cesarei, di somministrazione di anestesie epidurali e di induzioni del travaglio. Al momento sul territorio italiano sono presenti cinque case maternità, tre in Lombardia, una in Sicilia e una a Bologna, Il Nido, inaugurata nel settembre del 2008. L’omonima associazione, invece, dal 1989 opera nell’ambito della maternità e per il parto in casa ed è la prima in Italia per numero di richieste.
L’immagine: Amore materno (1869) di William-Adolphe Bouguereau (1825-1905).
Francesca Gavio
(LucidaMente, anno VII, n. 75, marzo 2012)
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