“Homo prospectus. Verso una nuova antropologia” (Hogrefe Editore) è l’interessante saggio di quattro autori che rivoluzionano l’immagine della specie umana
Homo prospectus. Verso una nuova antropologia (pp. 312, € 26,00) di Martin E.P. Seligman, Peter Railton, Roy F. Baumeister e Chandra Sripada è un saggio pubblicato da Hogrefe Editore, una realtà editoriale fiorentina che dal 2012 si occupa di tutti i campi della psicologia applicata. Peraltro, il gruppo cui appartiene la casa editrice opera nel campo del testing e dell’assessment psicologico dal 1949 e oggi è presente in tredici paesi, rappresentando la più importante realtà europea del settore.
Nel saggio si intrecciano psicologia, filosofia, antropologia e neuroscienze per parlare di un nuovo modello da utilizzare per teorizzare il comportamento dell’essere umano; si offre quindi un quadro completo della psicologia dell’Homo prospectus, che si differenzia dal più conosciuto Homo sapiens in quanto fonda il proprio agire sul futuro anziché sul passato o sul presente. Un notevole cambio di paradigma così descritto dai quattro autori: «Abbiamo un nome che non ci si addice. Homo sapiens vuol dire “uomo sapiente”, ma a differenza di Homo habilis, “uomo abile”, e di Homo erectus, “uomo eretto”, il nome che portiamo oggi non è una descrizione accurata di come stanno le cose, ma solo un’ambizione, di quelle che difficilmente possono essere alla portata di tutti. Se non è nella sapienza, in cosa allora la nostra specie ha tanto successo da non temere confronti con nessun’altra? […] Noi crediamo che quello che caratterizza in modo specifico l’Homo sapiens è l’ineguagliabile capacità umana di orientare le proprie azioni immaginando varie possibilità che si articolano nel futuro – cioè la “prospezione”. La prospezione è la capacità che, nella sua espressione più elevata, realizza l’ambizione della sapienza. Perciò faremmo meglio a chiamarci Homo prospectus».
La scienza della prospezione viene analizzata in questo testo con attenzione e con teorie decisamente brillanti; inoltre vengono ripensati, alla luce di questo modello psicologico orientato sui futuri possibili, molti ambiti che grazie ad esso potranno essere arricchiti: dall’apprendimento alla memoria, dalla percezione all’emozione, fino alla coscienza, alla moralità e alla malattia mentale. Anche il lettore meno esperto potrà approcciarsi a quest’opera, grazie a un linguaggio scorrevole e alla presenza di esempi concreti e comprensibili. Vi è inoltre l’enunciazione di prove sul campo che mostrano l’importanza della scienza della prospezione: come il test eseguito su un campione di 500 persone, a cui era stato fornito un cellulare programmato per interromperli in sei momenti scelti a caso nel corso della giornata. Al segnale del cellulare dovevano fare attenzione a cosa stavano pensando in quel momento e rispondere a una serie di domande: i pensieri che riguardavano il futuro erano ben il triplo di quelli che riguardavano il passato o il presente.
Contatti: https://www.hogrefe.it; https://www.facebook.com/hogrefe.editore/
Link di vendita online: https://www.hogrefe.it/catalogo/volumi/saggi/homo-prospectus-verso-una-nuova-antropologia/;
https://www.ibs.it/homo-prospectus-verso-nuova-antropologia-libro-vari/e/9788898542420
C. Liliana Picciotto
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 203, novembre 2022)
Bellissimo articolo su di un interessante saggio di presentazione di quattro autori che (rivoluzionerebbero) rivoluzionano l’immagine della specie umana.
La “rivoluzione” secondo gli autori starebbe nel fatto che (cito): L’Homo sapiens… fonda il proprio agire sul FUTURO anziché sul passato o sul presente”. E ancora:”…crediamo che quello che caratterizza in modo specifico l’Homo sapiens è l’ineguagliabile capacità umana di orientare le proprie azioni immaginando varie possibilità che si articolano nel FUTURO – cioè la “prospezione”.
Il condizionale da me usato non riguarda la capacità dell’uomo che a differenza delle altre specie immagina e agisce pensando al futuro e che gli autori chiamano “prospezione”. No, di questo sono assolutamente convinto. Ciò che “contesto”, naturalmente in maniera bonaria e senza polemica, è il fatto che questa sia una scoperta recente, cioè una “rivoluzione”. Vengo a spiegare perché.
Si sapeva da almeno 3000 anni, da quando cioè Salomone scrisse il libro di Ecclesiaste (Qohèleth o Qoèlet) dove al capitolo 3 verso 11 Traduzione CEI leggiamo: “ Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi …” O secondo altre versioni. “ il tempo indefinito” o “eternità” (The Amplified Bible) o “ l’idea dell’eternità” (La Bibbia Concordata) Queste parole scritte molto tempo fa descrivono bene come si sentono gli esseri umani. Dato che la vita è breve e la morte è inevitabile, nel corso dei secoli l’uomo ha sempre desiderato qualcosa di meglio. La storia è piena di racconti e leggende sui tentativi fatti per scoprire il segreto della longevità. Vivere per sempre è un desiderio naturale dell’uomo. Un medico ha scritto su un periodico tedesco: “Il sogno della vita eterna è probabilmente antico quanto l’uomo”. Descrivendo le credenze di certi antichi europei, un’enciclopedia afferma: “I meritevoli vivranno per sempre in una sala risplendente con il tetto d’oro”. (The New Encyclopædia Britannica).E quanti tentativi hanno fatto gli uomini per soddisfare il desiderio della vita eterna!
Un’altra enciclopedia osserva che in Cina, oltre 2.000 anni fa, “imperatori e gente [comune], sotto la guida di sacerdoti taoisti, trascuravano il lavoro per cercare l’elisir di lunga vita”, o la cosiddetta fonte dell’eterna giovinezza. (The Encyclopedia Americana) Nel corso della storia ci sono state persone che hanno creduto di potersi mantenere giovani usando vari intrugli o anche bevendo certe acque. Ci sono poi gli sforzi compiuti nel nostro tempo per cercare di soddisfare l’innato desiderio dell’uomo di vivere in eterno. Un notevole esempio è la pratica di ibernare una persona deceduta nella speranza di riportarla in vita in futuro quando sarà stata trovata una cura per la malattia che ne ha causato la morte.
Questi pochi esempi (ma ce ne sarebbero altri) non dimostrano forse che il desiderio innato dell’uomo è sempre stato quello di vivere per sempre? E questo desiderio di eternità non è forse la conseguenza della capacità, della prerogativa tutta umana di pensare al futuro? O “proepezione”?