La Psad riguarda esclusivamente la donna e non va confusa con l’ipersessualità. Caratteristiche, sintomi e cause
Anche se i disturbi sessuali femminili più frequenti sono caratterizzati da difficoltà orgasmiche e di eccitazione, dolore durante i rapporti, riduzione della libido, insoddisfazione della vita erotica (dovuta a fattori di natura biologica, psicologica, relazionale e culturale), esistono anche fastidi della donna legati a un eccesso di impulsi passionali.
La sindrome da eccitazione sessuale continua, o Psad (Persistent sexual arousal disorder), presenta un’eziologia ancora da approfondire, anche se ne aumentano le segnalazioni di origine organica. La patologia è percepita come spontanea, intrusiva e non gradita, non è associata a un aumento del desiderio, dell’interesse carnale o dell’eccitazione mentale e non scompare neppure dopo uno o più orgasmi, ma può durare ore, giorni o addirittura mesi. L’eccitazione può accentuarsi in assenza di fattori riconoscibili, grazie a stimoli neutri e privi di connotati passionali: anche le vibrazioni prodotte dall’auto, dall’ascensore o da un qualsiasi elettrodomestico possono provocare orgasmi. Un team di studiosi di neurologia dell’Università Pierre et Marie Curie di Parigi ha condotto un’importante indagine in questo campo, scoprendo che l’età media delle pazienti va da 35 a 54 anni e che il 30-67% di loro si trova in menopausa.
Il disturbo da eccitazione persistente è più comune di quanto si creda ed è associato alle sindromi della vescica iperattiva (67%) e delle gambe senza riposo (67%) e alle varici pelviche (55%). La stimolazione genitale interessa il clitoride, le labbra, la vagina o più di queste zone rispettivamente nel 78%, 28%, 55% e 44% delle donne (cfr. Alessandra Graziottin, Nuove acquisizioni sulla fisiopatologia del desiderio, in www.alessandragraziottin.it). La cronicità di tale condizione può causare profonda sofferenza e riduzione della qualità della vita, soprattutto perché il fenomeno è vissuto in modo egodistonico, ossia non in sintonia con i propri desideri. I sintomi caratteristici includono congestione clitoridea e vulvare, lubrificazione vaginale e aumento della sensibilità genitale.
Tale semiotica può essere svincolata sia dalla voglia sia dall’interesse sessuale e può portare, per frustrazione, alla scomparsa del desiderio. Solo di rado i sintomi sono percepiti come piacevoli. In questo caso, l’ipersessualità è avvertita in maniera egosintonica, cioè in perfetta armonia, anche grazie a un contesto culturale idoneo e a un sistema sociale e religioso adeguato e non repressivo. L’ipersessualità femminile non ha ancora ricevuto un adeguato inquadramento clinico, poiché presenta caratteri difficili da definire, specie quando è vissuta positivamente e in egosintonia. In questo caso può configurarsi come espressione di una sessualità serena e disinibita, senza essere collegata ad alcun tratto psicopatologico. Si manifesta con un desiderio elevato, fantasie e sogni erotici a occhi aperti, che si affacciano nella coscienza in modo spontaneo. L’ipersessualità è associabile a comportamenti compulsivi in cui il motore primo è il tentativo di reagire a un’angoscia interiore che la paziente ha difficoltà ad affrontare sul terreno psichico, analogamente alla bulimia alimentare. La ricerca forsennata dei rapporti è, infatti, molto simile a un’abbuffata di cibo, per cui si usa l’espressione “bulimia sessuale”.
Un altro tipo di iperattività femminile viene riscontrata in seguito a una persistente somministrazione di farmaci, tra cui il testosterone, che può aumentare le basi biologiche del desiderio, o la levodopa, terapia dei pazienti (uomini e donne) affetti da parkinsonismo. Quest’ultima, infatti, può stimolare comportamenti erotici perché aumenta i livelli di dopamina, il neurotrasmettitore che coordina voglia e gratificazione sessuale. Anche l’uso di droghe eccitanti, come la cocaina e le anfetamine, agisce sulle basi neuro-chimiche dei comportamenti passionali, in individui affetti dalla sindrome di Kluver-Bucy, caratterizzata da danni all’amigdala e ai centri che regolano la paura/ansia e la collera/rabbia. Tali soggetti presentano comportamenti erotici indiscriminati, quali masturbazione compulsiva e iperoralità. La patologia si manifesta anche in pazienti con lesioni al lobo frontale e successiva perdita del suo ruolo inibitore.
Il disturbo da eccitazione permanente femminile, dunque, va tenuto distinto da una diagnosi generica di ipersessualità, in quanto quest’ultima è collegata a un aumento del desiderio e dell’eccitazione mentale e può trovare soddisfazione con il raggiungimento di orgasmi. La Psad invece merita attenzione clinica, perché può provocare sofferenza e frustrazione e ridurre la qualità della vita privata e professionale: essendo quasi sempre egodistonica, intrusiva, non voluta e indipendente dalla voglia, non si risolve con la masturbazione o rapporti sessuali. Un disturbo del genere comporta profondi disagi sociali e psicologici nella donna che ne soffre.
Per un discorso più tecnico, cfr.: Aa. Vv., Definitions of women’s sexual dysfunction reconsidered: advocating expansion and revision, in www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed; Annamaria Giraldi – Alessandra Graziottin, Anatomy and physiology of women’s sexual function, in Jacques Buvat – Hartmut Porst, Standard practice in Sexual Medicine, Blackwell; Alessandra Graziottin - Sandra Leiblum, Classificazione dei disturbi sessuali femminili. Nuove prospettive, in www.alessandragraziottin.it; Brigid Hekste – Janice Hiller, Couple therapy with cognitive behavioural techniques for persistent sexual arousal syndrome, in www.psas-support.com; Sandra Leiblum - Sharon Nathan, Persistent sexual arousal syndrome in women: a not uncommon but little recognized complaint, in Sexual and relationship therapy, n. 2, 2002.
Le immagini: la ginecologa Alessandra Graziottin; rappresentazione della sessualità femminile; una famosa scena del film Harry ti presento Sally (When Harry Met Sally, 1989, regia di Bob Reiner, con Meg Ryan e Billy Cristal).
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno IX, n. 97, gennaio 2014)