La raccolta degli interventi del direttore nel quarto trimestre del tredicesimo anno di pubblicazione di “LucidaMente”
Dicembre 2018 (n. 156) – Tempo libero e spazi aperti… o tempi aperti e spazi liberi?
In un numero della rivista dedicato ai viaggi, anche qualche riflessione su alcune modalità nevrotiche imposte dalla cosiddetta globalizzazione
Un giovane decide di realizzare il proprio sogno: spostarsi tutto l’anno sul pianeta Terra (In perpetuo, felice viaggio per il mondo, a cura di Ludovica Merletti). Emanuela Susmel ci ha raccontato Napoli e dintorni, una delizia per occhi e palato: un diario di viaggio di quattro giorni trascorsi nella città partenopea, tra luoghi intrisi di storia, arte e cultura… anche gastronomica.
Tra cibo e sogno globalista si è collocato l’intervento di Elena Giuntoli che ci ha spiegato il Progetto Semìno: sostenibilità ambientale e sociale per la coltivazione a km zero di piante e ortaggi dei paesi dei migranti e per il sostegno all’integrazione. Sempre di “viaggio”, ma in senso salutista e alla riscoperta dei nostri territori, ci ha parlato Chiara Ferrari in Via degli Dei, su e giù tra boschi, borghi e… nebbia, ovvero fare trekking sull’Appennino tosco-emiliano: da Bologna a Firenze ripercorrendo le orme degli antichi romani. Arianna Mazzanti, infine, ci ha ricordato, in occasione del compleanno del regista-attore ebreo statunitense, Woody Allen e le sue alterazioni comiche della (tragica) realtà, ovvero uno dei cineasti più cosmopoliti. Dunque, un numero della nostra rivista dedicato prevalentemente ai viaggi, anche in ottica globalizzazione. Ma qualche piccola riflessione ci viene spontanea…
In una società mondiale nella quale le élite dominanti esaltano (e sfruttano economicamente, pure in termini di stimoli consumistici) tempo libero (pseudocultura, spettacoli, sport, ecc.) e spostamenti di massa (sia nel senso turistico sia nel senso delle grandi migrazioni ai fini degli interessi del capitalismo globale), occupando e permeando tutto, a cominciare proprio dal tempo e dagli spazi, siamo sicuri che sia controcorrente spostarsi come globetrotter e impegnare ogni attimo della nostra giornata, con modalità quasi nevrotiche? Tempo libero, spazi aperti? Per recuperare il vero senso delle parole, inventeremmo piuttosto i termini tempi aperti e spazi liberi. Ribadendo una nostra convinzione già espressa più volte: in un pianeta sovraffollato, che presto supererà i 10 miliardi di abitanti, è ridicolo parlare di rispetto dell’ambiente, dignità e diritti umani, lavoro, ecc.
Così come l’illusione di un’Europa di pace e di libera circolazione di persone, merci, idee, del povero giornalista Antonio Megalizzi, ucciso a Strasburgo da un terrorista islamico, si è infranta con la dura realtà del disordine globale, che cagiona povertà e disperazione ed esporta fanatismo piuttosto che ricchezza, tolleranza e armonia. Anche riassaporare davvero il tempo, inteso come silenzio e riflessione, e gli spazi come luoghi non antropizzati in modo disordinato e babelico quali le città-mondo, potrebbe servire a farci prendere coscienza di ciò che è davvero alternativo al modello dominante di costumi, cultura, economia, società. E, tra globalizzazione e sogni di località esotiche, Alessandro Nucera ha avuto il merito di riportarci alla realtà e al nostro paese con l’approfondimento Nobiltà, clero e mercanti stranieri: alle radici della “questione meridionale”, ovvero alcuni nodi dell’irrisolta arretratezza del Sud Italia che erano stati denunciati già negli scritti del naturalista svizzero Carl Ulysses von Salis-Marschlins del 1790. Buon Natale e felice anno nuovo a tutti i nostri lettori.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 156, dicembre 2018)
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Ottobre-Novembre 2018 (nn. 154-155) – Il papa populista antipopulista
Bergoglio riserva i suoi strali a leghisti e pentastellati, ma poco s’indigna sul caso Asia Bibi in Pakistan e sui massacri dei cristiani in Egitto, Nigeria e altri paesi islamici. Meglio non rischiare…
D’accordo, da sempre i papi fanno politica. E, soprattutto, son sempre entrati pesantemente nell’agone italiano. Basti citare l’appoggio fornito per un lungo periodo a Benito Mussolini, «uomo della Provvidenza» dopo i Patti lateranensi del 1929, o lo schierarsi apertamente con la Democrazia cristiana e gli Stati uniti in funzione anticomunista e antisovietica.
Eppure, il linguaggio adoperato dai pontefici è sempre stato sfumato. Era certo evidente quali fossero i bersagli (comunismo, ateismo, il “bunga bunga” berlusconiano, ecc.), però mai si nominava apertamente il “nemico” da biasimare o, addirittura, su cui lanciare l’anatema. Una svolta anche in tal senso è quella dettata dall’attuale pontefice, Jorge Mario Bergoglio. Più volte ha condannato il populismo, ultimamente addirittura accostandolo al nazismo (Papa Francesco: «Populismi cominciano con odio, come fece Hitler»). Ora, a parte che il populismo è un movimento politico legittimo, democratico, nonviolento e non nuovo nella Storia, l’accostamento all’atroce orrore razzista del nazismo genocida sembra davvero fuori luogo. Gode, ovviamente, il Partito democratico, che vede rinsaldato il patto di ferro cattocomunista e può riprendere con più forza la stanca, noiosa, sequela di insulti agli insopportabili vincitori gialloverdi e al loro governo sostenuto dai cittadini: “ignoranti, xenofobi, razzisti, islamofobi, fascisti, reazionari, omofobi, maschilisti”.
Con l’avallo bergogliano. Tuttavia, Francesco I è egli stesso populista. Più degli stessi partiti populisti messi all’indice. La sua teologia a buon mercato a portata di minus habens, la sua semplificazione del messaggio religioso, il suo buonismo fuori dalla realtà, il suo eloquio da parroco di campagna, il suo accoglientismo da ignorante delle diversità culturali incompatibili tra loro, cosa sono, se non una forma di accattivante populismo, diretto alle incolte masse cattocomuniste? Ma, ovviamente, ci sono populismi buoni e populismi cattivi. Quello gialloverde è cattivo, quello bergogliano è buono.
Nel frattempo, nessuna parola è stata spesa né dal pontefice né dai “progressisti” né dalle femministe per Asia Bibi, la cristiana pakistana perseguitata, condannata a morte nel 2010, da allora imprigionata per blasfemia verso l’islam, Maometto e il Corano. La povera donna, nonostante l’assoluzione della Corte suprema del suo paese, rischia comunque la pelle perché partecipatissime manifestazioni di piazza ne reclamano la pubblica impiccagione. Poco lo sdegno anche per il massacro “islamista” dei cristiani in Medio Oriente, in Nigeria e in Egitto, con l’ultima tragedia dei pellegrini copti assassinati. Del resto, è ovvio: insultare i populisti non comporta alcun pericolo, toccare gli islamici è rischioso. Molto. Così il cattolicesimo e quel che resta delle sinistre si avviano a decadenza, disfacimento, scomparsa. Perché i cittadini, al contrario di quello che pensano gli intellettuali servi dei servi, non sono stupidi né ciechi.
Sulla nostra rivista la metamorfosi della sinistra è stata analizzata da Chiara Ferrari in “Le sinistre perdono perché non vedono più gli ultimi vagoni del treno”, un resoconto del dibattito L’Italia s’è destra, tenutosi al Festival di Internazionale di Ferrara, nel corso del quale si è discusso di crisi delle sinistre, del loro distacco dai ceti popolari e del conseguente trionfo di populisti e sovranisti. Ma pure da Giuseppe Licandro, che, cogliendo l’occasione dell’anniversario della nascita di un filosofo marxista nato il 14 novembre 1941 e scomparso da pochi mesi, ha recensito il suo fondamentale saggio La sinistra assente (Il suicidio della sinistra nell’epoca della globalizzazione secondo Domenico Lo Surdo).
Ebbene sì, le sinistre inseguono liberismo, alta finanza, élite, poteri sovranazionali antipopolari, globalizzazione omologante, cultura radical chic con la puzza sotto al naso e Il “vero” simbolo dell’Unione europea, la moneta unica che uccide il lavoro, le economie e i popoli, è ben incarnato dalla statua della scultrice belga May Claerhout collocata a Bruxelles, all’esterno della sede del Parlamento europeo. E non si cada nell’inganno del buonismo ipocrita. Ancora la Ferrari, con un acuto articolo (Filantropia di lusso: fare beneficenza conviene) ci ha spiegato tutto quello che c’è dietro le ingenti donazioni dei ricchi magnati americani: ci guadagnano tutti, compreso lo stato, e si moltiplicano potere e influenza. E cambiando argomento, ma restando sugli scritti della Ferrari, segnaliamo “Día de los muertos”: complessità e fascino di una tradizione antichissima: tra Messico precolombiano e contemporaneità, il culto dei morti attraverso i secoli.
Siamo così entrati nell’area delle tradizioni, delle usanze, dei costumi, vecchi e nuovi. Nel suo Pelle a portata di tatuaggi: perché? Arianna Mazzanti ha indagato su quali sono i principali motivi, consci e inconsci, che spingono milioni di persone a manipolare in maniera permanente il proprio corpo. Orazio Francesco Lella ci ha parlato di un’altra moda: Fortnite: il gioco, la dipendenza, l’omologazione, il passatempo online tra i più amati dagli “adolescenti di tutte le età”. E, a proposito di possibili dipendenze, anche in rete, sempre la Ferrari ha intervistato Giampiero Moncada, giornalista esperto di gambling, per sciogliere alcuni pregiudizi su una materia difficile e oggetto di molti, troppi, pregiudizi moralistici (Gioco d’azzardo: l’area grigia).
Passando a svaghi più sani, Mario Gaiani ha esordito su LucidaMente esprimendo alcune riflessioni su Il cammino, metafora dell’esistenza: che significati può assumere un’attività apparentemente solo salutista? Un’attività che, per essere davvero salutare, deve svolgersi nel verde, in un ambiente pulito. E, a proposito di rispetto dell’ambiente, Sara Spimpolo ci ha fatto conoscere il bidone mangiaplastica che contribuirà ad arginare la piaga dell’inquinamento degli oceani (Seabin project: il “cestino marino” sbarca anche nei porti italiani). E ancora la Spimpolo ha sollevato la polemica sulla scarsa presenza delle donne in campo artistico (Storia dell’arte: dove sono le donne?). È restata nello stesso ambito – e sempre in chiave polemica – Alessia Ruggieri. Partendo dall’opera dell’artista britannico Banksy che si è autodistrutta dopo essere stata venduta per oltre un milione di sterline, si è posta il problema del mercato finanziario che travolge tutto (Dalle strade alle aste: il capitalismo “mangia” la street art).
Il film di Alessio Cremonini, presentato alla Biennale del Cinema di Venezia e uscito nelle sale e su Netflix, racconta gli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, il trentunenne romano morto nove anni fa in mano allo Stato, nella violenza, negli abusi, nella solitudine e nell’inedia. Molto appassionata la recensione di Ludovica Merletti (Sulla mia pelle: il film su Stefano Cucchi lascia il segno) di un’opera che apre un dibattito sull’uso della violenza da parte di chi è preposto alla sicurezza. Spunto ripreso ancora dalla Ruggieri nel suo Taser, violenza e forze dell’ordine, tra eroismi, abusi e colpevoli silenzi. Come potete vedere, la nostra rivista è sempre più ricca e varia. Ci auguriamo anche bella…
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 155, novembre 2018)