La raccolta degli interventi del direttore nel primo trimestre del quattordicesimo anno di pubblicazione di “LucidaMente”
Marzo-Aprile 2019 (nn. 159-160) – Tre-quattro domande sui cambiamenti climatici
Alcuni dubbi su una (probabile) catastrofe planetaria, ai quali nessuno sa (o vuole) rispondere
Nell’Italia settentrionale non si ricorda un inverno così mite come quello appena concluso. Certo, da sempre, in base alle loro percezioni soggettive, gli esseri umani si lamentano che “il clima sta cambiando”. Il famoso luogo comune “non ci sono più le mezze stagioni” è un ritornello che si ripete da secoli. Pertanto, per valutare se sulla Terra siano in atto o meno cambiamenti climatici, occorrono dati oggettivi.
Per fortuna, il nostro pianetino, insieme a tutto il sistema solare, è collocato ai margini della Galassia. Altrimenti, è probabile che buchi neri, stelle a neutroni, supernove, raggi cosmici, non ci avrebbero dato scampo. Nonostante questa “fortuna”, durante i circa 4,5 miliardi di anni in cui esiste la Terra (in termini cosmici poco dopo il Sole, mentre l’Universo è nato 13,7 miliardi di anni fa), la vita è apparsa e si è estinta più volte, per il troppo freddo, per il troppo caldo, per apocalittici impatti cosmici, ecc. Ma, pur lasciando da parte eventi che, anche in termini temporali, trascendono l’immaginazione umana, nei circa 40.000 anni di storia dell’umanità, la geologia e la conformazione geografica terrestri, nonché il clima, sono cambiati molteplici volte, e in modo drastico. Nel Medioevo Pisa era una delle repubbliche marinare; oggi, però, è distante dal mare. Uguale sorte è toccata a Ravenna.
Sembra che il popolamento antropico delle Americhe sia avvenuto all’incirca 10.000 anni fa grazie all’emigrazione di esseri umani che dall’Asia si sono mossi verso est. Come? A piedi, attraverso lo stretto di Bering, all’epoca ghiacciato. Pare che sia stata provocata dalle rigide temperature anche l’invasione-migrazione dei popoli barbarici verso oriente e, quindi, verso l’Impero romano, con conseguente suo crollo. Pure tra il 1350 e il 1850 si è avuta una “piccola era glaciale”. Nei canali veneziani si pattinava e sul Tamigi ghiacciato si tenevano fiere e si cuocevano caldarroste. Da allora i dati dimostrano che le temperature medie sono in progressivo aumento, con un picco negli ultimi decenni. Non è detto che a tale riscaldamento globale corrisponda necessariamente un clima più torrido o l’assenza di catastrofi dovute al freddo. Il film The day after tomorrow (Roland Emmerich, 2004) ipotizza il contrario: lo scioglimento dei ghiacciai artici blocca la calda Corrente del Golfo provocando una nuova era glaciale; tuttavia, gli scienziati non concordano su tale scenario futuro.
Insomma, le domande sul clima che poniamo durante i dibattiti sono tre-quattro, ma nessuno dei “catastrofisti climatici” ha mai saputo (o voluto) rispondere. Ecco i quesiti. 1) È sicuro che l’innalzamento delle temperature terrestri sia dovuto alle attività umane? 2) Se sì, siamo davvero in grado di intervenire su un fenomeno così enorme? 3) Se sì, come poterlo fare se tra pochi decenni la popolazione sulla Terra raggiungerà i 20 miliardi? 4) Corollario: le popolazioni dei paesi non industrializzati o in via di industrializzazione stanno dimostrando nel loro sviluppo più coscienza ecologica degli occidentali o stanno seguendo lo stesso folle modello di inquinamento, consumismo, sprechi, devastazione sociale e umana? Qualcuno risponda. Intanto, LucidaMente si è occupata della questione e, in particolare, delle manifestazioni svoltesi in tutto il mondo venerdì 15 marzo per incitare la politica a fare qualcosa per contrastare il cambiamento climatico.
Infatti, giovani e meno giovani si sono mobilitati in tutto il mondo per difendere la Terra, come ha scritto Elena Giuntoli in Fridays for future, il destino del pianeta è in mano nostra); mentre Orazio Francesco Lella ha voluto approfondire l’immagine mediatica della sedicenne svedese, paladina del movimento. Che tipo di dibattito si è sviluppato attorno alla sua figura? E che ruolo può ricoprire nell’immaginario collettivo (Greta Thunberg, quando una “teen idol” viene candidata al Nobel per la Pace)? E, sempre a proposito di giovani e mezzi di comunicazione, Alessia Ruggieri ha trattato il tema Droga nei mass media: meglio prevenire che censurare. Lo spettro delle dipendenze appare in tv, accendendo le polemiche e mettendo in crisi la Rai; ma esporle alla gogna e trattarle come un tabù potrebbe sortire l’effetto contrario. Mentre Arianna Mazzanti ha constatato che C’è sempre pubblico per le serie tv “adolescenziali”, ovvero, tra interesse e ipnosi davanti al piccolo schermo: che cosa potrebbe celarsi dietro il successo inesauribile dei telefilm rivolti ai teenager?
Parlando di violenza sessuale, ci si muove in un territorio dai confini spesso labili. Oltre a stabilire i parametri che indicano una violenza, è necessario comprendere quando la risposta affermativa a un rapporto sia esente da coercizioni. È il tema affrontato ancora dalla Ruggieri in Tra stupro e consenso consapevole: quella maledetta “zona grigia”. Cambiamo argomento. Anche prendendo spunto dalla lettera ai fedeli di un parroco di un rione alla prima periferia di Bologna sulla “rotazione” annuale delle visite (“Benedizioni pasquali? Cari fedeli, non possiamo più farle come prima…”), ci siamo personalmente chiesti se Il Vaticano ha dato ormai per persa l’Europa? Altra questione, stimolata dagli ultimi attentati in Nuova Zelanda e in Italia e il “caso Battisti”: se e quanto gli scritti, le dichiarazioni politiche e i mass media provochino o alimentino la violenza (Terrorismo e odio: colpa dei “cattivi maestri”?).
Il mondo sportivo, e non solo, si è commosso per un caso straordinario di umanità. Ne ha parlato Emanuela Susmel in Manuel Bortuzzo, medaglia d’oro di vita. La stessa collaboratrice ci ha condotti in una visita guidata a Maranello, fra esemplari unici del Cavallino Rampante che hanno fatto la storia della Formula 1 e non solo (Museo Ferrari, orgoglio tutto italiano). Infine, restando a zonzo per il territorio emiliano, Chiara Ferrari ci ha raccontato accuratamente la storia di un uomo e del suo sogno, a pochi passi da Bologna (Rocchetta Mattei, un castello da fiaba sull’Appennino emiliano).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 160, aprile 2019)
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Gennaio-Febbraio 2019 (nn. 157-158) – In Italia si litiga su tutto… persino su Sanremo
Un nostro atavico vizio: rissa dal Tap al Tav, dalla politica sulle migrazioni alle misure sociali, dalla sicurezza alle pensioni. E c’è chi è ancora fermo alla controversia fascismo/antifascismo, alle differenze Shoah/foibe, mentre, in realtà, gli italiani furono tra i popoli meno antisemiti. Ma non sarebbe il caso di pensare al bene del Paese?
È possibile trasformare una rassegna di canzonette in un baraccone politico monoideologico e che il vincitore sia deciso non per meriti artistici ma per lanciare messaggi buonisti? E, per di più, sia scelto non dal pubblico ma dalle élite politically correct? In Italia, con la recente edizione del Festival di Sanremo/Sanscemo, sì.
È auspicabile che si litighi su tutto e, come nel caso della politica da assumere sull’immigrazione, si ragioni, da una parte e dall’altra, su pregiudizi? Ancora peggiore il dibattito sulle scelte da compiere sulle infrastrutture e la modernizzazione del paese (Gasdotto trans-adriatico, meglio conosciuto con l’acronimo inglese Tap, Trans-Adriatic Pipeline; ferrovia Torino-Lione, più nota scorrettamente come Tav, Treno ad alta velocità; ecc. ecc.). Infine, siamo l’unico paese nel quale prosegue ancora la diatriba fascismo/antifascismo, Shoah contro foibe. Il tutto in assenza di fascismo, come nel corso del tempo hanno affermato Pier Paolo Pasolini, Costanzo Preve, Diego Fusaro. Un’altra arma di distrazione di massa dalle vere questioni, soprattutto economico-sociali. Certamente più furbi (e ipocriti) paesi come la Francia e molti dell’Europa orientale, i cui cittadini durante la Seconda guerra mondiale collaborarono alla deportazione degli ebrei nei lager nazisti ben più dell’Italia (che pure ha vissuto una guerra lunghissima e con buona parte del territorio sotto la dominazione nazifascista), e che oggi non si pongono certo il problema di fascisti/antifascisti.
Tant’è vero che lo stesso stato di Israele ha riconosciuto agli italiani dei cupi anni 1943-45 il loro notevole aiuto nei confronti degli ebrei ricercati e perseguitati, anche a rischio della propria pelle. Ne è prova l’alto numero in percentuale di nostri concittadini insigniti del titolo di «Giusti tra le nazioni», ovvero tra coloro che si sono adoperati con coraggio a favore degli ebrei per salvarli dal genocidio hitleriano. E la stessa filosofa ebrea Hannah Arendt (1906-1975), autrice del celeberrimo La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), ha scritto: «L’Italia era uno dei pochi paesi d’Europa dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare […], l’assimilazione degli ebrei in Italia era una realtà […], prodotto della generale spontanea umanità di un popolo di antica civiltà».
Ma a noi piace farci del male, litigare. Ne sono una prova lo straordinario numero di cause civili intentate, che finiscono per ingolfare la già lenta e farraginosa macchina della giustizia. Vuoi mettere vincere un processo contro il tuo vicino di casa chiassoso o che, innaffiando le piante, bagnava il tuo balcone o verso chi ti ha sfregato l’automobile nuova, anche se alla fine entrambi vi siete dissanguati economicamente e psicologicamente, tra avvocati da pagare e sedute fiume? E quale soddisfazione chiudere la bocca al governo con l’accusa di populismo, sovranismo e, magari, visto che nulla c’è di male nelle due precedenti categorie, con l’insulto di nazionalismo e fascismo, o rivolgere all’impresentabile opposizione parlamentare il gesto delle manette? Invece, l’unica via utile è quella “laica” nel senso più ampio del termine, vale a dire non ideologica e pragmatica, estremamente pragmatica. E l’unico uomo politico che sembra muoversi con pacatezza entro quest’ottica appare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
E dopo questo amare riflessioni, diamo uno sguardo agli articoli più interessanti usciti su LucidaMente a inizio 2019. Sempre sullo “stato della nazione”, chi sta scrivendo queste note ha posto la questione de L’integrazione degli italiani. Poveri e, quindi, brutti, sporchi e cattivi. Sono così almeno dieci milioni di connazionali. La vera sfida del nostro tempo è quella di (re)integrarli. Ci riusciranno reddito di cittadinanza e quota 100 dell’attuale governo? Simbolo appunto del disprezzo per la dignità del lavoro e dei lavoratori è una condizione di sottoccupazione diffusa, denunciata da Alessia Ruggieri ne L’odissea dei riders: ecco chi paga il prezzo della “gig economy”: i fattorini di Deliveroo, Foodora e Glovo affollano le città con le loro biciclette, ma in quanto a tutele sono praticamente invisibili.
In compenso – si fa per dire – accanto al triste mondo reale della precarietà e dello sfruttamento, c’è quello virtuale, falsamente luccicante, nel quale tutto si trasforma in “opportunità”, “risorsa” e stimolo a “mettersi in gioco” (quale gioco?). Su queste tematiche si muove benissimo Chiara Ferrari, che ha sfornato due splendidi approfondimenti quali Finti influencer alla ricerca di una vita che non c’è (acquisto di follower e like, false sponsorizzazioni, viaggi pagati di tasca propria… che cosa non si fa pur di diventare una web celebrity) e Deepfake: la nuova frontiera del falso (grazie alla tecnologia creare video fasulli – compresi quelli pornografici – è quasi alla portata di tutti). E, nella miseria economica generale, com’è possibile pagare 700 euro per un paio di scarpe? Quali meccanismi alimentano la domanda di capi di marca? Come funziona il mercato della moda? Sono le domande che si è posta ancora la Ruggieri in Streetwear di lusso: non solo un vezzo per ricchi.
Che l’essere umano sia reso malato da una modernità fatta passare per “progresso” e che invece produce disorientamento, alienazione, sradicamento, nonché patologie psicologiche e organiche, è evidenziato nell’articolo di Arianna Mazzanti Possibili correlazioni tra malattie croniche e dieta: mangiare o meno derivati animali è oggi un argomento di diffuso interesse; l’alimentazione può essere all’origine di talune patologie quali diabete e cancro. E, come ha denunciato Elena Giuntoli in Gabès, Tunisia: l’oasi ridotta in bianco e nero, persino in un paese che s’immagina caratterizzato da un mare cristallino, ci sono territori che sembrano ormai essere stati distrutti dall’inquinamento, anche se c’è chi prova a trovare soluzioni per il futuro.
Un futuro accattivante può essere quello descritto ancora dalla Ferrari nel suo Domotica e case intelligenti: come abiteremo nel futuro: assistenti vocali, luci, riscaldamento, tapparelle che funzionano da soli, frigoriferi che programmano la spesa… saranno così le dimore di domani? Al contrario, Giuseppe Licandro e ancora la Ruggieri ci hanno mostrato l’eterno volto violento del potere, ieri e oggi. Il primo con Parigi, 17 ottobre 1961: il massacro dimenticato dei francoalgerini presso la Senna (dalle violenze durante le recenti proteste dei gilet gialli a un tragico passato: circa 57 anni fa migliaia di pacifici manifestanti furono brutalmente aggrediti dalla gendarmeria francese, che uccise centinaia di persone e infierì orribilmente sui feriti; e il governo transalpino non si è mai ufficialmente scusato con le vittime). La seconda, con riferimento pure al “caso Regeni”, ha denunciato la repressione di al-Sisi, che, fra sequestri e incarcerazioni, mette in ginocchio qualsiasi opposizione; tuttavia, c’è ancora chi alza la testa (In Egitto il regime imbavaglia il dissenso).
Infine, visto il grande successo della XII edizione, ancora in corso di svolgimento, e la richiesta da parte di molti di poter seguire le lezioni al martedì, abbiamo deciso di riproporre pure in periodo primaverile il nostro ormai tradizionale Seminario di scrittura giornalistica (valido per CFU), con lezioni per lo sviluppo Seo e note di comunicazione, audiovisiva e per i social media (Bologna, marzo-giugno 2019): 13ª edizione. Accorrete numerosi!
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 158, febbraio 2019)