La compagnia teatrale Archivio Zeta replica il terzo dramma della trilogia “Orestea” di Eschilo presso i padiglioni del policlinico bolognese
«Teatro di resistenza» lo hanno definito Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, gli ideatori, registi e attori delle indimenticabili messe in scena da parte della compagnia Archivio Zeta dell’opera di Eschilo che, per tre anni, si sono susseguite presso il Cimitero militare germanico della Futa (vedi l’altro nostro servizio, L’Orestea di Eschilo sull’Appennino toscano).
Con il passaparola, poco a poco, la compagnia teatrale Archivio Zeta ha visto l’affluenza di un numero sempre maggiore di spettatori, “resistenti” anch’essi al vento, al freddo, al sole a picco, in quel paesaggio di morti nemici, ostile e imbarazzante, che richiede a tutti di accordarsi ad esso, anche in relazione alle condizioni mutevoli del clima: agli autori di modificare regie e allestimenti scenici, agli attori di adattarvi la recitazione, e agli spettatori di parteciparvi come a un rito, come se fosse un «pellegrinaggio di cittadinanza, di responsabilità». Ora, il 28 settembre 2013, alle ore 18, Eumenidi, terzo dramma della trilogia Orestea del tragediografo greco, sarà replicato a Bologna, presso i padiglioni del policlinico Sant’Orsola-Malpighi.
Perché «Eschilo è tutto, sa tutto» dicono ancora Guidotti e Sangiovanni, e Orestea, con le tre opere Agamennone, Coefore, Eumenidi, rappresenta il sofferto percorso dell’uomo per affrancarsi dal potere del male, della violenza e del sangue, verso l’illuminarsi della coscienza che recupera la necessità di una dialettica democraticamente condivisa. Percorso che – sorge il dubbio – il mondo contemporaneo sta compiendo all’incontrario, condannandosi a una barbarie culturale e umana della quale la crisi economica è solo la punta dell’iceberg.
Stimolata dai riferimenti che l’Orestea e, principalmente, Eumenidi, offre sul nostro vivere contemporaneo, sorge l’esigenza di una rimessa in discussione di quei valori e di quelle regole che acriticamente adottiamo, intorpiditi come siamo dal sonno della ragione. Una spinta alla chiarezza etica e umana che sprona a ricercare ancora, nella propria essenza più profonda e trascurata, e in quella di altri, inascoltati. Come Pier Paolo Pasolini e, prima ancora, Sigmund Freud, che, con l’assunto «dove c’è l’Es ci sarà l’Io», ha indicato la via verso la conquista di una coscienza sociale.
Cercando i corpi e i luoghi per un film da farsi, liberamente ispirato alla trilogia dell’Orestea, Pasolini ha percorso tutta l’Africa di cui, in Appunti per un’Orestiade africana, mostra l’aspetto autentico. Una misera umanità che egli “sente e vive” come, a suo tempo, il sottoproletariato delle borgate, e che quindi lo stimola a sottolineare la riflessione più politica di Eschilo. Il “teatro di resistenza” non suggerisce, ma offre la parola all’autore greco, immobile e vera come pietra, parola che risuona e interroga indefinitamente fino a diventare ossessione che esige risposta. Per l’epilogo del dramma Eumenidi, che vede la trasformazione delle rancorose e vendicative Erinni in benevole dee della fertilità, Guidotti e Sangiovanni si affidano al pensiero con cui Pasolini ha chiuso il suo film: «Una nuova nazione è nata, i suoi problemi non si risolvono, si vivono… Il futuro di un popolo è nella sua ansia di futuro, e la sua ansia è una grande pazienza».
Prenotazioni (obbligatorie) e info sul sito: www.archiviozeta.eu, oppure telefonicamente al 334-9553640.
Silvana Tabarroni
(LM EXTRA n. 30, 16 settembre 2013, supplemento a LucidaMente, anno VIII, n. 93, settembre 2013)