L’esperimento della nostra giornalista: sappiamo interpretare le intenzioni di chi diffonde sul web contenuti ritoccati? L’ironia e la provocazione possono rivelarsi un boomerang per chi ne fa un’arma contro la presunta stupidità altrui?
Qualche giorno fa ho postato sulla mia pagina Facebook un meme, domandando ai miei contatti: «Secondo voi è un vero fake o un falso fake?». Li metto spesso alla prova. Sono cavie, senza saperlo. I miei contatti sono di cultura medio alta e piuttosto selezionati, eppure la risposta non è stata immediata né univoca. Anzi, in un primo momento è partita, istintivamente, la solita diatriba “immigrati sì/immigrati no” e soltanto dopo un mio richiamo si è affrontato il reale tema proposto, cioè la veridicità o meno dell’immagine.
La domanda era: trattasi di vero fake, atto a sottolineare l’ingratitudine dei profughi, diffondere l’odio e scatenare il populismo, oppure di falso fake, o meglio antifake, cioè parodia dell’originario falso, quindi atto a sottolineare l’ignoranza e la malafede di chi crea le vere bufale? L’immagine e la prima parte della scritta fanno propendere per l’ipotesi iniziale; l’ultima frase invece, «kondividi se sei indigniato!!!11!», sembra confermare la seconda. Chi frequenta il web sa infatti che le “k” al posto delle “c”, le distorsioni della parola “indignato” e i punti esclamativi mischiati ai numeri “1”, tipici del focoso leone da tastiera che tiene male il maiuscolo, sono per lo più segnali di parodia. Allo stesso modo frasi come «Coincidenza? Io non credo» e «Se hai un cuore condividi», se all’alba del web introducevano meme complottisti o alla ricerca di facile empatia, oggi accompagnano caricature di quegli stessi stereotipi.
Dal mio esperimento e in generale dall’osservazione di Facebook si nota però che una percentuale non piccola di iscritti, in presenza di un antifake, per ignoranza o distrazione o perché la presa in giro è volutamente ambigua oppure mal fatta, non ne coglie l’ironia e lo interpreta come una voluta finzione, reagendo di conseguenza e generando un fenomeno che potremmo chiamare “la reversibilità del fake”. Questi utenti reagiranno al “finto falso” proprio come se fosse vero, condividendolo se in accordo con esso, denigrandolo se in disaccordo. In ogni caso, la parodia avrà di fatto aumentato il numero dei fake percepiti e di conseguenza l’entropia del social aumenterà tanto quanto più la reversibilità del fake sarà vicina alla perfezione. Circa l’opposto di ciò che avviene nella termodinamica classica, in cui invece la reversibilità porta al minimo di entropia: d’altra parte si sa che in rete le leggi della scienza non valgono più e si piegano a quelle della comunicazione.
Un’estensione della teoria della reversibilitàdel fake riguarda fenomeni tipo le pancine e i terrapiattisti: potremmo qui parlare di vera e propria “mitologia”. Mentre nella reversibilità del fake un falso fake viene scambiato per vero o viceversa, nella mitologia un fenomeno raro e residuale cresce esponenzialmente fino a raggiungere dimensioni spropositate, proprio grazie al contributo massiccio dei fake. Il caso delle pancine è da manuale. Ci siamo divertiti tutti senza alcun rimorso con il Signor Distruggere, tra dolcetti alla placenta e torte ispirate al flusso mestruale, borse Livorno e «faciline laureate al classico». Poi la creatura è sfuggita di mano allo stesso creatore e i post sono diventati sempre più estremi e meno credibili. Il segreto del successo è semplice: è appagante sentirsi più intelligenti degli altri, come quando alle medie si prendeva in giro il compagno di scuola un po’ più tonto; e con le pancine sentirsi più razionali, più colti e più emancipati è gioco facile. Quando però il proliferare di post e commenti fake è diventato evidente, è emerso il fatto che sui social così come il rapporto tra falso e vero è molto fluido, altrettanto lo è quello tra chi prende e chi è preso in giro e gli intelligenti hanno iniziato a sentirsi stupidi.
Oggi le pancine sono sospese tra verità e finzione: c’è chi non crede più alla loro esistenza, chi ci crede ancora per il semplice motivo che è divertente crederci, chi si chiede quante siano realmente, chi continua a disprezzarle, chi si sente beffato. In ogni caso, ormai appartengono al mito, proprio come grottesche ninfe della fecondità: è nato l’archetipo della madre scema e la verità non è più importante. Analogo caso di mitologia del fake è quello dei terrapiattisti, ancor più radicale poiché si dice, ma anche ciò è avvolto nel mistero, che abbia radici in una parodia del complottismo sulla Nasa e sulle esplorazioni cosmiche. Come a dire “non credete allo sbarco sulla luna e ai viaggi spaziali, a questo punto potete credere anche che la terra sia piatta!”. Si tratta solo di una diceria, fatto sta che oggi sui social proliferano pagine terrapiattiste gestite da buontemponi che si fingono terrapiattisti per ricevere like e traffico web da altrettanti buontemponi che commentano per prendere in giro i buontemponi che le gestiscono. Chi prende in giro chi? E quanti sono i veri terrapiattisti?
Mentre si parla sempre più spesso persino dei respiriani (evidente parodia di vegani e fruttariani), come se esistessero davvero, e la bandiera dell’inesistente Kekistan fa più paura di quella nazista, all’orizzonte si profila quanto potrebbe essere il più clamoroso caso di reversibilità del fake della storia: i pastafariani. Il pastafarianesimo esiste già da parecchi anni, è piuttosto conosciuto ed è una religione-burla, una parodia del culto e in particolare del creazionismo. Venera un’entità chiamata Prodigioso Spaghetto Volante; al posto dei comandamenti ha i condimenti; sostituisce i dogmi con gli otto «Io preferirei davvero che tu evitassi», tutti all’insegna di libertà e tolleranza; termina le preghiere con Ramen, una varietà di spaghetti giapponese. Si tratta quindi di un’invenzione divertente e intelligente che con il tempo ha acquisito sempre più elementi di realtà: una gerarchia, un papa, dei vescovi, un esorcista, delle filiali cittadine (i frescovadi), degli oggetti sacri (lo scolapasta in testa), dei riti, addirittura la celebrazione di matrimoni. Il tutto all’insegna dell’ironia, ma l’aspetto inquietante è che oggi molti pastafariani si offendono, e sul serio, se si dice loro che si tratta di una parodia e non di una vera e propria religione.
Quindi mi chiedo, se un giorno un pastafariano per fare uno scherzo dicesse di aver visto sfrecciare nel cielo il Prodigioso Spaghetto Volante, e se qualche suo confratello per prenderlo in giro dicesse di averlo visto anche lui, che cosa accadrebbe? Avremmo allora il più clamoroso caso di reversibilità del fake, la nascita di una nuova divinità: un fenomeno che potremmo chiamare “incarnazione del fake”. Nulla è impossibile nel meraviglioso mondo del web e la parodia rimane un’arte sublime. Tuttavia, tra fake veri, finti, ironici, finto ironici, fatti solo per raccogliere like o per il puro gusto del falso, sui social non dovremmo mai dimenticare, specie quando ci sentiamo al colmo del disprezzo per l’altrui stupidità, di farci una volta di più la fatidica domanda: chi sta prendendo in giro chi? Chi è l’intelligente e chi lo stupido? E se qualche volta lo stupido fossi io?
Le immagini: la foto del meme pubblicato dall’autrice dell’articolo e alcune altre riferite ai gruppi social di pancine, terrapiattisti e pastafariani.
Viviana Viviani
(LucidaMente, anno XIII, n. 147, marzo 2018)