La galleria Maurizio Nobile del capoluogo emiliano ospita una suggestiva rassegna di dipinti, sculture e disegni dal XVI al XXI secolo, che raccontano scelte di vita radicali: essere leali o adulteri significa, in ogni caso, mettere a rischio la propria identità
È stata inaugurata il 9 febbraio scorso, a Bologna, Fedeltà/Tradimento, mostra tematica su episodi di adulterio e di devozione, a cura della storica dell’arte Laura Marchesini e del collezionista Maurizio Nobile, che ha scelto in questo modo di rendere note le nuove acquisizioni della propria galleria sita in via Santo Stefano 19/a.
La selezione delle opere, in relazione a un argomento sconfinato come amore-inganno, è all’insegna dell’eterogeneità e dell’esemplarità. Dal XVI al XVII secolo fino all’arte contemporanea l’iconografia d’ispirazione cristiana e pagana considera il binomio fedeltà–tradimento una metafora della condizione umana. Le Sacre Scritture, in particolare, inscenano il più grande imbroglio della storia terrena e divina: la Flagellazione di Ippolito Scarsella, detto Scarsellino (1551-1620), ricorda come la salvezza e la redenzione dell’umanità siano passate attraverso Giuda, traditore mai sfiorato dal dubbio. Ester, invece, che disobbedì al marito Assuero pur di rimanere fedele al proprio popolo, nel dipinto di Antonio Molinari (1655-1704) riflette l’intima lotta tra la volontà di proteggere valori e radici, ovvero la propria identità, e quella di rispettare un dovere imposto, ossia il legame coniugale. Anche Giuseppe, nell’imponente e inedito quadro di Battistello Caracciolo (1578-1635), rimane totalmente innocente, respingendo le offerte della moglie di Putifarre.
In età classica il simbolo di questa fragile esposizione all’istinto è incarnata dal dio più potente, Giove: i suoi amori adulterini, mediati dalle Metamorfosi di Ovidio, sono raffigurati nel Ratto di Europa di Francesco Monti (1683-1768), con la collaborazione di Nunzio Ferrajoli (1660-1735) e impressi sui fogli di Gaetano Gandolfi (1734-1802). Nel mondo pagano la casualità e l’ineluttabilità sentimentali offrono una totale discolpa al tradimento: la Venere dormiente di Giovan Giacomo Sementi (1583-1640) e la statuina dell’Amor cieco di Bartolomeo Mazzuoli (1674-1749) sono espressione di una mentalità che non conosce leggi morali e quindi neppure rimorsi.
Di fronte a quest’ampia casistica di adulteri, bugiardi e tentazioni non sorprende che l’unico esempio di fedeltà assoluta sia rappresentato da un cane. Il beagle ritratto da Pieter Boel (1622-1674) simboleggia l’affezione profonda tra l’animale e i padroni, dovuta però a un fatto biologico e non di coscienza. La natura umana, invece, anche se ha cercato di proteggersi dalla sua ambiguità e dai suoi bisogni incessanti e molteplici, ha fallito. Non è stata già Eva a rompere il primo patto di sincerità con il divino per aderire a una volontà diversa, ossia la propria? Da allora in poi la vocazione all’obbedienza o all’autonomia di pensiero e azione si manifesta ogni volta che si rivendica una scelta, agendo consapevolmente sull’esistenza personale e sulla storia. Come ha fatto la prima donna, si può tradire in nome di una lealtà più alta, per emanciparsi da una vita non più riconoscibile, oppure, sull’esempio di Ester, si può essere fedeli a favore di un tradimento minore, decidendo per quale persona o per quale ideale valga la pena di rinunciare a se stessi.
L’ingresso della mostra è libero. Per informazioni sugli orari e i giorni d’apertura è possibile consultare il sito www.maurizionobile.com.
Le immagini: Ester e Assuero (ca. 1680, olio su tela, 107×121 cm, galleria Maurizio Nobile, Bologna) di Antonio Molinari (Venezia, 1655-1704) e Venere dormiente (ca. 1630, olio su rame, 32,5×41 cm, galleria Maurizio Nobile, Bologna) di Giovan Giacomo Sementi (Bologna, 1583-Roma, 1636).
Antonella Colella
(LucidaMente, anno IX, n. 98, febbraio 2014)
La fedeltà e il tradimento sono dunque due aspetti antitetici ma fondamentali e funzionali alle dinamiche della storia umana, la virtù ed il peccato, la luce e l’ombra che l’Umanità deve integrare dentro di sé e di cui l’arte da sempre ci parla.