Cosa significano? Chi scrive quest’articolo non è impazzito e non ha battuto a caso le dita sulla tastiera. Leggete e scoprirete il significato di tali sigle
Festa, farina, forca… Il fin troppo vilipeso (leggi Perché i meridionali divennero Terroni) Regno borbonico era descritto con queste tre “f”. Ovvero, il Potere si poteva conservare tenendo buono il popolo e quindi evitando le sue ribellioni con varie festività, divertimenti e distrazioni, nonché offrendogli il minimo necessario per la sopravvivenza (il pane).
Niente di diverso dal famoso panem et circenses denunciato dal poeta satirico latino Giovenale nella propria Satira X. Qualora non fossero bastati feste e farina, ecco la repressione, fino alla pena di morte: la forca.
Non cambia mai nulla…
Persino alcuni recenti musicisti hanno ripreso il detto antiborbonico. All’interno del loro album 1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!, gli Area inserirono un bellissimo brano jazz-rock (fusion) intitolato proprio fff. Più di recente, nel 2007, Enzo Avitabile ha denominato un proprio album appunto Festa farina e forca.
Lasciando da parte la musica, siamo sicuri che l’odierno Potere, in particolare quello che si proclama democratico o liberaldemocratico, non adoperi le tre “f”? Temiamo che, soprattutto negli ultimi tempi, i regimi occidentali le impieghino, perlomeno più che nel passato. Noi stessi abbiamo denunciato pochi mesi fa «sistemi elettorali maggioritari, risultati delle elezioni rovesciati, mass media perlopiù allineati, astensionismo dilagante e dittatura delle minoranze, repressione “soft” dei dissidenti».
Le masse sono intontite dai social, dalla tv, dagli spettacoli d’intrattenimento, dalle star di musica e cinema, e dal calcio. Sono tenute buone da redditi di cittadinanza, da un minimo di assistenza sociale (o alimentare), dai sogni consumistici. Nonostante questo, c’è forse ancora qualcuno che si ribella al riarmo, con folli spese destinate alle industrie militari a scapito di sanità, scuola, pensioni, salari, case popolari, sicurezza? O all’ecoterrorismo, altrimenti conosciuto come Green Deal, che ha distrutto l’economia europea ed è causa indiretta del riarmo, che serve, più che a difendersi da una Russia che non ci attaccherà mai, a risollevare la produzione industriale? O alla dittatura sanitaria e vaccinale? O alle imposizioni del politically correct, della cancel culture, del woke?
Ebbene, a questi dissidenti toccherà, se non proprio la forca – almeno per ora – l’emarginazione, la censura, l’accusa di essere “negazionisti”, “complottisti”, filoputiniani, e peggio (ad esempio, razzisti, omofobi, maschilisti, fascisti tout court).
I conformisti e i pochi “liberi”
Il Potere reale, il conformismo “progressista” dei mass media, ha anch’esso le sue tre (o più) “f”. È ancora possibile fare satira politica in Italia? Se sì, potremmo dire che, a livello di mass media, la “festa” è rappresentata dal fisso, eterno sorrisetto buonista unidirezionale di Fazio (Fabio). La farina dall’apparentemente misurato Floris (Giovanni). La forca da Formigli (Corrado), che a malapena riesce a trattenersi dal bullizzare e dall’aggredire (solo verbalmente?) il “fascista” di turno che gli capita di “intervistare” (beh, si sa, a piazzale Loreto c’è sempre posto). Come non amarli?
Ma, oltre a “fff”, potremmo anche avere delle novelle SS (non ᛋᛋ, ci auguriamo). Ad esempio, il sempre indignato e accigliato Saviano (Roberto) e il sarcastico Scanzi (Andrea). O il “Mussoliniano” Scurati (Antonio) e il sornione Sommi (Luca). Li amiamo!
In questo succedersi di giornalisti e scrittori, guardiani de La fiction dell’antifascismo in assenza di fascismo (Diego Fusaro, in il Fatto Quotidiano, Opinioni dal Blog, 11 febbraio 2018), quindi tutti fieri oppositori del Governo Meloni (che peraltro conta ben poco rispetto ai poteri sovranazionali e all’orrenda Unione europea), inseriamo uno degli acronimi più usati negli sms: tvb.
E sapete a chi ci riferiamo, come esempi bipartisan di anticonformismo, di critica di chi comanda e di difesa dello spirito critico, dell’intelligenza, della libertà, della cultura, dell’indipendenza di giudizio? Travaglio (Marco), Veneziani (Marcello), Borgonovo (Francesco). Ai quali davvero si dovrebbe voler bene per essere tra le poche (e garbate, seppure ficcanti) voci fuori dal coro e dal gregge…
Le immagini: a uso gratuito da Pixabay (autori: Dennis Funch; fancycrave1; Heiko Stein).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)