Che ruolo ha la famiglia d’origine nella piaga dell’abuso di sostanze da parte dei figli?
Al giovane tossicodipendente non si possono imputare totalmente le colpe della propria condizione (vedi anche La tossicodipendenza: malattia o vizio?). Molti ragazzi che giungono a fare uso di sostanze lecite, come l’alcol, o illecite, provengono infatti da famiglie particolarmente disfunzionali. Pertanto, la droga si ripropone come un paradiso di pace e di tranquillità nel quale affogare i problemi quotidiani.
La genitorialità non è una passeggiata e i diversi ruoli di madre e padre
È evidente, soprattutto nelle famiglie di fatto “allargate” con figli conviventi ma nati da altre relazioni, che i coniugi/compagni/fidanzati, nella maggior parte dei casi, non hanno mai appreso una vera e propria genitorialità responsabile. Domina, infatti, una visione pornografica della coppia, che fa fatica ad accettare la figliolanza.
La nascita di un bambino stravolge, com’è giusto che sia, la pregressa vita dei genitori, i quali non potranno più vivere senza pensieri, concentrandosi solamente su una sessualità esasperata che nulla ha a che fare con l’essere genitori. Manca, in molte famiglie occidentali degli anni Duemila, la volontà di accogliere con impegno la gravidanza e, successivamente, l’educazione della prole.
A parere di molti operatori del settore, la genitorialità, nella fase iniziale, si presenta come una diade “madre-figlio”. Ma, in maniera graduale, si deve poi costituire una triade, ove il padre entra nell’impegno pedagogico sul bambino. In seguito la famiglia si aprirà alla realtà esterna, in attesa dell’età adulta, quando la figliolanza si separerà dai genitori creando una visione del mondo personale e autonoma.
La famiglia nella Costituzione italiana
L’articolo 29 comma 1 della Costituzione italiana recita che lo Stato tutela «la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Questo dettato normativo è stato via via demolito, come dimostra l’aumento esponenziale delle convivenze e delle coppie che vivono con figli avuti da relazioni pregresse.
Da segnalare è pure la presenza di famiglie omosessuali, ma si tratta di una tematica sulla quale non esiste, per ora, una consolidata letteratura criminologica e psichiatrica.
Senza dubbio, in ogni caso, è probabile che la presenza di genitori distratti, troppo permissivi o irresponsabili spinga l’ultra 13enne verso i pericolosi lidi della tossicofilia e dell’alcolismo (vedi pure Il problema dell’alcolismo non occasionale), il che vale pure nella fattispecie dei genitori ludopatici o con problemi di tossicodipendenza.
La tossicofilia dei genitori rischia di essere replicata dai figli
L’errore di molti genitori, e specialmente delle madri, è quello di attendere il figlio come una sorta di “purificazione”. Le madri tossicomani si propongono di cambiar vita grazie alla presenza di un nuovo nato ma, subito dopo il parto, esse si rendono conto che la gestione di un bimbo richiede una notevole maturità (leggi anche Quando la madre è tossicodipendente). Cosicché, la madre si accorge di essere inidonea, cade in depressione e scarica sulla prole i propri problemi.
La gravidanza non possiede alcun effetto catartico e l’astinenza dalle sostanze d’abuso va appresa prima di rimanere incinta. È frequente pure il mito dell’uomo scapestrato che, con la paternità, “mette la testa a posto”, ma si tratta, di nuovo, di immagini narcisistiche che si risolvono in una delusione totale.
Nelle ricerche della Criminologia europea e nordamericana si nota che, almeno tendenzialmente, un figlio di genitori tossicodipendenti rischia di imitare l’abuso di sostanze della madre e del padre. In effetti, se la famiglia non controlla adeguatamente la prole, soprattutto nella fase adolescenziale, aumenta il rischio che il bambino venga in contatto con ambienti criminogeni che inducono all’utilizzo di droghe. Certamente non si tratta di una formula matematica, ma il rischio è evidente.
Il figlio di tossicofili si abitua, sin dalla prima infanzia, alla presunta normalità dell’assunzione di stupefacenti. Per esempio, è stato dimostrato che il bimbo nato da una coppia di eroinomani assiste quasi quotidianamente al rituale del “buco in vena” e prepara spesso pasti caldi per la madre e il padre, i quali provocano un’inversione dei ruoli a causa della loro immaturità e della loro scarsa salute mentale.
Non mancano le eccezioni
È fondamentale, tuttavia, ribadire che il figlio di tossicodipendenti non diverrà inesorabilmente anch’egli tossico. Non esiste un Disturbo da Uso di Sostanze (DUS) che sia ereditario e deterministicamente preordinato. Affermare l’inevitabilità dell’uncinamento della prole significa ritornare a una visione criminologica ottocentesca e forse anche implicitamente filonazista. Il DUS è e rimane una scelta libera della figliolanza.
Per esempio, le ragazze tendono a lasciare la dimora familiare prima dei ragazzi e può darsi che ciò le protegga dal DUS. Analogamente, il figlio maschio può subire la nefasta influenza dei genitori, ma può pure essere che egli non faccia mai uso di droghe, pur vivendo in una condizione di precarietà affettiva e spesso anche economica.
Gli assistenti sociali
Una famiglia d’origine anaffettiva, con problemi di tossicodipendenza, potrebbe ostacolare la resilienza della prole, aprendo la strada all’abuso di sostanze. Provvidenzialmente, però, la famiglia non è l’unica agenzia di controllo, poiché molto dipende anche dalla scuola, dal gruppo religioso di appartenenza o dall’intervento di figure alternative, come i nonni o altri parenti, che svolgono un ruolo educativo corretto sostituendosi, di fatto, al padre e alla madre.
Purtroppo, anche in Italia, abbondano progetti ove l’assistente sociale si propone come il salvatore della famiglia disfunzionale. È vero che l’affidamento ai servizi sociali è, almeno nei casi più gravi, indispensabile e irrinunciabile, ma spesso la prassi tipica è quella di operatori che cercano la famiglia perfetta e che invocano la separazione immediata della prole da genitori tossicomani.
Questa non è sempre la via da seguire. È irrinunciabile un accompagnamento graduale e non un welfare ove la pubblica amministrazione si pone come un Leviatano che non rispetta le scelte dei genitori. Per esempio, come accennato prima, un ruolo salvifico viene svolto non solo dalle comunità di recupero ma anche da figure familiari sostitutive quali i nonni o gli zii.
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Andrea Baiguera Altieri
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)