L’allerta 2 e le responsabilità del Comune: un’esercitazione di imprevidenza
L’apocalisse che ha sconvolto Genova venerdì 4 novembre e che ha causato morti e danni ingentissimi a buona parte della città ha delle responsabilità precise (Amministrazione comunale? Protezione civile? Prefettura?). Soprattutto alla luce del fatto che l’allerta era stata prevista con una settimana di anticipo e che il Comune aveva dato istruzioni al non utilizzo dei piani terra degli edifici: scantinati, uffici, officine, ristoranti e via dicendo.
Tuttavia, l’Amministrazione comunale genovese ha lasciato aperte le scuole e gli uffici, rassicurando (o illudendo?) in questo modo i cittadini che hanno accompagnato i figli a scuola come se l’allerta 2 corrispondesse a un forte acquazzone o poco più. I comunicati del Comune hanno sostenuto l’apertura delle scuole propugnando la sicurezza degli edifici scolastici: qualora vi fosse stato bisogno, gli studenti avrebbero potuto trovare riparo nei piani superiori. Questo è vero! Ma come si può pensare di lasciare aperte le scuole solo perché l’edificio scolastico è fornito di più piani (e meno male!) e può, col diluvio universale incipiente, ospitare gli studenti ai piani alti?
Non sarebbe stato meglio lasciare gli studenti a casa, evitare lo spostamento di centinaia di persone (tra studenti e genitori) nel mezzo di quel cataclisma d’acqua che si stava rovesciando su Genova? E che tutti (?) aspettavano, perché annunciato da tempo? Il risultato è stato pesante: 6 morti. Una scuola evacuata (in mezzo al diluvio), la “Vittorio Emanuele II”, in largo Zecca. In altre scuole gli studenti sono rimasti bloccati ai piani superiori e hanno passato la notte (avranno mangiato? avranno dormito?). E gli insegnanti? Gli insegnanti e il personale ata, si sa: loro non hanno famiglia! Gli studenti (i cittadini!) non possono essere protagonisti coatti, durante un cataclisma (per giunta previsto), di una grande esercitazione di imprevidenza.
Francesco Cento
(LucidaMente, 5 novembre 2011)