Sulla decisione della Camera Processuale della Corte Penale Internazionale, adottata il 28 giugno, con la quale è stata accolta la richiesta del Procuratore Luis Moreno Campo di arrestare Gheddafi, Saif al Islam e Abdullah Senussi, interviene l’avvocato Mario Lana, presidente dell’Unione Forense per la tutela dei diritti umani: «È sempre più vicina la cattura del dittatore libico, deve essere consegnato – commenta – vivo alla Corte dell’Aja per poter rispondere di tutti i crimini commessi, non soltanto dal 15 al 28 febbraio di quest’anno, ai danni della popolazione del suo Paese, ma anche per quelli compiuti con la repressione feroce e spietata dei suoi oppositori in 42 anni di dittatura, fornendo l’opportunità alle sue vittime di essere adeguatamente risarcite». Amplifica questa speranza anche il contemporaneo procedimento pendente dinanzi alla Corte Africana dei diritti umani e dei popoli contro lo Stato libico che, a differenza della Corte Penale Internazionale, competente per le responsabilità degli individui, mira al riconoscimento delle responsabilità dello Stato, in relazione alle violazioni dei diritti umani. «Questo procedimento – afferma Lana – apre la possibilità del coinvolgimento di tutti gli apparati amministrativi e finanziari dello Stato libico. Dispiace che i media siano concentrati sul procedimento dinanzi alla Corte Penale Internazionale, essendo quella africana meno nota. Con l’investitura – continua Lana – avvenuta per la prima volta dalla sua creazione, avendo la stessa Libia ratificato la Carta Africana nel 1986, è tecnicamente impossibile per i responsabili sottrarsi al giudizio della Corte Africana. La decisione della Corte è stata emessa il 3 marzo scorso e registrata il 21 dello stesso mese, con la richiesta alla Stato libico di dare risposta entro sessanta giorni: il parere non è ancora pervenuto. Gli articoli 3 e 5 del protocollo che ha istituito la Corte Africana sono stati ratificati dalla Libia nel 2003, rendendo così impossibile sottrarsi al giudizio. La richiesta di perseguire – ricorda Lana – lo Stato libico è fondata sia sulla repressione delle manifestazioni pacifiche del febbraio 2011 da parte degli apparati di sicurezza, sia nell’utilizzo sproporzionato di armi pesanti sulla popolazione, come le bombe a frammentazione, sia sugli arresti e la detenzione dei manifestanti. A proposito delle repressioni contestate al regime libico – conclude Lana – vorrei ricordare una frase dello scrittore persiano del 1300, Hafez: neanche cinquemila anni di benessere potranno cancellare sette giorni di repressione».
(f.f.)
Non deve essere nè giudicato e nè giustiziato. Gheddafi è il capo di stato di uno stato sovrano e solo il suo popolo è nel diritto di accettarlo o rigettarlo.