103 anni fa nasceva il grande narratore, conosciuto soprattutto per “Il giardino dei Finzi-Contini”. Nel 1970 Vittorio De Sica ne trasse l’omonimo film, splendido ma… contestato dallo scrittore ferrarese
Nato il 4 marzo del 1916 da una benestante famiglia ebraica di Ferrara, Giorgio Bassani si è dimostrato un narratore straordinario dal linguaggio preciso, accurato e mai borioso o ridondante. A dare prova di questa forte attenzione lessicale è la revisione linguistica di tutti i propri testi narrativi che l’autore comincia nel 1972. Pertanto, oggigiorno la versione che in tanti leggono dei suoi romanzi è quella definitiva del 1980. Lo stesso vale per la storia sul famoso giardino, anche se la prima pubblicazione del libro risale al 1962.
Con tale opera Bassani ha saputo dare voce all’esperienza umana evocando le memorie della propria gioventù. Un approccio lontano dal fornire una visione unitaria e assoluta della società, ma che comunque ha un sapore universale. Come mai? Proprio qui risiede la grandezza artistica de Il giardino dei Finzi-Contini. Egli ha colto gli aspetti più intimi che accumunano l’esistenza di ognuno, senza però generalizzarli perché, nonostante coinvolgano tutti, sono vissuti singolarmente in maniera diversa. Come molti già sapranno, i personaggi del racconto appartengono alla comunità ebraica e l’argomento centrale è l’infatuazione del protagonista per una sua coetanea: Micòl Finzi-Contini. La storia si svolge a Ferrara nel 1938, l’anno in cui sono promulgate le vergognose leggi razziali fasciste. A una prima lettura sembrerebbe che il contesto storico faccia da cornice alle vicende di questi ventenni spesso alle prese con partite di tennis presso l’immenso giardino, appunto, di casa Finzi-Contini.
Prestando più attenzione, però, l’atmosfera di isolamento e di oppressione è in ogni pagina. Come è possibile percepire una sensazione del genere senza nulla di esplicito? È la reticenza, il non detto. Grazie a richiami metaforici, essa allude al passato, all’assenza di futuro e alla morte. Infatti, il lessico si serve delle similitudini per evocare il sonno eterno: dal cimitero, definito come seconda casa, all’atrio della scuola paragonato a una cripta, alla poesia di Emily Dickinson Morii per la Bellezza. La nostalgia per le antiche tradizioni insieme alle consuetudini religiose esorcizzano e addolciscono tale dipartita incombente. «Andare avanti con la testa sempre volta all’indietro» pare essere, dunque, il manifesto di quest’opera. La letteratura diviene custode della memoria e ne cristallizza i ricordi.
Un capolavoro che ha colpito anche Vittorio de Sica, tanto da realizzarne un omonimo film nel 1970. Paragonato al libro, però, il lungometraggio presenta notevoli differenze: la principale è l’identificazione del protagonista nello stesso Giorgio Bassani, quando nel romanzo vi è un io narrante senza nome. Un’altra importante incongruenza consiste nel finale: nel lavoro di De Sica vi è la terribile scena nella quale alcuni funzionari fascisti, con modalità freddamente burocratiche, prelevano Micòl dalla propria abitazione insieme ai suoi parenti e la portano al vecchio edificio scolastico, dove vengono condotte diverse famiglie ebraiche in attesa della deportazione. Lì incontra anche il padre di Giorgio. Naturalmente nella versione letteraria non è proprio così: la famiglia del narratore, genitore compreso, non subisce catture da parte dei repubblichini. Diverse vicende hanno visto, perciò, lo scrittore prima allontanarsi dalla sceneggiatura del film e poi definire il suo giardino «tradito». Egli ha voluto che il suo nome fosse tolto dalla pellicola per poi definirsi dispiaciuto per come erano stati trattati i suoi personaggi: «Con la libertà senza controllo che a malapena è tollerabile quando si mettono in scena dei pupazzi di fantasia».
Bassani è morto a Roma il 13 aprile del 2000 e, per sua esplicita volontà, è stato seppellito a Ferrara nel cimitero ebraico di via delle Vigne, dove ha immaginato la tomba dell’aristocratica famiglia. Proprio così, “dove ha immaginato”, perché, come riassume l’articolo La vera storia dei Finzi-Contini apparso su la Repubblica nel 2008, la tomba e il giardino sono frutto della mente dell’autore. Ciononostante, poco prima di morire, ha dichiarato di essersi ispirato alla reale famiglia del professore Silvio Finzi-Magrini. Per chi fosse interessato, comunque, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara ospita, fino al 10 marzo, la mostra Il giardino che non c’è di Dani Karavan (per ulteriori informazioni si può consultare il sito dell’evento).
Le immagini: la copertina de Il giardino dei Finzi-Contini (Einaudi, 1999); la locandina del film del 1970; una scena tratta dalla pellicola; una foto di Vittorio De Sica.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XIV, n. 159, marzo 2019)