Il confine tra l’esagerazione e le fake news sull’insicurezza nelle nostre città è oggi sempre più sottile. Quali sono i punti deboli e gli infondati allarmismi dei mass media sul tema?
Quotidiani, notiziari online e, ancor più, televisioni tendono a dare una rappresentazione esasperata della criminalità. Orbene, si tratta di manipolazioni giornalistiche prive di un riscontro scientifico in Criminologia. Il fine di una certa cronaca nera sembra solamente quello di creare ansie collettive, strumentalizzate ad arte per far raccogliere consensi elettorali a certe fazioni politiche.
Tale fu pure il metodo del nazismo nei primi decenni del Novecento, quando la stampa nazionalsocialista creò il mito dell’ebreo responsabile di tutti i mali. D’altra parte, anche il neonazismo contemporaneo si nutre di fake news molto simili a quelle che circolavano negli anni Venti e Trenta del secolo scorso.
Persino i reati più insignificanti vengono dilatati a dismisura
Il giornalismo in malafede causa procurati allarmi anche a fronte di episodi delittuosi di scarso calibro. Il discorso sulla criminalità viene trattato con modalità comunicative iperboliche che fanno apparire una devianza inesistente nella realtà concreta.
Per esempio, in epoca contemporanea, si parla di un aumento della infrattività minorile ma ciò non corrisponde alla realtà statistica. Oppure ancora, si pensi all’omicidio volontario, la cui incidenza, perlomeno in territorio italiano, è di molto diminuita. Viceversa, i mass media al servizio dei “poteri forti” omettono di evidenziare che la liberalizzazione della pornografia sta alla base di un notevole incremento delle violenze sessuali di gruppo (di cui all’articolo 609 octies Codice penale) negli ambienti adolescenziali.
A seconda dell’interesse politico, esistono o, viceversa, non esistono allarmi sociali ed educativi.
I procurati allarmi televisivi conducono a un Diritto penale rigido
Per saziare i malumori populistici, il Diritto penale è diventato o, comunque, sta diventando particolarmente severo, intransigente e onnipresente. In Italia e, più ancora, nei Paesi anglofoni, la risposta al crimine diviene il Diritto penale, come se la pena detentiva fosse la soluzione di tutti i mali.
La demagogia tende a diminuire quella rieducatività della Giuspenalistica sancita nel comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione italiana, ai sensi del quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Gli oltranzisti della “tolleranza zero” vorrebbero annichilire pure il fondamentale art. 3 della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), che recita: «Nessuno [in carcere, ndr] può essere sottoposto a torture né a pene o trattamenti inumani o degradanti».
Addirittura, non mancano coloro che non nascondono le proprie simpatie nei confronti della pena di morte o, comunque, di una perentoria “galera a vita” priva di senso della misura e di proporzionalità. In realtà, vedere nel Diritto penale una sorta di “medicina sociale” è tipico di tutti i regimi dittatoriali, come insegna la drammatica esperienza del fascismo italiano.
L’immigrazione ha aumentato la diffidenza sociale
Da quando, negli anni Novanta del Novecento, l’Italia ha iniziato ad accogliere extracomunitari in cerca di una vita migliore è nato un populismo giornalistico che ha dato man forte alla visione stereotipata dello “sporco negro” perennemente incorreggibile e naturalmente proteso a commettere delitti antisociali e antigiuridici.
Tuttavia, i censimenti scientifici smentiscono tale immagine distorta, poiché la verità oggettiva e statistica dimostra che il tipico italiano di pelle bianca delinque in misura non inferiore agli africani e agli asiatici.
Analoga osservazione vale pure per la devianza minorile o dei giovani adulti (vedi La violenza minorile tra giustificazionismi e allarmismi). Viceversa, da almeno tre decenni si nota, anche a livello giornalistico, un pregiudizio grave nei confronti di minoranze etniche come i rumeni, gli albanesi e, più latamente, tutti gli stranieri provenienti dalle zone slavo-balcaniche.
Le statistiche affermano che i reati sono in calo…
In Svizzera i criminologi Martin Killias e Christian Schwarzenegger hanno elaborato il censimento di lungo periodo Krista (Kriminelle Statistik). Tale statistica di lungo periodo ha numericamente dimostrato che i reati violenti (omicidio intenzionale, lesioni personali e rapine) sono in netto calo in tutta Europa. In controtendenza, invece, è la criminalità “dei colletti bianchi” (white collar crime), la quale abbonda e pone in serio rischio le macroeconomie di interi ordinamenti statali, come dimostra il caso delle mafie italiane.
Proprio nel caso dell’Italia, la criminalità violenta è in diminuzione, ma tale provvidenziale calo non è volutamente tenuto in considerazione da telegiornali, dibattiti televisivi e notiziari online. Il qualunquismo regna presso quei giornalisti che non offrono un’informazione imparziale, bensì parteggiano per questa o quell’altra formazione politica.
È altrettanto riscontrabile che negli anni Duemila non sono aumentati i reati bensì la propensione dei cittadini a sporgere querele inutili, poi relegate dalle procure nel modello 45, ove si archiviano le devianze talmente lievi o insignificanti da meritare la qualifica tecnica di «fatti non costituenti reato».
…ma l’allarmismo e il giustizialismo dilagano tra alcuni mass media
Tuttavia, il giornalismo deviato si basa sulla cifra totale delle denunzie, senza prendere in considerazione le successive archiviazioni. In effetti, giustamente, il Decreto legislativo n. 28 del 2015 ha inserito nel Codice penale italiano l’art.131 bis, a norma del quale l’autorità giudiziaria può escludere la punibilità «per particolare tenuità del fatto».
Di nuovo, dunque, si manifesta la demagogia giustizialista dei mass media che, anziché considerare i procedimenti penali effettivamente radicati, si ferma al mero computo delle querele sporte da cittadini querulomani che vedono nelle caserme e nelle denunzie la soluzione alle loro frustrazioni.
La conseguenza di tale “prostituzione culturale” è la nascita di capri espiatori, come gli extracomunitari e i minorenni. È sufficiente un graffito, un insulto o uno schiamazzo notturno per far parlare di allarme delinquenza. Esiste un giornalismo che crea vortici mediatici inutili per servire i potenti di turno o per compiacere chi tenta di creare un nuovo ordine basato sulla paura dell’altro e sull’ansia collettiva.
Tale cronaca nera iperbolica e giustizialista propone una sola soluzione, racchiusa nell’ormai diffuso slogan “metteteli in galera e buttate la chiave”. Ecco che torna la funesta politica criminologica statunitense della law and order (leggi anche Legge e giustizialismo populista).
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: Pixabay; Isabella Mendes; Donald Tong; cottonbro studio).
Andrea Baiguera Altieri
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)